«La malattia arriva come un ladro ma mi ha fatto anche imparare tanto»

LA STORIA. Il tumore, la paura, le cure e la ripartenza. Michela Patrini: «Ho riscoperto le mie passioni e dato aiuto agli altri».

Una gonna di tulle rosa shocking e scarpe con i tacchi a spillo: l’outfit scelto per il suo ultimo giorno di chemioterapia dice molto di Michela Patrini, 47 anni, di Bergamo. Trasmette una grande carica di energia positiva, la scintilla che innesca - in lei e nelle persone che la circondano - una «trasformazione», parola chiave nella sua vita, in particolare dopo il cancro al seno. La malattia l’ha spinta a chiedersi: «Che cosa mi fa stare bene?» e a cambiare vita. Ha ripreso in mano la sua specializzazione universitaria in marketing e comunicazione, rimasta a lungo nel cassetto, e ha ricominciato a lavorare, dopo essersi dedicata a tempo pieno ai figli Giulia di 18 anni e Filippo di 13.

Ha creato un gruppo di donne imprenditrici, le «Pink in business», e con loro ha deciso di creare una «Zona blu» promuovendo incontri e attività che possano aiutare le donne, pazienti oncologiche ma non solo, a valorizzarsi e affrontare i cambiamenti del proprio corpo

Pink in business

Ha creato un gruppo di donne imprenditrici, le «Pink in business», e con loro ha deciso di creare una «Zona blu» promuovendo incontri e attività che possano aiutare le donne, pazienti oncologiche ma non solo, a valorizzarsi e affrontare i cambiamenti del proprio corpo. Con le altre «ladies» si è impegnata nella raccolta fondi per aiutare associazioni come Aob (Associazione oncologica bergamasca). Nel mondo ci sono cinque «Zone blu», conosciute come i luoghi con la qualità di vita migliore, dove si trova la maggiore concentrazione di centenari: «Abbiamo attinto da qui - spiega Michela - l’ispirazione per individuare spunti e idee che favoriscano il benessere e la longevità delle persone, considerandole nella loro interezza. Ognuna di noi porta nel gruppo talenti e idee, creando una rete di azioni condivise».

La malattia le ha tolto molto: «Il cancro arriva come un ladro - dice -, entra in casa tua e ti ribalta, si impossessa della tua femminilità, lascia cicatrici che porterai sempre con te, ti porta via i capelli e buona parte del tuo essere donna. Ma nonostante tutto ora sono felice. Fortunata perché ho imparato tanto». Questo cammino complicato, infatti, le ha donato anche, in modo inaspettato, una nuova consapevolezza di sé: «Mi piace sorridere pensando alla fortuna che ho nel poterlo fare».

«Il cancro arriva come un ladro - dice -, entra in casa tua e ti ribalta, si impossessa della tua femminilità, lascia cicatrici che porterai sempre con te, ti porta via i capelli e buona parte del tuo essere donna. Ma nonostante tutto ora sono felice»

Sei anni fa tutto è cambiato

La diagnosi è arrivata all’improvviso sei anni fa: «Erano trascorsi solo sei mesi dall’ultimo controllo - racconta -, perché non trascuro mai la prevenzione, quando una sera, per caso, ho sentito un nodulo nel seno facendo la doccia». Senza perdere tempo si è messa in moto per sottoporsi alle analisi necessarie: «Nel giro di pochi giorni mi hanno sottoposto a ecografia e mammografia. Purtroppo l’esito è stato preoccupante: un carcinoma G3 di tre centimetri».

Così Michela si è rivolta a Privato Fenaroli, direttore della Senologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «In quel momento ho cercato di non farmi prendere dal panico, di tenere la testa in ordine: ho pensato a tutto quello che dovevo fare, cercando di affrontare un ostacolo alla volta. Fra le persone che mi sono state più vicine in quel momento c’è sicuramente mio fratello Enrico, con cui ho un rapporto molto stretto, e che mi ha accompagnato e sostenuto nelle visite».

