Oui, c’est Paris! Quando i grandi sogni diventano più forti di ogni ostacolo

IL VIAGGIO. La bellissima esperienza di 5 ragazzi autistici della Fondazione Angelo Custode alla scoperta della città.

«Quale posto migliore di Parigi per sognare?» Dice il topolino Remy, che infrange gli schemi e diventa un grande chef nel film Disney «Ratatouille». Andare a spasso tra Disneyland, il Louvre e Montmartre è stato un sogno e una sfida vinta anche per cinque ragazzi autistici e le loro tre educatrici del Centro diurno disabili Koinonia della Fondazione Angelo Custode di Bergamo. Hanno viaggiato su aerei, treni e metropolitane, sono saliti sulle montagne russe, hanno assaggiato piatti squisiti al ristorante, sono riusciti perfino ad «abbracciare» la Gioconda.

Quattro giorni magici

In quattro giorni magici hanno vissuto avventure che nessuno riteneva possibili, nell’ambito del progetto «Diamoci una mano: oltre i confini», portandosi a casa un ricco corredo di emozioni e conquiste. Ci sono voluti coraggio e impegno, ma sono riusciti a calare nella realtà concreta la frase di Anatole France scelta come ispirazione per questa iniziativa: «Per realizzare grandi cose non bisogna solo agire, ma anche sognare: non solo progettare ma anche credere».

Un’occasione speciale per lanciare il cuore oltre pregiudizi e protocolli per scoprire che, come dice Giuseppe Giovanelli, direttore generale della Fondazione Angelo Custode: «Porsi obiettivi ”alti” e mettere al centro le persone - non i loro limiti -, permette di ottenere risultati inaspettati».

All’inizio di questa storia ci sono Sebastian, Maddalena, Roberto, Simone e Daniel: giovani che nella vita quotidiana manifestano tante fragilità, tutti con autismo ad alto bisogno di sostegno. «Alcuni di loro non si esprimono verbalmente - spiega Claudia Costaioli, referente educativo del Centro Koinonia -, tutti hanno bisogno di situazioni stabili e punti di riferimento costanti, hanno un’autonomia limitata e reazioni a volte imprevedibili all’ambiente e alle relazioni interpersonali, ma grazie alla presenza di educatrici che conoscono bene, e ai rapporti di fiducia instaurati con loro nella vita quotidiana, si sono divertiti e non hanno manifestato comportamenti problematic».

Sperimentare una situazione nuova e diversa dal solito ha permesso di cambiare completamente punto di vista: «Ci sono abilità - sottolinea l’educatrice Sonia Valle -, che non si possono misurare nella routine abituale, anche per questo abbiamo pensato di creare percorsi esterni, fuori dall’ordinario».

«Porsi obiettivi ”alti” e mettere al centro le persone - non i loro limiti -, permette di ottenere risultati inaspettati»

È stato un cammino a tappe, che è stato avviato negli ultimi anni con weekend in montagna, soggiorni in bed-and-breakfast, trasferte per raccogliere agrumi nei frutteti della Sicilia e olive a Macerata, con un’interruzione a causa della pandemia: «Per un certo periodo - chiarisce Claudia - siamo stati costretti a fermarci, ma quest’anno abbiamo rilanciato le nostre proposte prevedendo anche soggiorni al mare in piccoli gruppi, in modo da offrire la possibilità di partecipare a tutte le venti persone che frequentano il Centro diurno».

I programmi di viaggio sono stati calibrati in base alle esigenze dei partecipanti, come sottolinea Attilio Viscardi, responsabile dell’Area disabilità adulti della Fondazione Angelo Custode: «Abbiamo disegnato un progetto adatto alle loro caratteristiche, superando i pregiudizi che portano a giudicare a priori cosa una persona con disabilità non può o non sa fare. Abbiamo preferito focalizzarci invece sulle risorse di ognuno, oltre i confini della diagnosi».

Il primo scoglio da superare è stato il viaggio in aereo: «Per preparare i ragazzi alla partenza - chiarisce Sonia - abbiamo visitato l’aeroporto, seguendo tutto il percorso che predispone al decollo». Ad affiancarli hanno trovato una squadra molto disponibile di Sacbo, composta da Anastasia Emanuelli, team leader dell’unità Pmr (passeggeri con mobilità ridotta), Alessandro Nori dell’unità Airport management e Gianni Facchetti, responsabile dell’unità Pmr. «Siamo molto grati, perché ci hanno affiancato con molta sensibilità e cura - aggiunge l’educatrice Giada Perico -, permettendoci anche di accedere a una simulazione di volo a Bagnatica, utilissima per chi non era mai salito su un aereo».

Al momento dell’imbarco, il gruppo è stato accompagnato sull’aereo e ha ottenuto la precedenza sugli altri passeggeri, un’attenzione che ha aiutato a tenere sotto controllo il nervosismo e l’ansia dell’attesa.

A Parigi il gruppo ha prenotato un’auto per coprire il tragitto dall’aeroporto fino all’appartamento prenotato per il soggiorno: «Abbiamo cercato di programmare il più possibile - sorride l’educatrice Miriana Sindone -, ma le nostre previsioni non sono sempre state rispettate, come accade in ogni viaggio abbiamo dovuto affrontare qualche imprevisto. I nostri ragazzi, però, sono riusciti a adattarsi, superando di gran lunga le nostre aspettative. Hanno affrontato bene anche le giornate più intense e piene di impegni».

