«Lo sport, una scommessa d’autonomia per imparare ad avere fiducia in se stessi»

LA STORIA. Alessandro Belotti, 75 anni, non vedente. Una vita da atleta, ora è dirigente dell’associazione Omero.

«Lo sport dà il meglio di sé quando ci unisce» scrive Frank Deford, commentatore sportivo e scrittore americano. Il percorso di Alessandro Belotti, 75 anni, nato e cresciuto a Gandosso, non vedente, atleta e dirigente sportivo, ha seguito lo stesso filo conduttore: «Ho sempre considerato lo sport – spiega – come un’esperienza umana che allarga gli orizzonti, facilita incontri e amicizie, porta nuove conquiste e rende la vita più bella».

Avere l’opportunità di allenarsi, fare parte di una squadra e dedicarsi all’attività agonistica per una persona con disabilità visiva non è scontato: «Oggi la situazione è migliorata – osserva Alessandro – quando ero bambino, invece, non c’erano associazioni aperte ai non vedenti, così ho iniziato tardi, dopo i trentacinque anni».Ci ha messo lo zampino anche qualche difficoltà di salute: «Avevo un problema cardiaco che per fortuna poi si è risolto».

La malattia congenita

Alessandro ha perso la vista a causa di una malattia congenita, peggiorata definitivamente intorno ai 18 anni: «Il mio percorso scolastico ne è stato molto influenzato, ho dovuto sospenderlo per un periodo proprio all’inizio della scuola primaria, su consiglio dei medici. Mi piaceva andare a scuola e ne ho sofferto molto. In seguito, ho cercato di recuperare il tempo perduto, condensando più anni in uno e dando gli esami da privatista. Ho frequentato poi l’istituto magistrale a Bergamo, superando l’imbarazzo di avere compagni di classe molto più giovani di me, fino al diploma. È stata una bella soddisfazione, arrivata dopo un periodo difficile. Al termine degli studi ho trovato lavoro come centralinista in un istituto bancario, dove sono rimasto fino alla pensione».

L’attività con Omero

Ha iniziato a dedicarsi all’attività sportiva con regolarità quando è nata l’Associazione sportiva dilettantistica Omero Bergamo, dedicata in modo specifico a ipovedenti e non vedenti: «All’inizio giocavo prevalentemente a torball. È uno sport rivolto, in primo luogo, a persone con disabilità visive. L’obiettivo è segnare punti facendo rotolare una palla sonora nella zona avversaria e difendere la propria porta. Ho ottenuto i piazzamenti migliori giocando con Dario Merelli, attuale presidente di Omero: per due volte siamo stati vicecampioni d’Italia. Mi sono cimentato per qualche anno anche nel goalball, disciplina di squadra simile al torball, con alcune differenze nell’allestimento del campo e nel peso della palla. Anche con questa squadra abbiamo raggiunto qualche buon piazzamento».

L’esperienza sportiva

L’aspetto più interessante per lui però non è mai stato ottenere medaglie o trofei: «Penso che lo sport sia un’esperienza che aiuta a socializzare, conoscere meglio i propri limiti e possibilità, e che offra una strada per raggiungere momenti di gioia e felicità».

In fondo, secondo Alessandro, non è così importante quale disciplina si sceglie di praticare: «Il vero obiettivo è riuscire a dare il meglio di sé, ciò che aiuta una persona a sentirsi valorizzata e importante. Lo sport non è fatto solo per chi vince, l’importante è riuscire a far emergere ciò che si sente nel cuore ed esprimere le proprie capacità».

L’importanza dello sport per i ragazzi con disabilità

Per i ragazzi con disabilità ha un’importanza fondamentale: «Molti rischiano di trascorrere le loro giornate chiusi in casa, senza opportunità di socializzazione e di svago. È evidente quindi che lo sport per bambini e ragazzi con disabilità ha un’importanza ancora più rilevante dal punto di vista fisico, psicologico e sociale. Dedicarsi allo sport significa scegliere un altro modo di vivere».

Può accadere che il primo approccio non sia entusiasmante, com’è accaduto ad Alessandro: «Quando ho provato per la prima volta a giocare a torball non mi appassionava. Ho deciso di proseguire comunque, mi sono sforzato di conoscere meglio e comprendere le regole e gli aspetti positivi di questa disciplina. Alla fine, sono rimasto nella squadra grazie alla bella atmosfera che si respirava in campo, la condivisione con altre persone».

