Rispecchiarsi nella storia di Clara Maffei per ritrovare pezzi di sé e medicare ferite

LA STORIA. Teatro e cortometraggio nel progetto realizzato da pazienti e personale della Cra di Piario.

Clara Maffei, nobildonna e patriota bergamasca, ha uno sguardo vivace e un sorriso enigmatico nel ritratto del pittore Francesco Hayez, che fu uno dei suoi amici, frequentatore assiduo del suo celebre salotto milanese a metà dell’Ottocento. L’espressione dei suoi occhi in quel dipinto, ora esposto al Mat (Museo Arte Tempo) di Clusone, lascia intuire che dietro gli abiti eleganti e l’aspetto composto si celava un animo inquieto e pieno d’ardore, che rese infine Clara un’eroina del Risorgimento italiano.

In atto uno spettacolo teatrale diretto da Umberto Zanoletti con una compagnia mista (pazienti, personale, amici e conoscenti reclutati con il passaparola sul territorio), la realizzazione di un cortometraggio, un gruppo di lettura, una collaborazione con la scuola di Sovere e la sua orchestra inclusiva Bequadro, laboratori creativi nelle scuole di Clusone, la partecipazione alla rassegna «Librarsi - Camminar Leggendo» e infine una mostra

Scorrendo la sua biografia, però, si scopre molto di più: si trovano i segni della fragilità, del dolore, di molte cadute e rinascite. Era una donna coraggiosa che non si arrendeva mai, non si curava dei giudizi degli altri, sfidava le convenzioni e le rigidità del suo tempo. Non stupisce quindi che sia diventata «Un’amica a tutta prova», cuore di un progetto d’ampio respiro a Clusone, fonte d’ispirazione per un percorso speciale intrapreso negli ultimi due anni da pazienti e personale della Comunità Riabilitativa Alta Assistenza (Cra) di Piario.

Ogni paziente ha avuto l’occasione di specchiarsi nell’esperienza della contessa Maffei e di ritrovare in essa un pezzo di sé, raccogliendo elementi utili per crescere, colmare vuoti, medicare ferite e seguire la propria strada. «Sono convinta - sottolinea Irene Ferretti, psichiatra della comunità - che la cultura possa essere un potente mezzo di riabilitazione. Seguire le tracce di Clara Maffei ci ha portato a scoprire molto su di lei: ha avuto vicende di vita difficili ma ha trovato strumenti personali di riscatto. Ha usato la cultura, la conoscenza, le relazioni come via di resilienza, e lo stesso abbiamo fatto noi, che ci occupiamo della malattia ma anche di far emergere e valorizzare le parti sane delle persone».

Accogliendo l’idea di Claudio Rota, storico dell’arte e presidente del Comitato Clara Maffei che sta realizzando un’approfondita ricerca sulla sua vita e le opere, la dottoressa Ferretti ha coinvolto i pazienti e il personale della struttura in un’attività che si è declinata in modi diversi: uno spettacolo teatrale diretto da Umberto Zanoletti con una compagnia mista (pazienti, personale, amici e conoscenti reclutati con il passaparola sul territorio), la realizzazione di un cortometraggio, un gruppo di lettura, una collaborazione con la scuola di Sovere e la sua orchestra inclusiva Bequadro, laboratori creativi nelle scuole di Clusone, la partecipazione alla rassegna «Librarsi - Camminar Leggendo» e infine la mostra appena inaugurata al Museo Arte Tempo (Mat) di Clusone (aperta fino al 13 ottobre, info www.museoartetempo.it) con la partecipazione dell’amministrazione comunale, la biblioteca, tante realtà del territorio.

Rompere l’isolamento post Covid

Il primo obiettivo è stato rompere l’isolamento derivato dagli anni della pandemia, in cui la struttura di Piario è rimasta aperta, ma ha dovuto interrompere le relazioni con l’esterno. «Non è stato facile interfacciarsi con altre realtà - sottolinea Luca Morandi, coordinatore della comunità e del dipartimento di salute mentale dell’Asst Bergamo Est - e adattare i nostri ritmi di lavoro in modo flessibile, ma ne è valsa la pena».

All’inizio c’è stata un po’ di diffidenza: «È stata un’occasione per superare i pregiudizi sulle persone con disturbi psichici - osserva Paola Moioli, educatrice della comunità -. C’era un po’ di timore nella prima fase, ma in realtà poi le interazioni sono state molto naturali, anche se con qualche fatica. Ci siamo dovuti impegnare ma è stato davvero bello e importante aprirsi verso l’esterno».

La Comunità di Piario ospita una ventina di pazienti, in questo momento in gran parte giovanissimi, tra i 18 e i 25 anni: «Non esiste per loro una cura definitiva – osserva Irene Ferretti –. Molti devono adattarsi a terapie importanti e con effetti collaterali. Anche per questo è fondamentale aiutarli a essere consapevoli delle loro potenzialità e di ciò che possono fare»

Così si sono avviati piccoli e grandi processi di trasformazione. Margherita, per esempio, una delle ospiti della struttura, ha sentito scattare qualcosa quando ha indossato uno splendido abito d’epoca per interpretare Clara Maffei: «Sono una persona molto riservata, questa esperienza mi ha aiutato ad aprirmi. Non credevo di essere in grado di esibirmi in pubblico, fino all’ultimo non sapevo se sarei riuscita davvero ad andare in scena, fra l’altro in quel periodo dovevo usare le stampelle. Quando ho indossato quel vestito mi sono emozionata moltissimo, mi sono sentita un’altra, e chi mi ha visto mi ha confermato di aver scoperto qualcosa di diverso in me. Anche i miei genitori sono venuti e mi hanno portato una rosa, un dono inaspettato che mi ha commosso».