La residenza parigina dove hanno alloggiato si trovava in periferia: «Abbiamo scelto una collocazione tranquilla - dice Giada -, vicina a una fermata della metro. Era un appartamento grande, dove era possibile trascorrere momenti di riposo senza essere disturbati e consumare insieme i pasti in modo comodo per tutti».

«Abbiamo percepito fin dall’inizio la loro curiosità e gioia verso questa esperienza»

Le educatrici si sono organizzate per gestire gli spostamenti nel modo migliore: «C’era sempre una di noi che chiudeva la fila - raccontano - in modo da non lasciare indietro nessuno, e non ci sono stati inconvenienti nemmeno nei passaggi rapidi da un mezzo all’altro. Anche nei tragitti più lunghi i ragazzi sono riusciti a stare con persone nuove con pazienza e rispetto. Abbiamo percepito fin dall’inizio la loro curiosità e gioia verso questa esperienza».

Lo conferma per tutti Simone: «Il viaggio è stato bello, ho scoperto posti nuovi. Mi è piaciuto molto andare a Disneyland e visitare la Torre Eiffel». Se nella Casa di Topolino ha rischiato un piccolo incidente diplomatico per il desiderio di spolverargli le orecchie e pizzicargli il naso, ha apprezzato anche gli incontri con Crudelia e la Regina di Cuori, due «grandi cattive» dei film Disney. Sulla torre si sono fermati al secondo piano: «Più in alto no - sottolinea Simone - perché guardare giù faceva un po’ paura».

Al Museo del Louvre sono stati accolti con gentilezza ed empatia: «Quando siamo arrivati nella sala dove è esposta Monna Lisa - ricorda Miriana - ci hanno aperto il cancello per farci avvicinare al capolavoro di Leonardo fino quasi ad abbracciarlo e permetterci di scattare una foto di gruppo. Ci guardavano tutti, c’era tanta gente, eravamo davanti all’opera, perciò ci inquadravano e fotografavano».

Nella loro visita alla città hanno scelto alcune delle tappe più suggestive e frequentate dai turisti, da Notre Dame a Montmartre, fino allo stadio, particolarmente apprezzato, perché i ragazzi seguono le partite di calcio.

«Anche noi - aggiunge Miriana - ci siamo emozionate e divertite moltissimo in questi giorni. Abbiamo conosciuto questi ragazzi al di là della loro disabilità, in un contesto diverso da quello del Centro diurno, dove ognuno indossa la sua “maschera” e adotta comportamenti consolidati: e questo vale anche per noi educatrici. Un’esperienza importantissima dal punto di vista professionale e umano».

«Porteremo con noi questa esperienza per sempre»

Per quanto ogni rischio fosse stato ponderato e calcolato, ora, tracciando un bilancio, le educatrici definiscono questa gita «la nostra follia parigina»: «Porteremo con noi questa esperienza per sempre - osserva Giada -. I ragazzi ci hanno sorpreso e insegnato molto. Abbiamo avuto l’occasione di osservarli in contesti diversi e insoliti, siamo usciti dalla nostra zona di confort, dagli schemi e dai percorsi convenzionali. I ragazzi in quattro giorni hanno stabilito un ritmo nuovo e diverso con spontaneità e naturalezza».

Al ritorno sono rientrati nelle loro abitudini come in un vestito comodo, che indossano volentieri, senza grandi contraccolpi: «Anche per i loro genitori - commenta Sonia - è stata un’esperienza straordinaria. Per una volta li hanno seguiti da lontano e sono venuti a prenderli all’aeroporto, come fanno normalmente con gli altri figli. Hanno ricevuto e condiviso con gioia e con un pizzico d’orgoglio le foto e le tappe del viaggio».

Ci sono state ricadute positive anche sulla vita quotidiana: «Il viaggio a Parigi - dice Giada - ci ha spinto a concentrarci sulle persone piuttosto che sulle terapie, instaurando una conoscenza più profonda, al di là della diagnosi, e a considerarne le reazioni sotto una luce diversa. I rischi sono sicuramente più elevati in situazioni come queste, ma ne vale la pena».

Questa avventura ha un alto valore simbolico: «I nostri ragazzi - afferma Attilio Viscardi - ci hanno dimostrato che le difficoltà si possono superare, e se ce l’hanno fatta loro è possibile anche per noi».

«Cimentarsi in imprese straordinarie aiuta a ottenere nuove consapevolezze»

San Francesco diceva: «Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile». Mettersi in gioco accanto alle persone più fragili guardandole negli occhi, con il coraggio di spingersi «oltre», offrendo vicinanza e dignità: «Spesso cimentarsi in imprese straordinarie - conclude Giovanelli - aiuta a ottenere nuove consapevolezze, chiarisce aspetti che prima sembravano incomprensibili. Stare accanto alle persone con disabilità non vuol dire solo offrire aiuto: è un rapporto a due sensi, con un movimento di reciprocità, tutti hanno qualcosa da imparare, e non è giusto puntare l’attenzione solo sui limiti». Il viaggio a Parigi non è un punto di arrivo ma una nuova partenza: «Stiamo già pensando a qualcosa di nuovo - sorridono le educatrici del centro Koinonia -. Siamo pronte per nuove sfide».

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