«La pizza, il nuoto, il formaggio e l’amore: la mia ricetta di vita contro la malattia»

LA STORIA. Gianni Lupone da 36 anni convive con la sclerosi multipla: «Serve tenacia e coraggio anche per le cose più semplici».

Acqua, farina, lievito: gli ingredienti della pizza sono semplici, ma per realizzare l’impasto migliore ci vogliono attenzione, equilibrio, sensibilità, esperienza. Qualità molto utili anche nella vita, come spiega Gianni Lupone, 54 anni, da 36 alle prese con la sclerosi multipla.

La cucina è una delle sue grandi passioni, perché una ricetta, scegliendo le dosi e le materie prime giuste, segue fasi precise e controllabili, e come spiega Julia Child, celebre cuoca statunitense: «Dopo una giornata in cui niente è sicuro, questo è confortante».

Ottenere un buon piatto, però, per Gianni è soprattutto un atto d’amicizia e d’amore, ciò che ha trovato in abbondanza a San Giovanni Bianco con la compagna Monica e la sua famiglia.

Per realizzare le sue «pizze gourmet» si è divertito a fare molte ricerche: «Abbiamo visitato i ristoranti dei migliori pizzaioli del mondo - racconta con un sorriso - cercando di carpirne i segreti. Qualcuno si è dimostrato disponibile a offrirci consigli. Ma poi mi piace metterci un po’ di fantasia».

I primi sintomi a 18 anni

Nato a Benevento, Gianni ha scoperto la malattia nel pieno della sua giovinezza: «A 18 anni sono comparsi i primi sintomi, con un neurinoma all’occhio destro. Avvertivo un abbassamento della vista e un lieve tremore della palpebra, ma all’inizio li ho sottovalutati attribuendoli alla stanchezza. Da sempre sono appassionato di sport e come tanti altri ragazzi ho iniziato con il calcio, poi però mi sono dedicato all’atletica, dato che mi piaceva correre». Svolgeva attività agonistica nel mezzofondo: «Dipendevo dalle mie gambe, erano l’ingrediente principale del mio successo. Per questo quando ho scoperto che non mi reggevano più come prima mi sono messo in allarme».

È iniziato l’iter degli accertamenti medici: «I miei genitori, consigliati dal medico di base, mi hanno portato all’ospedale Cardarelli di Napoli. Lì dopo alcuni esami è arrivata la diagnosi. Sono stato fortunato, perché nel 1988 ancora pochi conoscevano la sclerosi multipla, malattia infiammatoria, demielinizzante e degenerativa del sistema nervoso centrale, e spesso sintomi generici come i miei venivano confusi con altre patologie. Mi ricordo ancora di quel primo ricovero in ospedale, durato quasi 50 giorni, lontano dalla mia famiglia. Quando sono tornato ero una persona diversa, anche se i sintomi erano lentamente regrediti, e fisicamente ero di nuovo come prima».

Poi per qualche anno Gianni ha proseguito normalmente le sue attività quotidiane: «Non avevo realizzato davvero quale fosse la mia malattia, per un po’ ho preferito non pensarci, e solo in seguito, quando avevo 25-26 anni ho iniziato a leggere le cartelle cliniche. Il mio corpo funzionava ancora bene, ma a quel punto mi sono reso conto di che cosa avessi. Nel frattempo, ho condotto una vita normalissima: studiavo, lavoravo, frequentavo i miei allenamenti, la malattia era latente e dormiente».

Intorno ai trent’anni si sono presentati nuovi sintomi: «Mi sono accorto di non riuscire più a gareggiare nella corsa come prima, tenere il ritmo era diventato troppo faticoso. Ho iniziato ad avere delle difficoltà di movimento, e questo mi ha spinto a riflettere seriamente su me stesso e sul mio futuro. Ho deciso di dedicarmi intensamente al lavoro, non mettendomi in proprio come avevo immaginato, ma entrando in una grande impresa».

Gianni si è dedicato alla progettazione di impianti elettrici e meccanici: «Mi piaceva molto la strada che avevo scelto, che comportava molti spostamenti, perché la mia società ha cantieri in tutto il mondo. Ho lavorato a Vicenza, Padova e Milano. Avrei avuto la possibilità di partecipare a interventi importanti all’estero, dall’Irlanda a Panama, ma ho sempre rinunciato per evitare uno stress fisico e psichico eccessivo, che avrebbe potuto aggravare la malattia».

Si è sempre precluso una vita familiare: «Ho preferito restare da solo, perché la mia condizione non gravasse su altri, e perché non sapevo quale avrebbe potuto essere l’evoluzione della malattia». Comunque, non si è mai sentito solo, perché ha potuto contare sul sostegno dei suoi genitori e delle tre sorelle, oltre che di molti amici.

Nel 2007 c’è stato un nuovo peggioramento nelle sue condizioni: «Mi sono sempre sottoposto a controlli regolari, e fino a quel momento quando mi recavo all’ospedale non avevo sintomi, ma nelle sale d’aspetto li vedevo negli altri pazienti, con la consapevolezza che prima o poi sarebbe capitato anche a me, infatti è stato così: le mie difficoltà di movimento sono aumentate, e mi hanno costretto a progressivi cambiamenti. Nel 2010 ho deciso, a malincuore, di lasciare il lavoro, continuando come consulente con i ritmi che posso sostenere. È stata una decisione molto sofferta ma per me necessaria».

