La Buona Domenica / Pianura
Domenica 29 Dicembre 2024
«Welcome», un posto chiamato casa per superare insieme disabilità e fragilità
LA STORIA. A Mozzo l’appartamento di «Abilitare convivendo»: un’esperienza (riuscita) di integrazione sociale.
«Qui mi sento a casa». Ci sono fiori e addobbi natalizi nell’appartamento del progetto «Welcome» dell’associazione «Abilitare convivendo» a Mozzo, spazioso e accogliente. Le foto appese alle pareti raccontano la sua storia, iniziata nel 2015. Tutti possono trovare qui lo spazio giusto per lasciare da parte disabilità e fragilità, e coltivare le proprie passioni, capacità e talenti. È una «palestra di autonomia» come la definisce Danilo Perico, presidente dell’associazione, fatta per mettersi alla prova, superare i limiti, affrontare nuove sfide.
Il progetto
Un progetto che nasce dal cuore delle sorelle e dei fratelli di persone adulte con disabilità per creare un ambiente di inclusione e «integrazione sociale» a partire dalle cose più semplici, come prendere l’autobus, preparare la lista della spesa, cucinare un dolce, fare il bucato con la lavatrice. L’appartamento è dedicato al progetto «Welcome» grazie a una convenzione con il Comune di Mozzo, appena rinnovata.
«Questo progetto - sottolinea Danilo - nasce dal desiderio di migliorare l’autonomia di persone con fragilità e disabilità per inserirle nella comunità e nelle azioni della quotidianità». Le attività sono partite in modo graduale: «Abbiamo iniziato a costruire percorsi personalizzati con le cooperative - continua Danilo -. Non è stato facile anche noi abbiamo dovuto capire che cosa significhi la parola autonomia».
Leggere negli sguardi
Non è difficile, ora, leggere negli sguardi e nei racconti dei partecipanti i progressi fatti negli ultimi nove anni: quando ne parlano i loro occhi brillano di soddisfazione. Allo stesso tempo nell’appartamento si respira un’aria rassicurante di semplicità e normalità. Il programma prevede infatti attività quotidiane come spostarsi con i mezzi pubblici, cucinare, pulire e riordinare.
«Ognuno di loro - chiarisce Francesca Bresciani, coordinatrice del progetto - prosegue le attività abituali e segue le proprie inclinazioni, perché l’obiettivo non è trascorrere il tempo chiusi in casa, ma provare situazioni nuove e vivere sul territorio». Sono state instaurate nel tempo collaborazioni positive, come quella con il Gruppo volontari di Curno, che promuove laboratori e attività per il tempo libero. Ogni mercoledì è in programma un’attività teatrale, molto apprezzata. Sabato ci sono le partite di calcetto, domenica alcuni prendono parte alle attività della parrocchia di Mozzo.
17 persone coinvolte
Partecipano in tutto 17 persone con disabilità e fragilità, suddivise in tre progetti: c’è chi sta nell’appartamento di «Welcome» per il weekend, fermandosi per una notte, chi durante la settimana sosta per un pomeriggio-sera, E infine chi addirittura sperimenta soggiorni più lunghi, da giovedì a domenica. Intorno ai partecipanti ruotano alcuni educatori delle cooperative e i soci dell’associazione, con uno stretto rapporto con le amministrazioni comunali e i servizi sociali del territorio: «In tutto sono una cinquantina di persone - sottolinea Danilo - che periodicamente si ritrovano per scambiarsi esperienze e idee, mettere in comune gli obiettivi, e per impegnarsi a offrire opportunità di crescita».
«Un lavoro di gruppo»
È fondamentale che sia un lavoro di gruppo, come afferma Danilo: «Condividere metodi e azioni è importante e non scontato, non è facile mettere in sintonia soggetti diversi. Nel 2025 proseguiremo per offrire ancora più strumenti per alimentare l’autonomia e creare ascolto e condivisione tra le persone. Il progetto nasce dal sogno di avere un luogo in cui ognuno possa sentirsi a proprio agio, rispettato, accolto e valorizzato, senza subire discriminazioni o pregiudizi».
Durante la settimana (in giorni fissi, martedì e mercoledì) i partecipanti arrivano in piccoli gruppi (tre persone per gruppo) dal Centro socioeducativo (Cse) di Mozzo oppure da altri di Comuni limitrofi come Bergamo, Curno, Valbrembo e Dalmine organizzano con l’educatore diverse attività, fanno la spesa, preparano la cena, cucinano e mangiano insieme, infine svolgono attività ricreative fino alle 22,30 circa.
L’evoluzione del progetto
L’evoluzione del progetto è legata anche alla crescita personale delle persone che ne fanno parte: «Un primo gruppo composto da tre ragazze - chiarisce Danilo - dopo aver iniziato con le presenze pomeridiane, ha prolungato la presenza nei weekend e ora si ferma talvolta per quattro giorni di seguito, da giovedì a domenica, anche senza la presenza dell’educatore, che comunque resta sempre reperibile e trascorre alcune ore con loro».
Non a caso il nome dell’associazione è «Abilitare convivendo», perché queste due parole mettono l’accento sulla necessità di imparare gli uni dagli altri, sostenendosi a vicenda, stringendo legami di interdipendenza: «Non è scontato - sottolinea Danilo - riuscire a stare bene insieme. Il primo passo è imparare ad ascoltare. Il lavoro di gruppo porta risultati, da soli ci si sente più frequentemente inadeguati. Le difficoltà fanno crescere. Per affrontarle servono tenacia e coraggio, ma noi ne abbiamo in abbondanza».
