«La malattia non ha fermato la mia vita e finalmente posso dedicarmi agli altri»

La Buona Domenica Daniela: «Nell’associazione “Melamici per il melanoma” non perdiamo tempo piangendoci addosso, ci aiutiamo».

«Quando tutto sembra andare male - scrive Henry Ford - ricorda che gli aerei decollano contro vento e non con il vento a favore». Ma come si fa, nella vita, a mantenersi in quota quando le circostanze sembrano tutte contrarie? «Ho imparato ad affrontare un ostacolo alla volta - racconta Daniela Siccardi di Scanzorosciate - ad assaporare le piccole gioie di ogni giornata». Dal 2019 a oggi ha avuto due diagnosi di tumore, prima un melanoma poi un nodulo al seno. Ha dovuto affrontare cure invalidanti, tante complicazioni, gli effetti collaterali dei farmaci, eppure si legge un grande coraggio nel suo sguardo mentre mostra le sue «Ferite di luce», in posa per il calendario 2022 dell’associazione «Melamici per il melanoma». C’è Fedra, un’allegra cucciola meticcia a pelo lungo, che ci fa compagnia mentre chiacchieriamo nel suo salotto, e non si allontana mai da lei. «L’ho adottata qualche settimana fa - racconta con un sorriso - si sta ancora abituando alla casa. Ci prendiamo cura l’una dell’altra». Daniela ha due figli, il minore Giordano ha vent’anni e vive con lei; Alice, la maggiore, è sposata, vive poco lontano, nello stesso comune, e ha tre bambini: «Due gemelli di sette anni e il piccolo di due. Portano moltissima allegria nella mia vita».

Daniela ha ancora una stanza da cucito in casa, che racconta molto di lei: ha passato un lungo tratto della sua vita tra tessuti e cartamodelli, lavorando come sarta per diverse aziende. «Ho continuato finché ho potuto - dice con un’ombra di rammarico -. Un tempo preparavo i capi di campionario, curando la realizzazione degli abiti in ogni dettaglio, a partire dai cartamodelli. Ora non posso più, le mie possibilità di movimento sono limitate, non riesco a stare seduta a lungo alla macchina da cucire senza provare dolore. Chissà, forse in futuro le cose miglioreranno. Questa è la peggiore rinuncia causata dalla malattia, quella che mi pesa di più. Questo lavoro è anche la mia più grande passione». La malattia si è presentata nella sua vita come un’improvvisa folata di vento che costringe il pilota di un aereo a un atterraggio d’emergenza.

«La mia vita ne è stata completamente sconvolta» racconta Daniela. Nella sua famiglia la prevenzione dei tumori della pelle era un appuntamento fisso, su indicazione di sua madre: «Una sua amica - ricorda Daniela - è morta a causa di un melanoma quando ero ancora una bambina. Ho iniziato a sottopormi regolarmente a visite di controllo quando avevo 13 anni. Negli anni su indicazione degli specialisti mi sono stati asportati sette nei: per costituzione ne ho molti, ma quelli che ho tolto erano sempre risultati benigni». Negli ultimi anni, però, a causa di tanti impegni personali e di lavoro, le era capitato di saltare qualche visita: «Ho trascurato la mia salute e ho attraversato un periodo molto stressante. Per la tensione sono arrivata a non dormire». Un giorno, poi, si è ritrovata all’improvviso in una situazione preoccupante: «Avevo una macchia un po’ estesa, che però avevo già sottoposto in passato all’attenzione dei medici, ed era stata classificata come cheratosi. Non me ne ero molto preoccupata. Mentre ero al lavoro, però, una collega mi ha fatto notare che sulla maglietta c’era una macchia di sangue. Mi sono accorta subito che si trattava di quel neo. Mi sono rivolta alla guardia medica e la dottoressa che mi ha visitato ha intuito che poteva trattarsi di un melanoma: mi ha rimandato dal medico di base con l’indicazione di richiedere che fosse asportato con urgenza. Sono passati dieci giorni prima che potessero togliermelo, nell’ottobre del 2019».

Linfonodi

L’esame istologico sul tessuto asportato ha dato purtroppo un esito positivo, e così è accaduto anche per i linfonodi delle ascelle. «Hanno dovuto asportarmeli, e a marzo ho iniziato le terapie». Non è trascorso molto tempo prima che si manifestassero reazioni avverse particolarmente violente, che hanno suscitato sospetti nell’oncologo che seguiva Daniela: «Mi hanno prescritto anche la Pet, un’esame di approfondimento che permette di capire se ci sono anomalie nei tessuti. Nel mio caso ha evidenziato un carcinoma al seno». È stato un colpo molto duro per Daniela: «Prima il melanoma, gli effetti collaterali alle cure, e poi questo nuovo carcinoma: mi sembrava che le brutte notizie non finissero mai».

«Ho capito quanto ancora ci sia da fare per far conoscere alle persone i rischi dei tumori della pelle e l’importanza della prevenzione. Anche per questo ho deciso di impegnarmi in prima persona in un’opera di sensibilizzazione»

Così Daniela, osservando le reazioni dei suoi familiari e degli amici più cari, si è resa conto di un paradosso: «Ho notato che la notizia di questo nodulo al seno suscitava molta più preoccupazione e spavento, anche se in realtà la situazione del melanoma era molto più grave. Questo mi ha fatto capire quanto ancora ci sia da fare per far conoscere alle persone i rischi dei tumori della pelle e l’importanza della prevenzione. Anche per questo ho deciso di impegnarmi in prima persona in un’opera di sensibilizzazione».