L’incontro con Monica

Ha mantenuto la sua scelta di evitare legami duraturi fino al 2016, quando ha incontrato Monica. «Da qualche anno avevo iniziato a frequentare l’Istituto Clinico Quarenghi, struttura riabilitativa di San Pellegrino, trovando un ambiente molto professionale e accogliente, anche dal punto di vista umano. Una sera a una festa di compleanno a cui partecipavano pazienti, medici, amici e parenti ho incontrato Monica. Lei accompagnava un’amica e le è stato chiesto di spingere alcune persone in carrozzina. Non ne avevo bisogno, ma a quel punto ho deciso di usarne una anch’io. Così ci siamo conosciuti e abbiamo iniziato a frequentarci».

La sua vita dopo quella sera ha preso una direzione inaspettata: «In quel periodo vivevo a Milano, ma trascorrevo diversi mesi all’anno a Benevento con la mia famiglia e i miei amici d’infanzia. Dopo un po’ ho deciso invece di andare a vivere con Monica e la sua famiglia, trasferendomi prima a San Pellegrino e poi a San Giovanni Bianco».

La passione per il formaggio

Una scelta che lo ha reso felice: «Mi sono trovato subito bene». Grazie a un vicino di casa, Sergio Zuccali, ha scoperto una nuova passione: «Vengo da Vitulano, un paese di circa tremila abitanti della provincia di Benevento, dove tutti fanno il formaggio, una varietà molto saporita di pecorino, e ho sempre avuto il desiderio di imparare anch’io. Anche Bergamo non scherza per la qualità del settore caseario, è considerata una delle capitali europee del formaggio e conta ben 9 varietà dop. Sergio, amico di famiglia, ha lavorato per tutta la vita in un caseificio e ora è in pensione. Visto il mio interesse mi ha proposto di provare a fare il formaggio Branzi con lui. Ho colto l’occasione al volo, pian piano ho imparato e mi è piaciuto moltissimo. Da diversi anni prepariamo insieme una ventina di chili di formaggio per le nostre famiglie. Una bella avventura che non mi sarei mai aspettato di vivere».

Da tempo Gianni si è dedicato ad approfondire temi legati all’alimentazione, fondamentale anche per affrontare la sclerosi multipla: «Ho iniziato negli anni Novanta con la guida del professor Renato De Magistris, medico e docente esperto in prevenzione e cura delle malattie cronico-degenerative anche attraverso l’alimentazione. Ho imparato molto da lui, ho scoperto per esempio che lo stato della flora intestinale influisce sul sistema immunitario, e tanto altro. Attribuisco molta importanza al cibo e alla cucina, ho sempre selezionato cibi biologici ed eseguo molte preparazioni da solo, preferendo prodotti freschi a quelli industriali. Anni fa ho seguito un corso per diventare sommelier».

Anche lo sport continua a occupare uno spazio importante nelle sue giornate: «Purtroppo non posso più correre, allora ho allestito con l’aiuto di Monica, una piccola palestra casalinga e per il resto mi dedico al nuoto, cercando di potenziare e raffinare la tecnica per tutti gli stili. Uso un galleggiante per le gambe, che altrimenti mi trascinerebbero a fondo. Così continuo a coltivare questa passione, anche perché l’attività fisica è lo strumento migliore per contrastare la malattia. È come se fosse una medicina. Alla fine di un allenamento mi sento molto stanco, ma è una stanchezza “buona”, che dà soddisfazione».

Non mancano i momenti difficili: «Ci sono tantissimi tipi di sclerosi multipla, diversa per ogni paziente. Non è facile fare i conti con ciò che accade al corpo e con gli sguardi e i pregiudizi delle persone. Spesso preferisco non parlare della mia condizione per non suscitare dolore o preoccupazione».

Non è facile evitare di farsi condizionare dalla convinzione comune che una vita pienamente realizzata comprenda necessariamente una buona salute e una condizione fisica prestante: «Ovviamente ci sono dei limiti a ciò che si può fare - osserva Monica - la malattia non permette di sperimentare tutto ciò che si vuole, per esempio ci rende più difficile viaggiare. Ma ci lascia comunque tante altre possibilità. Gianni è una persona speciale, la mia famiglia l’ha accolto con grande affetto, i miei genitori non lo cambierebbero con nessun altro».

«Continuo a impegnarmi al massimo in ogni modo possibile per rallentare la progressione della malattia»

Sono passati 36 anni dalla diagnosi di Gianni, ma non è stato ancora trovato un rimedio efficace per la sclerosi multipla: «Ce ne sono moltissime forme - osserva -, si manifesta in modo diverso in ogni paziente. Ho sperimentato molti farmaci, purtroppo nessuno si è rivelato efficace. Questo mi ha dimostrato quanto sia importante sostenere la ricerca. Nonostante tutto sono ancora in piedi, e continuo a impegnarmi al massimo in ogni modo possibile per rallentare la progressione della malattia».

Capita di trascorrere il tempo senza farci caso, Gianni invece ha imparato ad assaporare ogni momento: «A volte servono tenacia e coraggio anche per le cose più semplici, ma ne vale la pena».

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