Poesia, sport, università, volontariato: «Così mi metto alla prova, oltre la cecità»

LA STORIA. Iris Tarantola, giovane di Trezzo, racconta le sue continue sfide: «Ho detto no alla campana di vetro».

Ventun anni e tanta voglia di abbracciare la vita: «Io sono il vento che corre tra i faggi» scrive Iris Tarantola, 21 anni, non vedente, in una delle poesie pubblicate nella sua prima silloge «Alla luce della luna» (edizioni L’inedito). Sempre in movimento, nativa di Trezzo sull’Adda, da quando aveva dieci anni fa parte di Omero Bergamo, Associazione sportiva dilettantistica che si propone di avvicinare allo sport ragazzi non vedenti e ipovedenti.

Studia Scienze dell’Educazione all’Università di Bergamo e di recente ha iniziato anche a lavorare come centralinista nel Palazzo uffici del Comune in piazza Matteotti con la cooperativa «La sfida» dell’Unione Ciechi: «Mi piace mettermi alla prova - spiega - e accogliere le opportunità che mi si presentano».

La laurea nel 2025

Ha fatto tesoro di ogni esperienza vissuta, coltivando il desiderio di aiutare in futuro altre persone con disabilità visiva ad avere una vita piena e realizzata, conquistando una completa autonomia: «Se tutto va bene - racconta - vorrei laurearmi a novembre 2025. Poi mi piacerebbe frequentare il Corso di laurea magistrale in Consulenza pedagogica per la disabilità e la marginalità all’Università Cattolica di Milano».

L’associazione Omero Bergamo

A sostenerla è stato anche il cammino compiuto con Omero: «Sono davvero grata a Emanuele Sangalli, docente di educazione fisica della mia scuola - chiarisce Iris - per avermi fatto conoscere l’associazione, invitando alcuni atleti a fare una dimostrazione di alcune discipline per gli studenti. Fino a quel momento la mia vita sociale, infatti, era molto limitata; non uscivo quasi mai di casa, se non con le mie amiche più care, come accade a tanti bambini e ragazzi con disabilità visive».

Tra campana di vetro e sperimentazioni

Nella sua famiglia avevano pareri discordanti: «C’era il partito della campana di vetro - scherza Iris - che aveva un comportamento più protettivo, nel timore che potessi farmi del male, e poi quello della sperimentazione, che invece mi stimolava ad affrontare le difficoltà per imparare il più possibile, in modo da sviluppare e rafforzare le mie capacità. Sono dell’idea che sia meglio sbagliare e imparare dai propri errori. Capita a tutti di fare qualche stupidaggine ed è utile per crescere». Di questa opinione, in particolare, il nonno Giuseppe, che ora non c’è più, al quale ha dedicato il suo primo libro: «È stato un punto di riferimento per me - ricorda Iris -. Mi ha incoraggiato a credere in me stessa e nei miei sogni, a impegnarmi per realizzarli. Lo sento ancora vicino a me».

Da sola sui mezzi pubblici

Ha imparato a spostarsi da sola con i mezzi pubblici: «Li trovo comodi e abbastanza affidabili. Sulle linee urbane di Atb hanno attivato la sintesi vocale, che annuncia le fermate, le linee e i percorsi. Uno strumento molto utile, purtroppo, però, deve ancora essere perfezionato. Mi capita, infatti, che le fermate vengano segnalate in ritardo, e per una persona non vedente scendere nel posto sbagliato non è un inconveniente di poco conto. A volte, poi, l’arrivo di un mezzo viene segnalato quando ha già chiuso le porte e sta per partire, e questo rende impossibile salire, si deve aspettare la corsa successiva».

L’emozione del concerto di Ultimo

Solare, ottimista, curiosa, Iris non vuole precludersi nulla: «Poco tempo fa sono stata con una mia amica al concerto di Ultimo. Quando mi ha invitato ad andarci con lei pensavo che scherzasse. Poi, però, quando è arrivato il momento ero felice ed emozionata. Non mi piace stare in tribuna, preferisco la platea, in mezzo alla folla, per sentire non solo le canzoni - che si possono ascoltare anche a casa - ma per condividere le reazioni del pubblico, ballare, cantare».

La disabilità visiva di Iris è emersa subito dopo la nascita: «Non è un problema genetico - chiarisce -. I medici mi hanno sottoposta a tutti gli accertamenti del caso, e hanno concluso che purtroppo è capitato così, senza motivi particolari. All’inizio sembrava che la mia fosse cecità assoluta, poi, intorno ai tre anni, gli specialisti hanno corretto in cecità parziale. Grazie a un piccolo residuo visivo riesco a distinguere alcuni dettagli della realtà e i colori, che però interpreto a modo mio: se il cielo per gli altri è grigio, può capitare che per me sia viola». I suoi occhi sono molto sensibili alla luce, ma preferisce non indossare gli occhiali da sole: «Con le lenti scure non percepisco più nulla di ciò che mi circonda». Iris, invece, ama lo smalto a tinte brillanti e le sfumature del tramonto, come si legge nei suoi versi: «Il tramonto, per la bella mano di un pittore / è la felicità in queste particolari ore. / Il tramonto io lo adoro / perché ha l’acqua color oro».

