Le crisi, gli esami, la sindrome di West. «Ogni giorno una nuova conquista»

LA STORIA. Samuele Acerbis è un bambino di Villa di Serio che ha una rara malattia. La mamma: «Così riesce a crescere».

«Tu prova ad avere un mondo nel cuore - dice un verso della canzone “Un matto” di Fabrizio De André - E non riesci a esprimerlo con le parole». Così, con un pizzico di poesia e una forte carica d’emozione Alessia Capelli descrive il figlio Samuele Acerbis, 10 anni, che non parla e convive dalla nascita con la Sindrome di West.

Tanti ostacoli da affrontare

Ci sono sempre tanti ostacoli da affrontare, pregiudizi, battaglie, ma il sorriso luminoso di questo bambino è un segno di speranza e di grande coraggio: oggi frequenta l’ultimo anno della scuola primaria, gioca a calcio con il gruppo di sport inclusivo «Atalanta for Special», aperto a ragazzi con disabilità, nuota, legge e si fa capire benissimo grazie al suo tablet e ai simboli della comunicazione aumentativa. Da poco ha iniziato a scrivere le prime parole, un obiettivo che sembrava irraggiungibile. La sua storia mostra che guardando il mondo con amore e gentilezza, senza mai perdersi d’animo, si possono aprire orizzonti inaspettati.

Negli occhi di Samuele emozioni, desideri e sogni passano veloci come nuvole portate dal vento: un universo da scoprire, che riesce a manifestarsi grazie un legame d’amore e di fiducia. Nella sua casa a Villa di Serio non si respirano fatica o tristezza, ci sono invece tanta luce e tanta musica, grazie al grandissimo impegno di una famiglia che non risparmia tempo, risorse, energie. La mamma Alessia ha scelto di scrivere sui muri di casa le parole delle sue canzoni preferite di De André: un’ispirazione per la vita quotidiana, per ricordarsi di alzare lo sguardo e aprirlo verso un panorama più ampio delle difficoltà del momento. Quando siamo andati a trovarli ci hanno accolto, tutti in fila davanti alla porta con un grande sorriso, Samuele con la mamma Alessia e la sorella Sveva, che frequenta la prima media.

Una gravidanza complicata

«Non posso dimenticarmi la nascita di Samuele - racconta Alessia - il parto è stato precipitoso, dopo una gravidanza complicata, segnata da un distacco di placenta. Nei primi sei mesi sembrava tutto normale: qualche volta aveva crisi di pianto inspiegabili, ma in fondo capita a tutti i bambini. Quando è nato, Sveva aveva 18 mesi. Con una differenza d’età così piccola, sono cresciuti insieme, alimentando un rapporto molto stretto di affetto, aiuto e solidarietà reciproca».

Un brutto giorno, però, Alessia tenendo in braccio Samuele ha notato movimenti strani e involontari degli occhi. «Un episodio di nistagmo, che ho riportato alla pediatra: lei ha capito subito che poteva trattarsi di epilessia, diagnosi confermata da una visita specialistica all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo». Sono seguiti esami più approfonditi, perché le crisi di Samuele non si risolvevano con i farmaci, anzi spesso le medicine causavano un effetto opposto a quello desiderato. «Abbiamo chiesto diversi consulti - prosegue Alessia -, e alla fine ci siamo affidati all’ospedale San Gerardo di Monza, dove i medici sono riusciti a trovare una terapia adatta alle esigenze di Samuele».

Alessia non si è mai accontentata dei farmaci come unica terapia: «Fin dai primi segnali, abbiamo pensato alla salute di Samuele ma anche al suo sviluppo emotivo, cognitivo e fisico: ecco perché abbiamo affiancato alle medicine anche sedute di fisioterapia, psicomotricità e musicoterapia. Le crisi inizialmente erano devastanti: ne ha avute fino a trenta al giorno, una ogni 45 minuti. Dopo una crisi si addormentava, sfinito, e nel sonno ne arrivava un’altra, che lo svegliava di nuovo. Stargli accanto in quei momenti non è stato facile: fino a poco tempo fa c’era sempre qualcuno che dormiva con lui. Le notti sono sempre state complicate, e continuano a esserlo anche oggi, perché Samuele prende sonno con difficoltà e al mattino si sveglia prestissimo, intorno alle 5».

I progressi rapidi

Quando le crisi si sono calmate, i suoi progressi sono stati rapidi: «A un certo punto gli specialisti che lo seguivano hanno deciso di impiantargli un apparecchio per la stimolazione vagale, che ha portato un notevole miglioramento, tenendo le crisi sotto controllo. Nel frattempo, abbiamo fatto tutte le analisi per capire se all’origine dei suoi disturbi ci fosse una malattia genetica o metabolica, ma non abbiamo ottenuto risposte esaustive. Dopo tutte queste ricerche gli è stata diagnosticata la sindrome di West, una condizione molto rara per la quale purtroppo non esiste una vera e propria cura. Dare un nome al suo problema, purtroppo, non ci ha aiutato a risolverlo».