L’atletica leggera

Si è messo alla prova anche nell’atletica leggera: «Il vantaggio principale è che si può praticare all’aperto e offre la possibilità di esprimersi pienamente e di valorizzare le capacità degli atleti, anche se io preferisco gli sport di squadra. Ciò che mi ha convinto a restare nell’ambiente e nell’associazione è stata la possibilità di viaggiare, stringere amicizie, conoscere posti nuovi in occasione delle trasferte. Ho incontrato tante persone che vivevano la mia stessa situazione: il confronto si è rivelato molto utile e prezioso». A un certo punto Alessandro ha deciso di entrare nel gruppo degli organizzatori delle attività di Omero: «Mi sembrava importante garantire che l’attività dell’associazione proseguisse e si espandesse, e che sempre più bambini e ragazzi avessero la possibilità di accedervi e di trovare la propria strada». È stato eletto vicepresidente dell’Asd nel 1992, presidente dal 1993, compito che ha mantenuto per 23 anni prima di passare il testimone a Dario Merelli, restando nuovamente vicepresidente, carica che mantiene anche oggi:

L’impegno in associazione

«Quando ho iniziato i soci erano 30, oggi sono 250, ma al di là dei numeri mi sembra importante proporre sempre nuove idee. Si può scegliere fra le diverse attività in base ai propri gusti. Se qualcuno vuole dedicarsi all’agonismo ben venga, ma per me l’aspetto più importante è imparare a stare con gli altri, condividere spazi ed emozioni, e imparare a essere più autonomi possibile». Si è sposato con Piera, che da 27 anni è segretaria dell’associazione. Alessandro fin dalla giovinezza si è impegnato a cercare strade per migliorare la sua autonomia e creare strategie personali per ottenerla: «Gandosso è un paesino di circa 1.500 anime, in cui resistono forti legami di solidarietà reciproca. Per raggiungere il mio posto di lavoro dovevo percorrere ogni giorno 27 chilometri fino a Bergamo, ho continuato a farlo per oltre trent’anni. Prendevo il pullman, dovevo cambiare linea a Credaro e da lì arrivavo in centro città, e per raggiungere l’ufficio potevo decidere se percorrere l’ultimo tratto a piedi o con l’autobus di linea. Certo, ogni tanto capitavano occasioni in cui il pullman non passava, a causa di scioperi o guasti, e per fortuna ho sempre trovato conoscenti e amici di buon cuore che mi hanno dato un passaggio in auto quando occorreva, anche solo per raggiungere la stazione di Grumello del Monte, dato che da lì potevo prendere il treno. Ovviamente lo spostamento così era più rapido e comodo. Devo davvero ringraziare tutte le persone che negli anni si sono offerte di accompagnarmi, rendendomi il pendolarismo più leggero. Certo per me, non vedente, poter uscire di casa e arrivare in ufficio in modo completamente autonomo è sempre stata una soddisfazione senza prezzo».

Negli anni ci sono stati molti cambiamenti, la sensibilità nei confronti dei non vedenti è migliorata: «Ora sugli autobus e su alcuni treni vengono diffusi messaggi audio, per offrire a tutti i passeggeri informazioni sul percorso. Dovrebbero farlo su tutti i mezzi del trasporto pubblico, proprio per favorire l’autonomia negli spostamenti e non costringere le persone a chiedere aiuto ai vicini di posto. Bastano un po’ di sensibilità e attenzione in più, a volte, anche da parte degli autisti, per accorgersi dei passeggeri non vedenti e aiutarli a salire sui mezzi». Anche le attività dell’associazione Omero con il tempo si sono moltiplicate e diversificate: «Abbiamo iniziato con il torball e l’atletica leggera, introducendo poi il calcio a cinque, e cercato di offrire opportunità sempre nuove, dallo sci nordico al nuoto. Ci siamo rivolti soprattutto a bambini e ragazzi per coinvolgerli fin da piccoli».

Cosa è cambiato

Restano tante barriere culturali e sociali: «Alcune famiglie – continua Alessandro – tendono a nascondere il problema, ed è sbagliato. Altri genitori non vogliono che partecipino, perché sono troppo preoccupati dell’incolumità dei figli, ma un bambino deve crescere in mezzo agli altri e vivere un bagaglio di esperienze ampio e vario, gli servirà per il resto della vita».

È fondamentale acquisire competenze sempre nuove, a partire dalle cose più semplici: «Non è banale imparare ad allacciarsi le scarpe, e fare alcune cose essenziali in casa, come prepararsi il cibo e stare a tavola. Mi è capitato di incontrare ragazzi che non uscivano con i coetanei perché non erano capaci di tagliare la pizza da soli. Mettersi alla prova è utile, aiuta ad ampliare gli orizzonti e a migliorare l’autonomia, è gratificante, anche se è più comodo, a volte, delegare ad altri».

Ci sono stati tanti episodi significativi nell’attività di Alessandro, fra l’altro consigliere della Federazione italiana sport disabili, prima a livello regionale e poi nazionale. Qualche anno fa ha ricevuto anche dal Coni la stella di bronzo al merito come dirigente sportivo: «Mi ha sempre dato molta emozione – racconta – vedere i ragazzi di Omero affermarsi nelle diverse discipline sportive. Ne ho incontrati alcuni che sono sbocciati grazie allo sport: all’inizio diffidenti, chiusi in se stessi, hanno iniziato con fatica ma poi sono completamente cambiati, anche nel carattere, aprendosi alle altre persone e al mondo. L’entusiasmo cresce anche per merito dei buoni risultati ottenuti. Alla base dell’attività sportiva per me è importante che ci siano correttezza, lealtà, onestà, e spirito di squadra, il desiderio di andare insieme nella stessa direzione. Così diventa non solo un passatempo, ma uno stile di vita».

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