L’esperienza scolastica di Iris

La sua esperienza scolastica è stata nel complesso positiva: «Mi ha dato molto - commenta - anche se nei metodi e negli strumenti dedicati agli allievi con disabilità visiva ci sono aspetti che si possono migliorare. Non è facile, per esempio, mantenere continuità nella presenza delle figure dell’insegnante di sostegno e dell’assistente alla comunicazione, che per me sono state un punto di riferimento importantissimo». La sua inclinazione verso una professione in ambito educativo è nata proprio dal rapporto con gli insegnanti che l’hanno seguita e dai suoi studi al liceo delle scienze umane all’istituto Betty Ambiveri di Presezzo.

L’aiuto degli insegnanti e della poesia

Non si è sentita emarginata perché «diversa»: «Ho incontrato insegnanti che mi hanno aiutato a sviluppare le mie capacità, a partire dalla scrittura. I miei compagni disegnavano molto, per me in quei momenti era naturale scrivere, lasciando correre la fantasia. Mi piaceva inventare storie e racconti, finché a un certo punto mi sono resa conto che la prosa non faceva per me, e mi sono dedicata alla poesia. Ricordo in particolare un laboratorio creativo condotto in classe da un poeta. In quell’occasione ho scritto la mia prima poesia intitolata “Dentro di me”, che poi è stata letta davanti a tutti. Una grande emozione per me, mi sono sentita ascoltata e valorizzata». In quella composizione Iris offre in modo simbolico ed evocativo la sua personalissima prospettiva sul mondo: «Dentro di me / ho costruito una strada... Chiudo gli occhi / e guardo oltre le cose essenziali». Dopo la pubblicazione del primo libro, ora ne sta preparando un altro: «Sarà più positivo e solare, ci sto lavorando».

«Non mi piace dipendere dagli altri»

È arrivato il momento in cui i compagni di classe di Iris hanno iniziato a prendere la patente: «Sarebbe piaciuto anche a me avere un mezzo di trasporto a disposizione, ma alla fine ho imparato a usare i mezzi pubblici, e capita spesso che gli amici si offrano di riaccompagnarmi a casa in auto a fine serata. Cerco di essere il più possibile autonoma, non mi piace dipendere dagli altri, mi infastidiscono anche gli eccessi di premure e di apprensione».

Partecipare alle attività del Gruppo giovani di Omero le ha aperto nuovi orizzonti: «Ho conosciuto altri giovani con disabilità simili alla mia, e questo mi ha confortato, mi ha fatto sentire meno sola. Ho scoperto che anche loro si ponevano le mie stesse domande: come faccio ad andare al bar con gli amici, a spostarmi da sola, a migliorare la mia autonomia nella vita quotidiana?». Le risposte non sono arrivate tutte in una volta: sono emerse pian piano, sfruttando la possibilità di confrontarsi e di mettere in comune idee e soluzioni.

Negli ultimi tempi si è tolta qualche soddisfazione nelle vesti inedite di insegnante: «È entrato nell’associazione Omero un signore che ha perso la vista da poco tempo. Ha manifestato il desiderio di imparare a leggere in Braille e mi sono offerta di insegnarglielo. Nel giro di tre settimane ha imparato, ed è stata una gioia vederlo ottenere risultati così brillanti, e constatare quindi che le mie lezioni hanno avuto riscontro positivo».

Aiutare gli altri, una vocazione

Aiutare gli altri, conoscere da vicino la fragilità fa parte della natura di Iris: «Mi sono resa conto che spesso siamo imprigionati dai nostri pregiudizi. Quando cammino per le strade nella zona della stazione di Bergamo, per esempio, spesso sono gli stranieri ad aiutarmi, a segnalarmi un pericolo o un ostacolo». Anche per questo Iris ha deciso di svolgere attività di volontariato al dormitorio del Galgario e in particolare nello spazio Irene, dedicato alle donne senza dimora: «Per diversi mesi ho partecipato ogni lunedì mattina, poi ho momentaneamente sospeso a causa dei tanti impegni. Ho incontrato belle persone, sia fra gli operatori sia fra gli utenti. Le donne venivano per farsi una doccia e per dormire, ma trovavamo il tempo anche per chiacchierare, mangiare qualcosa insieme, prendersi cura di sé con gesti molto semplici, come mettersi il trucco o lo smalto».

La passione per i viaggi

Iris ama viaggiare: «Sono stata con le amiche in Polonia e in Ungheria, ora stiamo programmando di visitare Amsterdam». L’estate scorsa ha partecipato a un viaggio in barca a vela: «Siamo andati in Francia, eravamo in 16, un gruppo misto con persone vedenti e non vedenti, con l’associazione “Handarpermare - la vela senza barriere”. Per una settimana ho condiviso lo spazio ristretto di un’imbarcazione con persone sconosciute, è stata una bella sfida. Ho imparato molte cose nuove, ne sono stata entusiasta».

Lo sport come punto fermo

Lo sport è sempre presente e rende la vita più bella: «Mi piace l’atletica, mi alleno e partecipo alle gare con “Omero” ma per me l’aspetto più importante è fare parte di un gruppo e divertirmi, non ho grandi mire agonistiche. Mi ha fatto piacere, però, essere con la squadra che ha corso la staffetta 4x100 a Roma nell’ottobre scorso stabilendo il record italiano al campionato nazionale delle società, con Valentina Petrillo, Margherita Paciolla e Debora Longo. Questi successi lanciano un messaggio più ampio e profondo: si possono raggiungere traguardi importanti nonostante una disabilità visiva».

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