Viaggi, animali, natura e tanta curiosità. Marta e quella (bellissima) volta all’Onu

OLTRE OGNI BARRIERA. La giovane di Brembate, con Sindrome di Down, e le sfide di una vita piena di incontri.

«Ogni persona umana ha un dono, ognuno merita di essere considerato nella sua unicità»: Marta Sodano, giovane di Brembate con Sindrome di Down, dice con il suo sorriso che questa frase è vera sempre, per tutti, indipendentemente da qualunque condizione di fragilità.

Lungo il suo percorso Marta, 31 anni, ha incontrato «amiche-sorelle» come le definisce lei, che l’hanno aiutata a rafforzare la fiducia in se stessa e le hanno insegnato che «non esiste niente di più bello dell’essere se stessi», senza averne mai paura. Nel suo blog martasodano.it si descrive come «una persona piena di speranza, ottimista, curiosa, piena di interessi e di fantasia senza limiti».

La passione per la biologia e la psicologia

Le sue più grandi passioni sono la biologia e la psicologia. Le piace osservare i tratti del carattere e studiare i significati delle parole. Nel 2019 l’Associazione Genitori e Persone Down (Agpd), che frequenta fin da piccola con la mamma Laura, e Coor Down (Coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con Sindrome di Down), l’hanno invitata a tenere un discorso al Palazzo di vetro dell’Onu a New York, per parlare del suo rapporto con la scuola.

La sua presentazione è stata molto apprezzata, si può ancora rivedere su YouTube ed è di grande ispirazione per tutti quelli che l’ascoltano. Contiene un’idea molto forte, che l’anno scorso è stata scelta da Coor Down come filo conduttore per la campagna annuale di sensibilizzazione: «Pensa che io possa, così forse io potrò».

I professori e la fiducia

Marta ha incontrato professor i che l’hanno aiutata molto nel suo percorso perché avevano fiducia in lei: «Loro vedevano Marta, vedevano me tutta intera, e non solo la sindrome di Down. Si preoccupavano di spiegarmi i concetti in modo semplice, perché potessi capirli: così dimostravano di avere fiducia in me e nelle mie capacità. Questo mi aiutava a ottenere risultati migliori e mi stimolava a impegnarmi di più. Ho scoperto che questo è un concetto che in psicologia si chiama self fulfilling prophecy ovvero la profezia che si autoavvera».

Proprio grazie alla cura e all’attenzione di questi insegnanti Marta ha iniziato a coltivare grandi passioni, come quella per le parole: «Ne studio il significato - chiarisce - per capire in quale contesto vengano usate e quali caratteristiche possiedano. Forse per questo molti mi dicono che ho un linguaggio forbito, perché conosco e uso molti vocaboli».

Purtroppo le figure che ha incontrato non sono state tutte così favorevoli: «C’erano anche docenti che non mi insegnavano la loro materia - spiega -, perché pensavano che non ne valesse la pena, oppure che non mi sarebbe servito. Mi davano dei compiti molto semplici solo per tenermi occupata. È stato un periodo difficile, in cui ho avvertito in modo molto marcato la differenza tra me e i miei compagni, oltre alla difficoltà di considerare la mia diversità come una ricchezza. A distanza di tempo, però, quelli di cui conservo un buon ricordo sono gli altri, quelli che mi hanno lasciato qualcosa».

Ha seguito un percorso di istruzione lineare, fermandosi per un anno in più alla scuola dell’infanzia: «In quegli anni - ricorda la mamma Laura - c’erano quasi dei percorsi obbligati per chi aveva una disabilità intellettiva» spesso guidati da pregiudizi più che da riscontri oggettivi. «Marta, quindi, anche se amava studiare, non ha avuto la possibilità di frequentare un liceo, o di seguire un programma semplificato che le avrebbe dato la possibilità di iniziare un percorso universitario, come avviene per altre persone con sindrome di Down in alcuni atenei italiani. Avrebbe potuto sostenere questo impegno, seppure non mirasse a ottenere una laurea, traendo moltissimi vantaggi dalla prosecuzione degli studi: grandi possibilità di crescita umana, una nuova prospettiva sul mondo, un’autostima più forte, una diversa percezione di sé, oltre alle maggiori competenze».

Inclusione, una parola «magica»

Secondo il giornalista Antonio Giuseppe Malafarina «inclusione è una parola magica, quando esiste svanisce»: la strada per arrivare a questo risultato, però, è ancora lunga, ci sono tanti ostacoli, a partire dalla vita quotidiana e dai piccoli e grandi ostacoli che essa presenta. Marta, per esempio, per rafforzare la propria autonomia, deve scontrarsi anche con ciò che i mezzi pubblici le permettono di fare: «Qui purtroppo le corse degli autobus sono poche - spiega - ma dal periodo del Covid in avanti ci sono meno collegamenti, spostarsi è diventata una grande sfida».

Terminati gli studi Marta ha svolto alcuni tirocini: «All’inizio - racconta Laura - ha partecipato ad attività di volontariato alla scuola dell’infanzia del paese, per mantenersi in movimento e non perdere le abilità acquisite. Poi, grazie ad Agpd, ha lavorato al front office di una galleria di arte moderna. Nello staff del Parco Adda Nord ha avuto la possibilità di coltivare la sua passione per la natura e l’ambiente occupandosi dei dati per il taglio degli alberi, un compito che le è piaciuto moltissimo».

