«Vivo con il Parkinson, ma non mollo. E cerco una sede per aiutare gli altri»

LA STORIA. Mario Ferrandi, sport e canto nonostante la malattia. «L’Aip ha bisogno di uno spazio nella Bassa Bergamasca»

«La vita - scrive Anais Nin - si restringe o si espande in proporzione al nostro coraggio». Mario Ferrandi, 64 anni, di Treviglio nonostante la diagnosi di Parkinson, arrivata nel 2015, continua a guardare lontano e ad allargare gli orizzonti, pensando anche ad aiutare gli altri, attraverso le passioni che lo accompagnano da sempre: il canto e lo sport.

Se mani e gambe, a volte, tremano, la sua volontà rimane salda e si traduce in iniziative concrete: «Cantare insieme, spalla a spalla - racconta - è una bellissima esperienza di condivisione, sollecita a collaborare e aiutarsi a vicenda. Per questo stiamo impegnandoci per costituire un coro per parkinsoniani e caregiver con l’Associazione Italiana Parkinson (Aip) di Bergamo, con cui collaboro da tempo».

Mario sta cercando inoltre una sede per creare nella Bassa Bergamasca una «succursale» dell’Aip dove poter svolgere attività di fisioterapia e riabilitazione: «Non tutti i parkinsoniani che abitano in questa zona - chiarisce - hanno la possibilità di spostarsi a Bergamo».

Il Parkinson fa parte di un gruppo di patologie che provocano «disordini del movimento». È una malattia neurodegenerativa, con un’evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio.

L’incidente sul lavoro

La diagnosi è piombata come un fulmine a ciel sereno nella vita di Mario, quando la vita l’aveva già messo alla prova in molti modi. Attento, preciso, apprezzato come «problem solver», risolutore di problemi, Mario ha lavorato per 15 anni nell’organizzazione e allestimento dei centri commerciali in Veneto e Lombardia. «Mi dedicavo all’apertura dei nuovi punti vendita e poi alla manutenzione».

Un grave incidente sul lavoro è stato per lui l’inizio di un cambiamento radicale: «Un giorno ero su una scala e stavo controllando un impianto elettrico guasto. A un certo punto, però, una corrente “birbante” mi ha buttato giù, facendomi fare un grande volo. Mi sono procurato un forte trauma cranico. Mi sono ripreso abbastanza bene, ma dopo un paio d’anni si è scatenato l’inferno. Mi hanno sempre detto che i problemi di salute che ho avuto in seguito non dipendono da questo episodio, ma il dubbio mi è rimasto».

Quando si dice «mi si è fermato il cuore» si intende solo in senso figurato, per dare conto di un momento di grande emozione. Il cuore di Mario, però, ha iniziato a fermarsi davvero, anche se solo per pochi secondi, prima di riprendere il ritmo normale: «All’improvviso sentivo un gran caldo alle gambe, ed era il preludio della crisi. A quel punto sapevo di avere poco tempo per stendermi a terra, prima di perdere i sensi. Era come se per quei pochi secondi in cui il cuore smetteva di battere io non ci fossi più. Poi tutto, fortunatamente, riprendeva come prima».

Giulia, la figlia maggiore di Mario, è stata volontaria della Croce Rossa Italiana di Treviglio e ha seguito il corso per diventare soccorritrice: «Una volta mi è capitata una crisi proprio mentre mi trovavo con lei. Si è molto spaventata, si è accorta che il battito cardiaco si è interrotto, e mi ha portato subito in ospedale. Sono stato visitato da una neurologa che mi ha diagnosticato una forma di epilessia. Sono stato ricoverato, mi hanno sottoposto a tutti gli esami del caso senza che emergesse nulla, così mi hanno dimesso prescrivendomi un farmaco». Sua figlia Giulia, però, non era tranquilla e lo ha convinto a rivolgersi a un cardiologo: «Questo specialista - prosegue Mario - mi ha consigliato un esame particolare e molto approfondito da eseguire all’ospedale San Raffaele di Milano. L’esito non è stato esaustivo, perciò mi hanno messo sottopelle un “reveal”, un piccolo apparecchio per registrare anomalie cardiache».

Dopo qualche mese di monitoraggio, durante una visita di controllo i medici leggendo il tracciato hanno trovato i segni di una crisi, durante la quale il cuore di Mario si era fermato per nove secondi: «Mi hanno chiesto di descrivere che cosa mi fosse successo, e mi hanno diagnosticato dei blocchi atrio-ventricolari, causati da un disturbo elettrico. Hanno detto che avevo bisogno di un peacemaker. Mi sono sentito un po’ a disagio, perché avevo appena cambiato lavoro, ma ovviamente mi sono sottoposto all’intervento. Così adesso quando il mio cuore scende sotto un certo numero di battiti il pacemaker reagisce subito con una piccola scossa elettrica. Ce l’ho dal 2013 e la batteria è al 40%: questo significa che non deve intervenire di frequente. Da quando me lo hanno impiantato, comunque, non sono più svenuto».

