Max e Tadej, il Cannibale piace solo se ha il gusto delle nuove sfide

IL COMMENTO. Il primo fu Eddy Merckx. Il Cannibale, quello con la C maiuscola, era lui. Pare che nel 1969, durante il primo dei cinque Tour dominati dal belga, la figlia del ciclista francese Christian Raymond – onesto faticatore del pedale che l’anno dopo avrebbe vinto la sua unica tappa alla Grande Boucle – abbia chiesto al padre come stesse andando la corsa, e la risposta sia stata più o meno questa: «Non ci lascia nemmeno le briciole, è proprio un cannibale».

Curioso come in uno dei periodi più floridi e immaginifici del giornalismo, e di quello sportivo in particolare, uno dei soprannomi sportivi più famosi della storia sia nato dall’ingenua domanda di una bambina al suo papà. Oggi i cannibali arrivano dall’Olanda e dalla Slovenia. Paesi che nelle rispettive discipline non è che avessero chissà quale tradizione. Ma i campioni, si sa, sbocciano dove la natura si diverte a sparpagliarli. Così è stato con Max Verstappen, anni 26, dall’Olanda. Ha vinto tre mondiali di Formula 1 e va per il quarto. Sbriciolando tutti i record. Ieri ha vinto a Imola, la notizia è che ha faticato per imporsi all’inglese della Mc Laren Lando Norris.

Così è stato con Tadej Pogacar, anni 25, dalla Slovenia. Pure lui ieri di scena in Italia, nel tappone del Giro arrivato a Livigno dopo aver scalato (anche) il Mortirolo. La corsa rosa è già nelle sue mani, eppure non molla un centimetro. Come Verstappen. Ma le analogie finiscono qui. Perché Verstappen toglie interesse al suo sport, mentre Pogacar lo porta. Sarà che in Formula 1, come in quasi tutte le discipline, il tifo incide in maniera determinante. Solo Ayrton Senna, forse, è stato davvero trasversale. Nel ciclismo, invece, ogni campione vero diventa il campione di tutti. Ma forse c’è dell’altro: è il gusto delle nuove sfide. Perché quando hai demolito tutti gli avversari, o vai avanti fino alla noia (tua e del pubblico), o accetti nuove sfide, contro te stesso e la storia. Verstappen non sembra intenzionato a farlo, anche se magari ora, dopo l’addio alla Red Bull del re dei progettisti Adrian Newey, potrebbe decidere di lasciare il giardino di casa per esplorare qualche sentiero. Cosa che Pogacar farà già da quest’anno: vuol essere il primo, dal 1998, a centrare l’accoppiata Giro-Tour. Dovesse farcela, a prescindere dagli avversari, per il ciclismo moderno sarebbe comunque un’impresa. Una di quelle sfide che la gente ama. E che un campione ha il dovere di offrirle. Poi faccia pure il Cannibale.

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