Dopo l’ago aspirato e l’analisi genetica, Michela ha scoperto di avere una mutazione rara dei geni BrCa (Breast Cancer), che favoriscono le recidive: «Dato l’alto rischio che il tumore si ripresentasse - chiarisce -, dopo alcuni consulti ho scelto, in modo ponderato, di sottopormi a una mastectomia bilaterale. Un intervento molto invasivo, ma nel mio caso necessario. Ho sofferto molto, dopo l’operazione il dolore fisico è stato così lancinante che mi sembrava di impazzire, ma poi si supera, si dimentica».

«Certo che ho pianto, chiedendomi perché proprio a me, ma poi ho scoperto in me moltissima forza, ho capito che l’atteggiamento giusto per superare quel periodo era guardare avanti, vivere con intensità il presente e pensare al futuro»

Il desiderio di rinascita

Nelle sue foto su Instagram si compone come un puzzle il suo percorso, vissuto «sorriso in canna, zaino in spalla e giù per la mulattiera con tacco 12. Equilibrio precario, salite impervie a raffica, discese poche». Racconta con delicatezza, senza mai insistere sui momenti più oscuri, ma sempre sul suo desiderio di rinascita: «Certo che ho pianto, chiedendomi perché proprio a me, ma poi ho scoperto in me moltissima forza, ho capito che l’atteggiamento giusto per superare quel periodo era guardare avanti, vivere con intensità il presente e pensare al futuro. Mi hanno regalato una parrucca ma l’ho usata pochissimo, non mi sentivo a mio agio, piuttosto ho preferito indossare dei cappelli che rispecchiassero il mio stile e la mia personalità. Ho scelto modelli di giovani stilisti, anche un po’ vistosi, per dare un segnale visibile di una reazione decisa e coraggiosa, per sentirmi unica. Anche questo mi aiutava a sorridere e stare meglio. Mi dava l’occasione di rafforzare le mie motivazioni e di offrirle anche ad altre donne che stavano attraversando gli stessi problemi. Attraverso i social e i post che pubblicavo è nata una bella community, che mi ha sostenuto molto».

Michela è stata capace di trasformare le sue paure, impegnandosi duramente per diventare la versione migliore di se stessa: «Mentre camminavi veloce - scrive in un post nel periodo della malattia - ti è toccato di fermarti e presentarti a te stessa. Ti è toccato conoscerti di nuovo. E nonostante inizialmente questo ti abbia fatto perdere l’equilibrio, ora questa donna ti piace, e cammini sul filo a testa alta, sorridendo all’orizzonte. Una donna in rinascita è come la primavera a novembre, e non la ferma più nessuno»

Trasformare le paure

Ha mostrato con coraggio nei suoi post anche i cambiamenti che le terapie producevano sul suo aspetto: «Non mi sono mai fermata a pensare all’importanza dei miei capelli - scrive -, fino a quando non li ho persi. Non ho mai pensato a quanto fossero incisive le mie ciglia, a naturale corollario dello sguardo, fino a quando non mi sono trovata senza. Spesso diamo per scontate le piccole cose come se fossero sciocchezze, e ne riconosciamo l’importanza solo dopo averle perse». Michela è stata capace di trasformare le sue paure, impegnandosi duramente per diventare la versione migliore di se stessa: «Mentre camminavi veloce - scrive in un post nel periodo della malattia - ti è toccato di fermarti e presentarti a te stessa. Ti è toccato conoscerti di nuovo. E nonostante inizialmente questo ti abbia fatto perdere l’equilibrio, ora questa donna ti piace, e cammini sul filo a testa alta, sorridendo all’orizzonte. Una donna in rinascita è come la primavera a novembre, e non la ferma più nessuno».

Il momento della festa

Alla fine della chemioterapia ha organizzato una festa: «Per me la conclusione dei trattamenti è stata come il Gran Galà dei Galà. Per questo ho indossato la mia gonna di tulle rosa e ho messo i tacchi, con un aspetto volutamente stravagante per mostrare a tutti l’esplosione di vita che avevo dentro. I colori danno forza, energia e speranza, per questo li ho dedicati a tutti coloro che combattono la loro battaglia. La festa alla fine della chemioterapia è stata una bella occasione per ringraziare tutte le persone meravigliose che mi hanno accompagnato durante questo cammino. Per me sicuramente è stato un momento da celebrare e da ricordare».