L’occasione lavorativa

La sua grande occasione è arrivata nel 2017 quando è stata chiamata a un colloquio con la Comac, un’azienda di Bonate Sotto che si occupa di impianti di imbottigliamento per bevande. Dopo un periodo di apprendistato, nel 2019 è stata assunta a tempo indeterminato.

«Lavoro nel magazzino come addetta al controllo e archiviazione dei certificati e dei documenti di trasporto merci per la logistica. Mi trovo bene e sono molto contenta. Quando sono andata all’Onu nel 2019 alcuni colleghi hanno voluto accompagnarmi e questo mi ha molto emozionato. Ho capito l’importanza della mia mansione e mi piace». Un posto di lavoro vero, un ambiente in cui Marta si sente accolta e valorizzata, e nel tempo, come osserva Laura, i suoi compiti sono stati progressivamente ampliati. Le piace viaggiare, «tiene sempre la valigia pronta», dice la mamma, ma anche andare in piscina, al cinema, a cena, vedere musei faunistici e spettacoli.

La passione per animali e piante

Continua a coltivare il suo interesse per l’ambiente e gli animali: «Amo tutte le attività legate a quest’ambito. Mi piacerebbe svolgere volontariato sul territorio in questo settore, per esempio fare da guida durante gite e tour con i bambini. Portarli a visitare un parco, insegnare loro quello che so sugli animali. Da sempre studio le loro caratteristiche e abitudini su internet».

Usando i social network e facendo ricerche su Internet trova molto materiale dedicato ad animali e piante. Da alcuni anni svolge attività di divulgazione: «Si è posta l’obiettivo - dice Laura - di scrivere un post su Facebook su questi argomenti ogni settimana. Poi gli zii e un’amica le hanno regalato un blog personale nel quale può inserire gli articoli dedicati ai temi che le interessano. All’inizio si è dedicata alle specie in via d’estinzione».

L’idea le è venuta dopo aver visto un documentario sui lupi: «Mi sono resa conto - chiarisce - che spesso sono le paure immotivate degli umani a creare un’incomprensione e un pregiudizio nei confronti degli animali. L’antidoto per l’incomprensione è la conoscenza reciproca che rispetti tutti, ognuno con le sue caratteristiche. Mi mettono molta tristezza gli animali chiusi in spazi ristretti».

Così, dopo i primi cento post su natura e specie selvatiche, dal novembre scorso ha preferito concentrarsi sui cani: «Abbiamo avuto per tanti anni una cagnolina adottata in canile, Dixie - ricorda Marta -, che purtroppo ora non c’è più, è morta l’autunno scorso. Ho pensato che ci sono tanti cani abbandonati nei canili, così mi è venuta l’idea di impegnarmi come posso per farli incontrare con famiglie adatte a loro. Per esempio ci sono cani che hanno bisogno di correre, altri che invece stanno bene in appartamento. Creo descrizioni dettagliate del temperamento delle diverse razze, in modo che sia possibile valutare e scegliere in modo ponderato e consapevole quale creatura accogliere in casa».

I suoi impegni sociali sono iniziati nel 2017: «Grazie alla prima esperienza di self advocacy come speaker al Pavilion Unicredit di Milano - racconta -, ho scoperto di avere la capacità di parlare bene in pubblico e di rappresentare bene il tema della scuola. All’Onu ho portato il mio messaggio di inclusione, con l’invito a non lasciare indietro nessuno. Penso che questi interventi servano ad aiutare sia la mia associazione sia le persone con disabilità, come me, a far sentire la propria voce, sensibilizzando gli insegnanti sull’importanza della diversità».

Marta si prepara confrontandosi con la mamma Laura, che come interprete partecipa a numerosi convegni: «La prima volta - spiega - le ho spiegato con chiarezza cosa comportasse l’impegno che le era stato richiesto. Marta si è documentata, ha chiesto quali punti doveva trattare, abbiamo strutturato insieme una scaletta in cui lei ha inserito i suoi pensieri e ha preparato un discorso». Non ha letto una presentazione: «Ho parlato a braccio» dice sorridendo, e questo è il suo punto di forza: grazie alla sua spontaneità arriva al cuore dei suoi interlocutori. È stata chiamata a intervenire in tanti altri contesti, incontri ma anche lezioni nelle scuole, per parlare di inclusione in classe e dell’importanza delle parole. «È una bella esperienza - commenta Laura - di responsabilità e impegno, che la costringe a essere più consapevole degli argomenti che affronta, la stimola a crescere e a migliorarsi, facendosi portavoce anche di altre persone che non hanno le sue stesse possibilità».

Il sogno di Marta, andare a vivere da sola

Fra i sogni di Marta c’è anche quello di andare a vivere da sola: «Grazie a mia madre e ai volontari dell’associazione Agpd ho avuto gli strumenti per poter costruire la mia vita futura e continuo ad impegnarmi per prepararmi ad una vita autonoma, felice, stimolante e piena di responsabilità in vista di un possibile progetto abitativo futuro. Sarebbe bello».

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