Il Parkinson

Due anni dopo, Mario si è trovato in compagnia (sgradita) di Mr Parkinson: «In quel periodo lavoravo come direttore di un punto vendita della Cooperativa Famiglie Lavoratori (CFL) a Treviglio. A un certo punto mi sono accorto di non riuscire più a svolgere con la stessa disinvoltura le mie mansioni abituali. All’inizio avevo attribuito questi problemi alla mia situazione personale, a un possibile stato depressivo. Poi, quando ero sotto tensione, comparivano strani tremori agli arti. Mi hanno visitato due neurologi. All’inizio escludevano la malattia di Parkinson, poi mi hanno prescritto l’accertamento considerato più affidabile, il dat-scan. Così è arrivata la diagnosi. Una notizia terribile per me, ma anche un sollievo. Ho scoperto solo in seguito che la malattia di Parkinson ancora prima che con il tremore si manifesta con sbalzi d’umore, cambiamento di carattere, difficoltà cognitive. Mi sarebbe stato utile saperlo, invece per un po’ mi è sembrato che andasse tutto a rotoli e che la colpa fosse mia».

Gli è stata subito prescritta una terapia: «Da quando ho iniziato ad assumere i farmaci - spiega -. le mie condizioni sono migliorate. Mi sentivo scattante, quasi come prima. Ho affrontato la malattia con la mia consueta grinta, anche se poi negli anni ho dovuto accettare alcuni rallentamenti».

Ha sempre potuto contare sul sostegno della sua famiglia, e in particolare della sua compagna e delle due figlie: «La maggiore Giulia è già mamma di due bambini. Il primo ha cinque anni e l’altro uno e mezzo. La seconda Anna Chiara ha una figlia di 14 mesi».

Mario si è adattato alla sua nuova condizione: «Ci tenevo molto a continuare a lavorare, era una sfida con me stesso e con Mr Parkinson, che ha mille sfaccettature e si manifesta anche in modi imprevisti. Ho lasciato l’incarico di direttore del negozio, dirottandomi sulla posizione meno impegnativa di responsabile delle vendite, e così sono arrivato a concludere la mia carriera e andare in pensione nel 2021 dopo 42 anni e 10 mesi».

Di fronte a nuovi sintomi, su consiglio di sua figlia Giulia, Mario ha chiesto un consulto al Centro Parkinson del Gaetano Pini di Milano: «Mi hanno consigliato un percorso di riabilitazione all’Ospedale di Trescore Balneario, dove sono stato seguito dalla neurologa Cristina Rizzetti. Ci sono rimasto per quattro settimane, ottenendo ottimi risultati e molta energia in più, tanto che ci sono tornato anche l’anno successivo». Poi Mario ha dovuto anche affrontare gli effetti della «sindrome di Pisa», un’anomalia postulare diffusa tra i malati di Parkinson che può portare a deformazioni della colonna vertebrale: «Mi sono rivolto alla Fondazione don Gnocchi di Parma dove sono stato sottoposto a infiltrazioni con tossina botulinica, accompagnate da sedute di fisioterapia mirata, che mi hanno dato ottimi risultati, facendomi anche recuperare qualche centimetro in altezza».

È stato prezioso per lui l’incontro con l’Aip di Bergamo, guidata da Marco Guido Salvi: «Nel 2022 ho partecipato con il mio coro Calycantus a un’iniziativa dell’Aip a Bergamo, nella chiesa di San Bartolomeo, e dopo aver conosciuto le attività dell’associazione ho iniziato a frequentarle assiduamente. Così, pensando a quanto può essere importante e utile per i malati di Parkinson avere luoghi dove incontrarsi, scambiarsi esperienze, svolgere attività sportive e ricreative ho iniziato a pensare che sarebbe bello creare qualcosa di simile anche nella zona dove abito. Intanto sto prendendo contatto con enti e istituzioni presenti sul territorio per vedere se qualcuno è disposto ad accoglierci, per esempio una Rsa oppure una struttura che abbia a disposizione palestra e magari una piscina riscaldata adatta per la riabilitazione. Mi piacerebbe contribuire a creare una rete tra diverse realtà che possa aiutare persone malate di Parkinson come me».

La passione per la musica

Mario si è appassionato alla musica fin da bambino: «I miei genitori avevano un bar a Treviglio, mio padre aveva acquistato degli strumenti mettendoli a disposizione dei clienti. C’era sempre qualcuno che veniva a suonare. La mia camera era sopra il bar, io ascoltavo e così mi sono innamorato della musica. Con un amico medico e un altro gruppo di persone 18 anni fa abbiamo fondato il coro Calycantus, di cui per quattro anni sono stato anche presidente. Ora sono vice-delegato per la nostra provincia di Cori Lombardia, associazione Aps che raccoglie oltre 350 formazioni. Mi piacerebbe molto svolgere questa attività anche con parkinsoniani e caregiver, penso che gli esercizi per la vocalità e la respirazione possano essere molto utili, il canto offre sollievo e bellezza. Uno dei problemi più gravi dei parkinsoniani è che si nascondono, per questo è importante trovare attività che impediscano loro di farlo. È capitato anche a me e ho tentato di reagire in molti modi, dedicandomi allo sport, alle attività che mi piacevano come il nordic walking, le passeggiate, la bicicletta. Cerco di combattere la malattia ad armi pari, di mostrare a me stesso e agli altri che il cuore che batte e i pensieri che corrono contano di più di una mano che trema».

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