Dopo le cure, Michela ha iniziato una nuova vita, recuperando attività e sport che aveva messo da parte: «Ho ripreso a tirare con l’arco, una passione che mio zio ha trasmesso a me e a mio fratello quando eravamo piccoli. Quest’anno ho partecipato con loro ai campionati italiani e poi all’European Bowhunter Championship a Bad Kleinkirchheim stazione termale e alpina della Carinzia (Austria). È stato un bellissimo viaggio, e per di più sono arrivata seconda nella mia categoria, con tanta emozione».

Fare rete

Sia dal punto di vista personale sia professionale le è rimasto il desiderio di creare reti di collaborazione e aiuto reciproco: «All’inizio, quando ho dovuto rimettermi in gioco e ricominciare a lavorare, dopo tanti anni di inattività avevo mille dubbi, non credevo in me stessa, ci sono voluti molto impegno e un percorso di analisi per rimettermi in carreggiata. Col tempo mi è venuta quindi l’idea di creare “Pink in Business”, un gruppo in cui ognuna delle partecipanti porta le proprie attività e capacità, coltivando nuove connessioni e collaborazioni, con la possibilità di promuovere insieme iniziative di formazione e approfondimento. Fare parte di un gruppo diventa uno stimolo a dare il meglio di sé e a imparare dalle altre, se possibile sostenendosi a vicenda».

«Quando provi veramente la paura di morire cambi, poi vivi e sei grato ogni giorno dei dettagli più semplici, quelli che prima sembravano scontati. Ed è una sensazione che si moltiplica: più sei riconoscente per le cose che hai, più avrai cose di cui ringraziare»

Aiutare gli altri

In seguito Michela, sempre pronta a cimentarsi in nuove sfide, ha sentito il desiderio di aiutare altre persone a stare meglio, a partire da pazienti oncologiche come lei: «Mi sono detta che era il momento giusto per spendere l’esperienza che avevo vissuto, lasciando la mia impronta, nella convinzione che chi sopravvive al cancro ha una marcia in più, non è da compatire. Chi lo supera è protagonista di una trasformazione, ha ancora la possibilità di essere felice e realizzare i propri sogni. Vorrei trasmettere l’idea che il male si può tramutare in bene, il dolore e la tristezza possono essere incanalati per trasformarsi in energia positiva, anche se non è facile. Un giorno ho visto la serie Netflix di Dan Buettner, un documentario a puntate che illustra le caratteristiche delle cinque “Zone Blu” del mondo, dove le persone seguono uno stile di vita che contribuisce alla loro salute e longevità. Mi sono quindi chiesta come incoraggiare le persone a creare una “Zona Blu” in alcuni ambiti particolari come alimentazione, benessere, tempo libero, relazioni familiari. Ho pensato che donne come noi, con il nostro passato oncologico, possano essere preziose testimonial per portare avanti questi valori. Abbiamo quindi creato un gruppo “Zona Blu” per promuovere incontri ed eventi a scopo di sensibilizzazione e prevenzione. Abbiamo attuato anche una raccolta fondi, destinando il ricavato all’Aob, ma siamo aperte anche ad altre realtà e strutture con cui collaborare. Ci sono tante patologie che incidono sul fisico dell’uomo e della donna, riuscire a fare pace con questi cambiamenti e a migliorare la propria immagine in molti casi può essere di grande aiuto. Prendersi cura di sé e del proprio aspetto, nonostante le ferite e i cambiamenti portati dalla malattia, è già un percorso di guarigione».

Dopo aver attraversato la tempesta, Michela si sente davvero un’altra persona, e si impegna ogni giorno per diventare la versione migliore di se stessa: «Quando provi veramente la paura di morire cambi, poi vivi e sei grato ogni giorno dei dettagli più semplici, quelli che prima sembravano scontati. Ed è una sensazione che si moltiplica: più sei riconoscente per le cose che hai, più avrai cose di cui ringraziare».

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