La diagnosi di cancro al seno è stata precoce: «L’hanno asportato con una quadrantectomia, un intervento poco invasivo». Subito dopo Daniela ha messo tutte le sue energie nel recupero, per mantenere una porzione di vita intatta: «Ho voluto tornare a lavorare, purtroppo però è stato per poco tempo, perché le terapie hanno avuto un forte impatto su di me. Ho dovuto affrontare una serie di infezioni, sentivo stanchezza, mal di ossa, ero svogliata, partivo al mattino con entusiasmo ma tornavo a casa stremata». Daniela ha dovuto fare i conti anche con il senso di colpa: «Mi sono pentita di aver saltato i controlli. Mi è sembrato che il destino si accanisse su di me, soprattutto dopo la seconda diagnosi. Nonostante questo ho messo tutta la mia energia per reagire. Quando mi trovo in difficoltà sento sempre una forte spinta ad affrontarla subito, quasi senza ascoltare che cosa mi sta succedendo».

«Ho sempre desiderato impegnarmi nel volontariato e adesso, da quando la malattia ha “messo in pausa” la mia vita, ne ho la possibilità»

Pochi mesi dopo il primo intervento di Daniela, nel febbraio del 2020 è iniziata la pandemia: «Eravamo chiusi in casa per il lockdown - racconta - e la nostra unica finestra sul mondo erano i social network. Galeotto è stato l’algoritmo che mi ha fatto incontrare Marina Rota, fondatrice dell’associazione Melamici per il melanoma. Le ho scritto un messaggio e così è iniziata la nostra amicizia, che all’inizio è stata solo virtuale. Non appena è stato possibile ci siamo incontrate per un caffè, ho letto il libro in cui racconta la sua storia e abbiamo iniziato a collaborare».

Da lì ad arruolarsi come volontaria il passo è stato breve: «Ho iniziato volentieri a collaborare con l’associazione, a partecipare alle iniziative di raccolta fondi e agli incontri di sensibilizzazione. Ho sempre desiderato impegnarmi nel volontariato e adesso, da quando la malattia ha “messo in pausa” la mia vita, ne ho la possibilità. In passato avevo già sentito il desiderio di trascorrere del tempo accanto ai malati fra le corsie di un ospedale, mi ero sempre detta che l’avrei fatto dopo aver smesso di lavorare. È accaduto prima di quanto avessi previsto».

«Eravamo chiusi in casa per il lockdown e la nostra unica finestra sul mondo erano i social network. L’algoritmo mi ha fatto incontrare Marina Rota, fondatrice dell’associazione Melamici per il melanoma»

Strada facendo, Daniela ha capito quanto siano importanti parole come fiducia, ascolto e lavoro di squadra nel rapporto tra medico e paziente: «Non sempre le esigenze dei pazienti vengono raccolte e interpretate in modo corretto. Fortunatamente ho incontrato professionisti competenti e disponibili e ho seguito le loro indicazioni fedelmente. Non faccio ricerche sul web perché mi provocherebbero ansia e stress. Preferisco seguire i consigli del medico e rivolgermi a lui ogni volta che ne sento il bisogno».

L’associazione ha rappresentato un punto di riferimento prezioso in tutto il percorso: «Mi piace partecipare alle attività perché non perdiamo tempo piangendoci addosso. Fra noi c’è complicità. Ci divertiamo insieme, ci ritroviamo per condividere pranzi, cene e attività di raccolta fondi. Ci aiutiamo a vicenda, anche in piccoli compiti concreti come la prenotazione delle visite con gli specialisti, ma senza mai farlo pesare. Alla base c’è, fra noi, un rapporto di amicizia: quando ci ritroviamo parliamo delle nostre vite, condividiamo le nostre fragilità e le nostre paure, ma anche gioie e soddisfazioni».

«Cerco di arrangiarmi»

Anche la famiglia è per Daniela un prezioso serbatoio di energia: «Mia sorella Cristiana e mio cognato Stefano mi sono stati molto vicini. I miei figli e i miei nipoti hanno influito tantissimo nell’indirizzarmi nella direzione giusta, mi hanno spinto a combattere. Molto ha influito anche la mia natura: cerco sempre di arrangiarmi, di tirarmi fuori dai guai, sono una che cerca sempre di risolvere tutto. È una mia caratteristica affrontare la vita in questo modo, con forza e con tenacia».

«Sono diventata attenta nel consigliare agli altri - a partire dai miei figli - di sottoporsi regolarmente ai controlli: è l’unico modo di evitare questo genere di conseguenze»

Questo non cancella i momenti brutti: «A volte anch’io mi lascio prendere dallo sconforto - dice Daniela - Ci sono stati momenti in cui non arrivava mai una notizia positiva, non appena mi sembrava che un problema si fosse risolto ne spuntava un altro. A un certo punto non ne potevo più degli ospedali, dei medici, delle visite. Ecco perché sono diventata così attenta nel consigliare agli altri - a partire dai miei figli - di sottoporsi regolarmente ai controlli: è l’unico modo di evitare questo genere di conseguenze. Ci vuole anche una corretta informazione: il corpo ha bisogno di sole, ma la pelle va protetta, l’esposizione eccessiva, soprattutto nelle ore più calde, deve essere evitata».

«Mi piace molto ascoltare più che parlare, ma se devo dare il mio contributo non mi tiro indietro»

Raccontare la sua storia per aiutare l’associazione Melamici per il melanoma le ha permesso di rielaborarla e interpretarla in modo nuovo, sotto una luce di speranza: «Mi piace molto ascoltare più che parlare, ma se devo dare il mio contributo non mi tiro indietro». La condivisione alleggerisce i pesi e illumina il cammino.

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