La Comunità di Piario ospita una ventina di pazienti, in questo momento in gran parte giovanissimi, tra i 18 e i 25 anni: «Non esiste per loro una cura definitiva – osserva Irene Ferretti –. Molti devono adattarsi a terapie importanti e con effetti collaterali. Anche per questo è fondamentale aiutarli a essere consapevoli delle loro potenzialità e di ciò che possono fare».

C’è chi, come Valentina, grazie alle relazioni costruite durante questo progetto ha avuto un’opportunità di inserimento lavorativo in una scuola: «Alla fine della giornata a volte sono un po’ stanca - commenta - ma sono felice di essermi resa utile e di aver evitato di pensare troppo, come a volte mi capita. Il progetto su Clara Maffei mi ha aiutato a superare la timidezza e ad acquistare più fiducia in me stessa. Mi ha colpito scoprire che lei ha perso una figlia di nove mesi, ho pensato che questo dolore forse un po’ ci accomuna. Nonostante questo, è stata capace di reagire e di aiutare moltissime persone». Andrea, invece, sta pensando addirittura di dedicare a Clara la sua tesi di laurea: «Uno dei miei obiettivi è la laurea in Lettere. Ho scoperto la figura di Clara Maffei qui nella comunità e penso che sia una donna formidabile, anticonvenzionale, all’avanguardia per l’epoca. Ha affrontato la vita in modo coraggioso, senza farsi scalfire dai giudizi degli altri».

Ci sono stati momenti difficili, ostacoli che occorreva disinnescare, come ricorda Matteo: «A un certo punto ho avuto un crollo, ma poi mi sono ripreso. Partecipare al gruppo di lettura e alle riprese del video mi è stato d’aiuto. Ho incontrato persone nuove, ho superato i miei limiti. Mi hanno colpito molto l’umiltà e l’impegno di Clara». Ormai tutti nella comunità la chiamano familiarmente per nome, proprio come un’amica. Collaborare al di fuori della routine quotidiana ha contribuito a rafforzare il gruppo: «Costruire nuovi processi e legami - chiarisce Irene Ferretti - produce risultati importanti per il gruppo di lavoro e per il territorio».

Nuove prospettive ed equilibri

Si sono modificati prospettive ed equilibri tra pazienti e personale, che hanno condiviso tanti momenti di ricerche, studio, prove, letture e perfino la paura del palcoscenico: «Abbiamo scoperto - sottolinea Mara Contessi, infermiera - lati diversi dei nostri pazienti, allo stesso modo anche loro hanno imparato a conoscerci in un altro contesto».

Ci sono stati momenti straordinari come la giornata trascorsa all’Accademia Tadini per girare il cortometraggio diretto da Matteo Zanga, fotografo e videomaker, uno dei maestri d’arte della comunità, e la gita a Milano per presentare il progetto a un incontro promosso da un centro culturale: «I nostri pazienti - continua Mara - si sono messi in gioco nonostante abbiano un’emotività accentuata, a volte ingombrante».

«Ascoltando i racconti dei pazienti - commenta Lorena Mazzoleni, psicologa - ho notato un miglioramento nella capacità di ascolto e di attenzione. Questo progetto li ha stimolati a dare il meglio di sé»

Le ricadute sono state positive: «Ascoltando i racconti dei pazienti - commenta Lorena Mazzoleni, psicologa - ho notato un miglioramento nella capacità di ascolto e di attenzione. Questo progetto li ha stimolati a dare il meglio di sé». La vita della comunità e le terapie sono comunque proseguite come al solito: «Siamo andati avanti con i turni - aggiunge Paola -, le crisi, le guardie, le urgenze, giornate in cui pensavamo solo alle situazioni da affrontare, senza distrazioni. Guardare le cose da un altro punto di vista, però, è stato arricchente per tutti».

Ora la comunità si sta impegnando nella preparazione di tanti eventi collaterali legati alla mostra «Un’amica a tutta prova» al Mat, curata da Claudio Rota e Irene Ferretti, realizzata con la collaborazione del Comune, della Fondazione Clara Maffei e con numerosi patrocini. L’esposizione approfondisce con quadri, documenti, lettere e oggetti la presenza della contessa a Clusone, dove si recava per ritrovare la serenità, passeggiando nei boschi, invitando amici illustri come Giuseppe Verdi. La scuola dell’infanzia, che ancora oggi porta il suo nome, nacque grazie a un suo lascito. «C’è una sala - racconta Ferretti - dedicata al nostro progetto, con immagini, racconti, il disegno del logo del Comitato Clara Maffei e l’albero genealogico della famiglia realizzati dai nostri pazienti. Ci sono foto, libri che abbiamo letto e studiato, le locandine degli eventi realizzati, la raccolta dei ritratti della contessa realizzati dai bambini delle scuole durante i laboratori». Anche nella mostra gli ospiti della comunità interpreteranno un ruolo da protagonisti, facendo da guida ai visitatori. Stanno preparando anche una performance musicale, interpretando in forma corale alcuni brani dell’epoca, e in particolare uno composto per Clara Maffei da un amico musicista, con la guida di una delle operatrici che canta in un coro.

«Questo progetto - osserva Irene Ferretti - è stato per tutti una fonte importante di energia in un momento non facile per il sistema sanitario. La storia di Clara Maffei ci ha affascinato e abbiamo seguito questo interesse: anche nella psichiatria la cultura è un punto di partenza importante». Le conquiste fatte in questo periodo «costituiscono la base per affrontare la vita, superando paure e limiti personali», credere nei sogni, costruire tracce di futuro.

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