Cancro al seno, dalla ricerca significativi progressi nelle cure

GLI STUDI. I risultati di tre studi firmati da Giuseppe Curigliano, Direttore della Divisione Nuovi Farmaci per Terapie innovative e Vicedirettore dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) oltreché Professore all’Università Statale di Milano, pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche internazionali, confermano progressi storici nella cura dei tumori al seno metastatici e iniziali ad alto rischio.

Le tre ricerche, pubblicate quasi contemporaneamente su New England Journal of Medicine (NEJM) e Nature Medicine, segnano tre pietre miliari nella lotta al tumore del seno, sia in fase iniziale che metastatica. I risultati sono presentati e discussi al San Antonio Breast Cancer Symposium.

Il primo studio (Destiny06), pubblicato sul NEJM il 6 dicembre, consacra il ruolo degli anticorpi coniugati nella cura delle pazienti con tumore al seno HER2 low, le cui cellule presentano, cioè, un’espressione bassa del recettore 2 del fattore di crescita dell’epidermide umana. I dati dimostrano che anche nelle pazienti con bassa espressione del recettore (tumore HER2-low o HER2-ultralow,) l’anticorpo monoclonale trastuzumab coniugato con il farmaco deruxtecan, dopo la terapia ormonale, migliora la sopravvivenza senza progressione di malattia in media di cinque mesi rispetto alla chemioterapia.

Il secondo lavoro

Un importante progresso nelle terapie per i tumori mammari metastatici emerge anche dai risultati del secondo lavoro, apparso sul NEJM il 10 dicembre. Si tratta dello studio (EMBER-3) sull’efficacia di Imlunestrant, un degradatore orale selettivo del recettore degli estrogeni, nelle pazienti con carcinoma mammario avanzato ER+ HER2-, che esprime, cioè, il recettore degli estrogeni, ma non il recettore HER2. I dati hanno dimostrato che in pazienti già trattate con terapia endocrina, Imlunestrant, associato al chemioterapico Abemaciclib, migliora di circa quattro mesi la sopravvivenza senza progressione di malattia rispetto alla terapia standard.

La terapia neoadiuvuante

Lo studio pubblicato su Nature Medicine segna invece un passo avanti nella terapia neoadiuvuante, somministrata prima dell’intervento chirurgico per ridurre le dimensioni del tumore e renderlo più facilmente operabile. La ricerca ha dimostrato che l’immunoterapia con Nivolumab aumenta l’efficacia della chemioterapia neoadiuvante, senza peggiorare gli effetti collaterali, nelle donne con tumore al seno iniziale ER+ HER2- ad alto rischio, vale a dire con alti livelli di ER e assenza di HER2. I ricercatori hanno inoltre identificato specifici sottogruppi di pazienti che hanno maggiori probabilità di rispondere e trarre beneficio dalla associazione di Nivolumab e chemioterapia neoadiuvante. Questi pazienti sono quelli con maggiore livello di linfociti infiltranti e di PD-L1 (recettore bersaglio per l’immunoterapia). (da Doctornews 33)

© RIPRODUZIONE RISERVATA