«Rete tra famiglie contro la solitudine per crescere i nostri “bambini speciali”»

GRASSOBBIO. Loanna e Massimo raccontano le gioie e le fatiche della vita con Zoe, 4 anni, con diagnosi di autismo.

Zoe ha solo quattro anni, ma si mostra già intrepida nel camminare sul filo di tanti equilibri. Muove i suoi passi per gioco sui muretti del parco, e la sua audacia ci ricorda, nello spirito, il funambolo francese Philippe Petit, che nel 1974 camminò su un cavo lungo 60 metri sospeso a più di 400 metri d’altezza da una torre all’altra del World Trade Center di New York e scrisse: «Chi è fiero della propria paura osa tendere cavi sui precipizi; si lancia all’assalto dei campanili; allontana e unisce le montagne». Gli abissi di Zoe sono quelli del «disturbo dello spettro autistico», che le è stato diagnosticato quando aveva poco più di un anno. A permetterle di fare piccoli progressi è la rete d’amore, tenacia e coraggio intessuta dalla sua famiglia, con tanta fatica: la mamma Loanna con il compagno Massimo, le sue sorelle di 15 e 12 anni.

Il post su Facebook

Sul suo percorso ha trovato tanti ostacoli e tanta solitudine, con tutti i pregiudizi che circondano chi è in qualche modo «speciale», perché «ci vuole ancora tanto lavoro – sottolinea Massimo – perché la società diventi davvero inclusiva. Le famiglie spesso si sentono abbandonate». Lo ha provato sulla sua pelle, qualche settimana fa, con un piccolo esperimento: ha pubblicato un post in un gruppo su Facebook in cui invitava altri genitori di «bambini speciali» a un appuntamento al parco per stare un po’ insieme, giocare, scambiarsi opinioni. Molti gli hanno mostrato solidarietà e appoggio «virtuale»: «Sono rimasto stupito, il mio post ha avuto quasi seicento reazioni, davvero non me l’aspettavo. Sono andato al parco con molte speranze, ho portato bibite e biscotti da condividere con gli altri, ma alla fine non si è presentato nessuno. Peccato».

Le difficoltà quotidiane

Eppure, a volte basterebbe poco per creare piccole occasioni di sollievo. Massimo, originario del Trentino, individua per esempio alcune possibilità in ambito sportivo: «Ho scoperto che esistono tandem adatti per portare in giro bambini come Zoe, con seggiolini adatti anche ai tetraplegici. Sono elettrici, a pedalata assistita, perciò possono essere usati anche da chi non ha un grande allenamento. Ovviamente non sono mezzi economici, costano circa quindicimila euro, per una famiglia è un grosso investimento e non tutti se lo possono permettere. A me basterebbe usarlo una volta alla settimana con Zoe. Sarebbe bellissimo se qualche associazione locale ne acquistasse uno, magari con una raccolta fondi, e poi lo noleggiasse alle famiglie a un prezzo accessibile».

I bambini autistici, infatti, spesso incontrano maggiori ostacoli nello svolgere attività sportiva: «Mi piacerebbe – aggiunge Massimo – portare Zoe a fare un corso di arrampicata, dato che ama sfidare l’equilibrio, ma ci vorrebbe una situazione adatta. Per i bambini con autismo non è sempre facile accostarsi allo sport».

I primi segnali

Nata nel pieno della pandemia, una circostanza che ha aggiunto difficoltà alla sua mamma, Zoe ha manifestato precocemente dei comportamenti insoliti: «A un certo punto – spiega Loanna – ho notato che trascorreva tanto tempo guardando nel vuoto e battendo le mani sul calorifero, e si mostrava molto infastidita se c’erano in casa altre persone estranee alla famiglia. Non le piaceva trovarsi in mezzo alla confusione. Quando ho ricominciato a lavorare l’ho portata al nido, ma dopo sei mesi le educatrici si sono accorte che non faceva progressi e mi hanno consigliato una valutazione. A quel punto è arrivata la diagnosi».

Sempre più autonoma

Loanna, che per qualche anno ha studiato Medicina, non si è spaventata e non si è data per vinta: «Per molti anni ho fatto la babysitter e in questo percorso avevo già conosciuto bambini autistici e mi era capitato di occuparmene direttamente. Ho pensato subito che la linea d’azione migliore fosse investire tutte le energie per aiutarla a sviluppare le capacità di Zoe e renderla più autonoma possibile». Le hanno consigliato di rivolgersi alla Fondazione Angelo Custode: «Hanno svolto un ottimo percorso con Zoe, in un anno e mezzo l’hanno aiutata a socializzare correttamente con gli altri bambini e a rendersi più indipendente, imparando per esempio a lavarsi le mani e a stare seduta a tavola. Alla scuola dell’Infanzia accetta la vicinanza degli altri bambini e lo scambio di giochi».

Quegli occhi profondi che sembrano sempre guardare altrove e i silenzi della bimba a volte disarmano le persone che ha vicino: «Non parla ancora – continua la mamma –, e dall’anno scorso ha iniziato ad avere, talvolta, fortissime crisi di rabbia. Fin dalla prima volta mi è venuto il sospetto che volesse comunicare, ma senza riuscirci».

Quegli occhi profondi che sembrano sempre guardare altrove e i silenzi della bimba a volte disarmano le persone che ha vicino: «Non parla ancora – continua la mamma –, e dall’anno scorso ha iniziato ad avere, talvolta, fortissime crisi di rabbia. Fin dalla prima volta mi è venuto il sospetto che volesse comunicare, ma senza riuscirci».

