La salute / Bergamo Città
Lunedì 28 Ottobre 2024
Celiachia, sono oltre 6.700 i casi. «Mai affidarsi all’autodiagnosi»
LA PATOLOGIA. Orlando dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: «In passato fenomeno sottostimato. Oggi c’è più sensibilità, ma è sbagliato iniziare diete senza controllo medico».
È una patologia diffusa, sempre più diffusa, e che necessita del giusto trattamento e delle giuste conoscenze. In Bergamasca, secondo gli ultimi dati dell’Associazione italiana di celiachia, sono oltre 6.700 le persone a cui è stata diagnosticata la celiachia, con una tendenza di aumento nel corso degli ultimi anni. È la punta dell’iceberg di un tema più ampio e complesso, quello delle «reazioni avverse» agli alimenti.
In Bergamasca, secondo gli ultimi dati dell’Associazione italiana di celiachia, sono oltre 6.700 le persone a cui è stata diagnosticata la celiachia, con una tendenza di aumento nel corso degli ultimi anni
Reazioni avverse agli alimenti
Che «si distinguono in due grandi categorie», spiega Stefania Orlando, gastroenterologa del «Papa Giovanni» di Bergamo: «Ci sono le allergie, cioè reazioni immunomediate in cui si scatena una risposta immunitaria in seguito all’ingestione di particolari allergeni: possono avere manifestazioni gastrointestinali, ma tipicamente si associano a reazioni allergiche con manifestazioni cutanee e dermatologiche, prurito, orticaria, ma anche tosse, asma, fino a quadri più severi di shock anafilattico. Ci sono poi le reazioni verso alimenti immunomediati, non di tipo allergico, e il classico esempio è la celiachia: una forma di enteropatia immunomediata scatenata dall’ingerimento di glutine in soggetti geneticamente predisposti».
Aumento delle diagnosi
«C’è un aumento delle diagnosi», rileva Orlando, «perché c’è una maggiore attenzione alla patologia. Si stima che la prevalenza (cioè il numero di persone che convivono con la patologia, ndr) sia tra lo 0,6% e l’1% della popolazione». Se prima la celiachia emergeva dopo approfondimenti legati ai sintomi più classici (diarrea, perdita di peso, deficit di crescita nel bambino), «ora spesso viene diagnosticata anche tramite screening familiari – approfondisce la gastroenterologa -, o perché associata ad altre malattie autoimmuni, oppure ancora in pazienti con sintomi gastrointestinali più sfumati. Il motivo per cui l’incidenza è in aumento è legato in parte al fatto che in passato questa situazione veniva sottostimata, e potevano non esserci casi riconosciuti. Oggi c’è una maggior sensibilizzazione, anche per questo aumentano le diagnosi».
«A volte i pazienti tendono a eliminare spontaneamente il glutine, con la percezione che la vita senza glutine possa avere dei benefici: in realtà, iniziare una dieta priva di glutine senza avere conferma della diagnosi può creare problemi»
«Mai fare autodiagnosi»
Rivolgersi al medico resta indispensabile: «Se un paziente ha il sospetto di avere la celiachia, è importante che non inizi una dieta senza glutine prima della diagnosi – specifica Orlando -. È fondamentale che il paziente non faccia autodiagnosi di questa problematica. A volte i pazienti tendono a eliminare spontaneamente il glutine, con la percezione che la vita senza glutine possa avere dei benefici: in realtà, iniziare una dieta priva di glutine senza avere conferma della diagnosi può creare problemi. Con la diagnosi, poi, vanno avviati controlli periodici nel tempo». Anche perché la patologia è cronica: «Questo va spiegato al paziente, la celiachia dura a vita – precisa Orlando -. L’indicazione è una dieta senza glutine da mantenere a vita. Da quando si inizia questo percorso, nel giro di un anno gli anticorpi della celiachia si stabilizzano: è importante un percorso con gastroenterologo e verificare che non ci siano complicanze legate alla malattia, ed è anche importante chiedere la consulenza di un dietologo nutrizionista per impostare una dieta valida».
Le intolleranze al lattosio
Tra i temi correlati all’alimentazione, un altro capitolo largamente diffuso è quello delle intolleranze al lattosio: «Il lattosio contenuto nei latticini abitualmente viene digerito da un enzima dell’intestino, la lattasi – spiega Orlando -. Crescendo, gli individui tendono a perdere l’attività della lattasi e a malassorbire il lattosio; è un percorso abituale nelle prime due decadi di vita. Per identificare l’intolleranza, può essere eseguito un «test del respiro al lattosio». In generale, spesso i pazienti sono preoccupati e riferiscono di altre tolleranze alimentari: in commercio dei esistono test, ma non riconosciuti da comunità scientifica. Per questo è necessario rivolgersi ai medici».
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