La salute / Bergamo Città
Domenica 11 Giugno 2023
Bergamo, anche il cervello è di importanza «Capitale»
NEURORADIOLOGIA. Dal 18 al 21 ottobre, la nostra città ospiterà il 32°congresso dell’associazione italiana di questo ramo della Medicina. «Qui siamo al top».
La neuroradiologia nella diagnosi e per la cura delle patologie che colpiscono il cervello e il midollo spinale; l’utilizzo dell’intelligenza artificiale negli esami diagnostici e nell’interventistica, e l’esperienza maturata durante gli anni del Covid. Sono alcuni dei temi che saranno affrontati nel 32° congresso nazionale dell’Associazione Italiana Neuroradiologia (Ainr), che ha scelto Bergamo come sede dell’iniziativa – la prima tutta in presenza dopo la pandemia –, in programma dal 18 al 21 ottobre nel Seminario vescovile di Città Alta. Attesi gran parte dei 700 iscritti all’associazione e sette specialisti internazionali dall’Europa e dagli Stati Uniti.
Il 40 per cento degli accessi ospedalieri richiede esami diagnostici di neuroradiologia, in cui sono ricomprese il 70 per cento delle risonanze magnetiche. Grazie a questa specialità gli esiti clinici di stroke e cura del dolore vertebrale sono decisamente migliorati negli ultimi anni, anche attraverso le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale. Da qui l’importanza di questo comparto della medicina.
Presidente del congresso dell’Ainr è Simonetta Gerevini, direttore dell’Unità di Neuroradiologia dell’Asst Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «Il Seminario è senz’altro un luogo stimolante – dice –, per un congresso attorno al quale sto cercando di coinvolgere tutto il territorio bergamasco, dalle aziende al mondo della cultura fino a quello dell’enogastronomia. In città arriveranno medici da tutta Italia e dall’estero e vorrei che l’occasione si trasformasse in un’opportunità di crescita per la nostra terra».
Quali saranno i focus degli interventi? «Si parlerà delle patologie del sistema nervoso, di tumori, di malattie infiammatorie, vascolari e degenerative: sclerosi multipla, ictus ischemico, malattie del sistema nervoso centrale e patologie pediatriche. Insomma, di tutto ciò che coinvolge l’encefalo e il midollo, la colonna vertebrale, i nervi e i muscoli. E ci sarà anche una sessione sul Covid per fare il punto, con una sintesi di Giuseppe Remuzzi, su ciò che abbiamo imparato dalla pandemia dal punto di vista scientifico».
Quanto c’è ancora da scoprire? «Tantissimo. Stiamo passando da una “istantanea” del sistema nervoso, alla capacità di studiare i movimenti biologici: possiamo vedere il cervello in movimento, quello che accade di notte, o durante un processo infiammatorio. Oggi possiamo acquisire sequenze dinamiche e studiare i meccanismi che regolano determinati processi patologici. Poi c’è il lato pratico, interventistico; sull’ictus ischemico, per esempio, sono evolute tecniche di trombectomia meccanica che utilizziamo per disostruire un vaso, riuscendo quindi a salvare quella zona del tessuto interessata dalla malattia».
Come viene utilizzata l’intelligenza artificiale? «Con l’impiego di software e di strumenti che possiamo adoperare per rendere più facile il nostro lavoro nel confronto tra due esami. Possiamo vedere se esistono lesioni nuove rispetto al passato, se una lesione si è ingrandita, oppure se il volume del cervello si è modificato. Tutto ciò che non è facile individuare ad occhio umano, con i computer è più agevole farlo. Un altro aiuto riguarda l’ictus: i software a perfusione cerebrale ci dicono quali sono le condizioni di salute del cervello lavorando sulle soglie delle acquisizioni».
Qual è l’utilità pratica? «L’aiuto è enorme e può influenzare la scelta del trattamento terapeutico. Penso ad esempio alle tecniche di acquisizione per le risonanze magnetiche, con sequenze più rapide e meglio definite. Tutto ciò è molto importante, ma sono convinta anche che la tecnologia non potrà mai sostituire il lavoro del medico. Spero che queste tecniche ci possano aiutare sempre più ad essere rapidi ed efficaci nella gestione del paziente».
A che punto siamo a Bergamo? «La radiologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII è un riferimento sul territorio. Sia dal punto di vista diagnostico che interventistico siamo al pari dei migliori centri italiani. Ma uno dei miei obiettivi è che tutti i pazienti della provincia possano essere trattati nel modo migliore, non solo quelli che afferiscono alla nostra Asst».
Quali sono i prossimi traguardi? «Portare tantissime persone al congresso e far sì che sia un’opportunità anche per il nostro territorio di maggiore visibilità. Mi piacerebbe contribuire a togliere l’abbinamento Bergamo-Covid, spostando l’attenzione su cultura e innovazione. Il Papa Giovanni è una “macchina” di altissimo livello; vorrei che potesse essere riconosciuta per tutto ciò che fa e di conseguenza essere punto di riferimento per la crescita di nuovi studenti che, già oggi, vengono ad imparare la professione anche dall’estero. È un percorso lungo: serve una solida base di conoscenza delle tecniche e dell’anatomia del nostro sistema nervoso, dopodiché servono anni di studio e di pratica per poter trattare i pazienti. E un grande centro come il nostro è senz’altro indicato per sostenere la formazione di questi giovani».
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