Le difficoltà più gravi di Samuele riguardano la comunicazione: «Quando aveva tre o quattro anni abbiamo iniziato a usare i simboli della comunicazione aumentativa: una bella scoperta, ci hanno aiutato moltissimo». Genitori e insegnanti, che affiancano Samuele, hanno seguito un corso per imparare a usare questo linguaggio nella didattica e nella vita quotidiana: sulle porte delle diverse stanze ci sono ora dei poster con i simboli, che contengono le istruzioni necessarie per le azioni che si ripetono nei diversi momenti della giornata. In cucina, per esempio, c’è un «menu illustrato» dal quale Samuele può scegliere che cosa preferisce mangiare. Un’altra sequenza di simboli mostra che cosa bisogna fare per apparecchiare la tavola, le regole per lo svolgimento dei pasti (lavarsi le mani, stare seduti a tavola) e per il riordino finale.

Un cartellone analogo in bagno illustra invece tutte le fasi dell’igiene personale e quelle necessarie per vestirsi, svestirsi, prepararsi per la notte. «Samuele comprende bene ciò che gli viene detto - osserva Alessia -. Secondo gli studiosi solo il 10 per cento di ciò che una persona comunica passa dal linguaggio verbale, noi puntiamo sul 90 per cento che resta». La comunicazione aumentativa è stata la chiave per scoprire il mondo che ha nel cuore: «Siamo noi che dobbiamo andargli incontro - sottolinea Alessia - e aiutarlo a tirare fuori ciò che ha dentro, che è tantissimo. Quando era piccolo Samuele provava un forte senso di frustrazione, perché non riusciva a esprimersi. Grazie alla comunicazione aumentativa la situazione è completamente cambiata. Ha molta familiarità con gli strumenti tecnologici come computer e tablet - ha un “Dpad”, dispositivo programmato su misura per lui -. Usa anche alcune app presenti sullo smartphone, ogni elemento fornisce un tassello e aiuta a migliorare la situazione complessiva».

Grazie a questi simboli riesce ad apprezzare la bellezza degli albi illustrati per ragazzi, leggendoli con sua sorella: «Tra le sue storie preferite - racconta Sveva - c’è “Il Signor Balena ha il mal di pancia”, in cui un gruppo di pinguini si prende cura di una balena». Edita da Storie Cucite, questa storia dell’autore e illustratore Manuel Vertemara mostra che in fondo anche da un evento negativo può nascere qualcosa di buono. «Anni fa le storie disponibili con la comunicazione aumentativa erano poche - sottolinea Alessia - e ci occupavamo noi della traduzione. Fortunatamente adesso ci sono molti titoli disponibili: Samuele ama molto i libri e i racconti». La scuola per lui ha un ruolo importante, gli piace stare con i coetanei ed è desideroso di imparare: «Ha seguito tutto il percorso regolare, senza perdere nessun anno, dalla scuola dell’infanzia in poi, potendo sempre contare su un’assistenza a tempo pieno, con insegnante di sostegno e educatore. Sua sorella è un punto di riferimento essenziale per lui, e così anche i suoi compagni. Esprime pochissime emozioni negative, ma nel caso di Sveva è molto protettivo».

Le «terapie di supporto» che lo hanno accompagnato negli anni lo hanno aiutato a sviluppare una sensibilità particolare: «Quando era piccolo lo portavo dalla musicoterapeuta, finché le crisi hanno impedito di proseguire. Ora è seguito regolarmente da una psicomotricista che nel percorso usa anche la musica. Anche a scuola a Villa di Serio gli viene offerto un percorso di musicoterapia, seguito anche dagli utenti del Centro diurno disabili di Nembro. Grazie ai ritmi e alle filastrocche è riuscito per esempio ad apprendere alcuni fondamentali concetti matematici, a capire il senso dell’inizio e della fine di ogni azione». Samuele segue anche una terapia occupazionale a Colzate: «Lo aiuta ad acquisire più autonomie possibili, per imparare a lavarsi e vestirsi. Ogni conquista e ogni piccolo successo rafforzano anche la sicurezza in se stesso». Lo sport lo coinvolge e appassiona: «Ha moltissima energia e nuotare, correre, giocare a calcio lo aiutano a incanalarla. Grazie a queste attività fa moltissimi progressi anche dal punto di vista fisico. In piscina lo accompagna un istruttore, che, oltre a insegnargli i diversi stili, gli propone anche esercizi di coordinazione».

L’appuntamento settimanale

Aspetta con gioia l’appuntamento settimanale con la sua squadra di «Atalanta for Special», sul campo di Nembro: «I ragazzi sono seguiti da un gruppo affiatato di volontari. Ogni venerdì pomeriggio giocano insieme ma non si concentrano solo sul calcio, le attività sono studiate su misura per sviluppare le abilità motorie, per esempio con percorsi a ostacoli e altri esercizi. È un ambiente molto accogliente in cui abbiamo instaurato relazioni positive».

Samuele è seguito anche da un educatore a casa per due pomeriggi alla settimana: «Una presenza importante - sottolinea Alessia -, perché lo aiuta a mantenere e rafforzare le abilità acquisite in tutti gli ambiti». Come si legge in una delle frasi impresse sui muri di casa «Alcuni non sono sogni, sono realtà in attesa di coraggio»: «Certo, ci sono momenti complicati e tante preoccupazioni - conclude Alessia - ma abbiamo imparato ad affrontare una difficoltà alla volta, e a gioire di ogni sfida vinta, che ci fa pensare che se siamo arrivati fin qui possiamo fare qualunque cosa. Samuele ci insegna moltissimo, ci mostra la strada. Grazie a lui abbiamo imparato a ballare sotto la pioggia».

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