Per sviluppare questo aspetto Loanna ha portato Zoe in un centro che applica il metodo Aba (acronimo per Applied Behaviour Analisys), considerato particolarmente efficace nei casi di autismo: attraverso lo studio del comportamento e delle relazioni funzionali con l’ambiente aiuta infatti a ridurre i comportamenti disfunzionali, a migliorare e aumentare la comunicazione, l’apprendimento e i comportamenti socialmente appropriati.

«Gli esperti che la seguono – sottolinea Loanna – si sono concentrati sul linguaggio. Ora Zoe dice ciao e fa segno con la mano. Hanno dato alle maestre alcuni suggerimenti e tecniche per comunicare con lei e ci riescono. Frequenta la scuola dell’Infanzia paritaria di Grassobbio con insegnante di sostegno ed educatore, e ci troviamo davvero molto bene, in un’atmosfera molto accogliente, di attenzione e cura».

I genitori soli

Non è una bambina facile da gestire: «I genitori – osserva Loanna – in questi casi vengono lasciati molto soli. Zoe non è autonoma, manifesta difficoltà persistenti ad acquisire abilità autonome, per esempio non va in bagno da sola, quando è a casa non posso mai lasciarla, perché la mia presenza la rassicura e le permette di stare tranquilla, diradando un po’ le sue crisi. Nonostante questo, non le è stata riconosciuta l’indennità di accompagnamento. Il mio stipendio, con tre figlie da mantenere e tutte le terapie di Zoe, è necessario, non posso di certo restare a casa dal lavoro. Ho chiesto di poter avere un aiuto, ma ci sono voluti molti mesi per ottenere un educatore. In questi anni mi sono trovata tante volte in difficoltà emotiva, fisica e psicologica, con l’impressione che nessuno ne tenesse conto. La situazione delle famiglie con bambini speciali, che mettono in atto un surplus di energia e di cura, fino al limite delle proprie forze, merita più attenzione da parte delle istituzioni. I problemi si moltiplicano per i genitori single e per le persone come me, che non hanno una grande rete familiare a cui appoggiarsi. Manca un circuito adeguato di sostegno, che invece è davvero necessario. Nel tempo ho incontrato tanti genitori, tutti in gravissime difficoltà nel gestire il lavoro e i figli, perché privi degli aiuti necessari. Per di più le terapie di Zoe sono tutte erogate in privato. All’inizio ho provato ad appoggiarmi all’Unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, ma i tempi di attesa erano lunghissimi».

Loanna può contare anche sulla sua comunità parrocchiale: «Abitiamo a Grassobbio ma siamo legati alla comunità di Basella dove le mie figlie hanno frequentato le scuole e tuttora partecipano alla catechesi. Prima che nascesse Zoe anch’io mi sono impegnata come catechista, coinvolta da un’altra mamma, ora purtroppo non riesco più. In questo ambiente ho trovato amiche preziose che si sono mobilitate in mille modi per aiutarmi, sapendo che ne avevo bisogno».

Le paure e le sfide

Secondo Zygmunt Bauman, sociologo e filosofo, «ciò che non siamo in grado di gestire ci è ignoto, e l’ignoto fa paura. La paura è un altro nome che diamo al nostro essere senza difese». Anche per Zoe e la sua famiglia il futuro è pieno di incertezza: «Non c’è un itinerario preciso, ogni bambino è diverso – commenta Loanna –. Stiamo scoprendo che con la crescita aumentano le difficoltà, anche se cerchiamo di affrontarle in modo creativo. La sera, per esempio, Zoe si agita molto prima di dormire, ci vuole un’ora di impegno per farla addormentare. È molto abitudinaria, mangia sempre le stesse cose, è arduo farle seguire un’alimentazione equilibrata. Ci chiediamo spesso se prima o poi ci regalerà un sorriso. Il mio più grande timore, però, è chi se ne occuperà quando non ci saremo più, anche su questo a mio parere a livello generale mancano riflessioni e soluzioni convincenti».

Gli imprevisti

La famiglia di Zoe ha imparato ad affrontare gli imprevisti. Lei sfida la gravità con i suoi esercizi di equilibrio, cade ma poi si rialza e continua il suo percorso, senza curarsi del pericolo. Loanna e Massimo hanno adottato lo stesso atteggiamento, sapendo che è vietato arrendersi: «Diventiamo creativi in tutto per rendere la sua vita più facile, e proviamo gioia per ogni piccola conquista. Sappiamo che può capitare qualunque cosa, che non abbiamo certezze, ci vogliono tanto coraggio e tenacia per affrontare ogni giornata. Vorremmo darle tutto ciò di cui ha bisogno, facciamo il possibile. Molti genitori di bambini “speciali” hanno paura di esporsi, temono i giudizi della gente, ed è comprensibile, perché spesso l’inclusione resta solo sulla carta. Noi però siamo convinti che l’unione faccia davvero la forza, e speriamo che in futuro sia possibile creare legami di aiuto reciproco con altre famiglie, e promuovere maggiore sensibilizzazione nei confronti di enti e istituzioni pubbliche. Nel nostro piccolo cerchiamo ogni giorno di trovare un senso, un motivo, con molta pazienza e spirito di adattamento, con la speranza di conquistare un futuro migliore per Zoe, e ci auguriamo di poter contribuire a creare una società migliore e più accogliente per tutti i bambini come lei».

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