Il nome dell’associazione è «Abilitare convivendo», perché queste due parole mettono l’accento sulla necessità di imparare gli uni dagli altri, sostenendosi a vicenda, stringendo legami di interdipendenza
Le testimonianze
Ognuno dei partecipanti ha un punto di vista diverso su questa esperienza, a partire dalle conquiste e scoperte che ha fatto. Laura, 40 anni, è felice di aver imparato a gestire alcuni compiti come riordinare e fare il letto, ma anche di avere trovato dei punti di riferimento nelle persone con cui condivide l’appartamento: «Se non ci fosse Vanessa, finirei col mettere tantissimo miele nella camomilla. Con il suo aiuto, invece, ho capito come fare. Amo disegnare e poi regalare i miei lavori. A volte mi sento un po’ ansiosa quando devo uscire e prendere l’autobus».
A Vanessa, invece, piace molto cucinare: «Di sabato pomeriggio a volte facciamo una videochiamata con Roberta che ci insegna a preparare un dolce, per esempio una torta con gli amaretti, tiramisù o budino. Per il pranzo della domenica, poi, prepariamo qualche ricetta particolare, come pollo alla birra, oppure alla cacciatora, con la polenta». Ci vuole poco a creare un’atmosfera allegra e festosa. Fa parte del loro gruppo anche Sabrina, 50 anni: «Sono tifosa dell’Atalanta e mi piace andare allo stadio con mio padre. Al Cse di Mozzo ho imparato a coltivare l’orto. Grazie al progetto Welcome ho imparato a svolgere da sola compiti che a casa sbrigano altre persone, come caricare la lavastoviglie e la lavatrice».
Nel «Gruppo del mercoledì» ci sono Chiara, Paolo e Natascia: per segnare i ritmi della giornata hanno costruito un tabellone sul quale posizionano - con la guida di un educatore - le diverse azioni da compiere nell’arco di una giornata, rappresentate con i simboli della Comunicazione aumentativa e alternativa (Caa). Uno strumento utile per prendere confidenza con la routine delle attività e non perdere il filo degli impegni quotidiani. «Sto imparando moltissimo da questo progetto - dice Chiara, di Valbrembo -, ora so piegare le lenzuola e sono più ordinata. Devo ringraziare gli educatori Elena e Stefano che mi aiutano tanto». Paolo ci mostra un quaderno con i simboli della comunicazione aumentativa adatto per creare la lista della spesa: ci sono i riquadri da staccare e riattaccare, un metodo facile per ricordare e scegliere dagli scaffali del supermercato.
Il tempo del weekend offre un respiro più ampio: «Arriviamo il sabato mattina - racconta Cristina, 41 anni -. Ci raccontiamo come è trascorsa la settimana, poi decidiamo i nostri menu. Ognuno è impegnato in attività diverse, io per esempio canto nel coro della parrocchia e faccio la catechista. Altri giocano a calcetto oppure vanno a camminare. A volte andiamo al cinema oppure giochiamo a carte, guardiamo la tv, ascoltiamo musica». Possono accogliere degli ospiti: «Ogni tanto invitiamo qualcuno per un caffè o una merenda».
Ci sono attività che spingono a collaborare e alimentano la solidarietà reciproca
Ci sono attività che spingono a collaborare e alimentano la solidarietà reciproca: «Ci sono attività - sottolinea Francesca - che non si possono portare a termine da soli. Nessuno basta a sé stesso, gli altri sono una risorsa, imparare a chiedere aiuto è una delle autonomie più grandi».
«Abilitare convivendo» racconta le sue attività anche sui social, attraverso Facebook e Instagram: «Per i genitori - commenta Rina, una mamma - è una possibilità davvero importante». C’è chi nell’appartamento sfrutta le abilità acquisite a casa, e poi quando torna mostra le nuove esperienze, come Alessandro, 23 anni: «Ho imparato a tenere in ordine e rifare i letti». L’autonomia viene condivisa e diventa patrimonio del gruppo.
«Non è un momento di sospensione ma un’integrazione delle attività quotidiane, con qualche elemento in più. Ognuno ha un progetto individualizzato costruito su misura con la famiglia e gli educatori, ognuno fa un’analisi su di sé sia a livello relazionale sia di scelta e autodeterminazione»
Il gruppo di Luca, 56 anni, «veterano» del progetto, con Mauro e Nicola, ci mostra il «quaderno delle scelte»: chi soggiorna nell’appartamento ha diverse possibilità per gestire il tempo libero. «È importante che stiano attenti anche ai costi - aggiunge Francesca -. C’è un registro dove segnare le spese fatte nel weekend, per imparare a gestire le proprie risorse».
L’aiuto degli educatori
Con l’aiuto degli educatori delle Cooperative Lavorare Insieme e Alchimia: Roberta Serantoni, Elena Percassi, Elena Gussago, Stefano Nuges, le persone del progetto «Welcome» esplorano le possibilità della vita: «Non è un momento di sospensione - afferma Francesca - ma un’integrazione delle attività quotidiane, con qualche elemento in più. Ognuno ha un progetto individualizzato costruito su misura con la famiglia e gli educatori, ognuno fa un’analisi su di sé sia a livello relazionale sia di scelta e autodeterminazione».
I sostegni
Per proseguire, il progetto si affida alle famiglie, alle donazioni, al sostegno delle istituzioni, e in particolare delle amministrazioni comunali di Mozzo, Curno e Bergamo. Ha ottenuto un sostegno anche dalla Fondazione della Comunità Bergamasca e dalla Chiesa Evangelica Valdese. «Il tema della conquista dell’autonomia ha una forte ricaduta culturale - conclude Danilo - permette di costruire strumenti per una vita piena, una premessa per il “dopo di noi”, che apre un orizzonte più ampio».
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