L’ultima sfida: scavalcare la siepe e afferrare l’infinito

IL COMMENTO. Una siepe che impedisce la visuale sull’orizzonte. E al di là di quella, l’Infinito. Se la cosa non vi suona del tutto originale, avete ragione. Sono gli elementi chiave di una delle liriche più famose di Giacomo Leopardi: dalla sommità del monte Tabor, nella sua Recanati, il poeta immagina quell’infinito che sta oltre, ma che la siepe gli impedisce di vedere.

Se ci fate caso, in fondo è un po’ quello che sta succedendo all’Atalanta. Che da quando è arrivata in cima alla classifica della Serie A, a fine 2024, si è trovata di fronte una siepe che le impedisce di vedere quello che c’è oltre, che lo si voglia chiamare Infinito (alla Leopardi), Impossibile (alla Gasperini), scudetto o sogno innominabile a seconda dei vari livelli di superstizione.

Perché comunque finisca questa stagione (e con essa il ciclo d’oro aperto nel 2016) questa è ormai la dimensione dell’Atalanta: lottare per l’Impossibile, inseguendo lo scudetto per mettere al sicuro un comunque straordinario piazzamento Champions. Guardare avanti per coprirsi le spalle

Una siepe fitta, impenetrabile, fatta di punti lasciati per strada, infortuni, errori, pali colpiti, frizioni interne ed esterne. E adesso anche di sei partite che, nel prossimo mese e mezzo – a partire dalla doppia sfida con la Juve in trasferta e con l’Inter in casa – diranno la verità definitiva sulle ambizioni di questa squadra. Che da domenica prossima al 20 aprile quella siepe la dovrà scavalcare, a costo di procurarsi qualche graffio, per andare ad afferrare il suo Infinito. O anche solo per vedere come è fatto, in modo da poterlo riconoscere quando capiterà la prossima occasione.

Perché comunque finisca questa stagione (e con essa il ciclo d’oro aperto nel 2016) questa è ormai la dimensione dell’Atalanta: lottare per l’Impossibile, inseguendo lo scudetto per mettere al sicuro un comunque straordinario piazzamento Champions. Guardare avanti per coprirsi le spalle. È la lezione di Dublino, è la lezione di questi anni. Certo, poi se le cose andassero per il verso giusto ci sarebbe qualcosa da rivedere anche nell’applicazione delle dinamiche leopardiane. Perché il poeta, oltre la siepe, immagina un infinito fatto di «sovrumani silenzi» e «profondissima quiete». Ma ve l’immaginate che casino diventerebbe Bergamo se davvero l’Atalanta dovesse scavalcare la siepe per afferrare il suo Infinito?

Di sicuro bisognerebbe scomodare un’altra opera dello stesso autore, magari meno nota ma sicuramente più adatta alle circostanze: il canto dedicato «A un vincitore nel pallone».

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