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La Buona Domenica / Valle Brembana
Domenica 02 Marzo 2025
Il successo, la malattia e la ripartenza. «Ora ho ridato un senso alla mia vita»
LA STORIA. Imprenditrice nella moda, Savina Baschenis si è impegnata in prima linea nel volontariato e nel sociale.
«Fare del bene agli altri è prendersi cura di se stessi», scrive Edmond Thiaudière, filosofo e poeta. Così Savina Baschenis dopo aver affrontato il tumore al seno, quattordici anni fa, ha cambiato completamente vita: si è rimessa in gioco per offrire ad altre persone la sua esperienza, come «Cancer coach & life restart».
Quando si è ammalata Savina aveva 46 anni, e faceva l’imprenditrice nel settore della moda, nel pieno di una carriera ben avviata in un settore che amava, con tante persone che dipendevano da lei. «Ero un’arrogante - sorride -, mi sono andate tutte dritte nella vita, finché è arrivato il caterpillar, che mi ha fatto fare un bagno di umiltà pazzesco. Ero bellissima e sono diventata bruttissima, ero una taglia 42 e sono diventata una 46, avevo amici che all’improvviso cambiavano marciapiede quando mi incrociavano. È una situazione molto comune, come ho scoperto in seguito. Nessuno vuole venire a contatto con persone che hanno problemi».
Il suo percorso professionale
Savina, nata in una famiglia di imprenditori, originaria della Valle Brembana, dopo la laurea in economia e commercio e un’esperienza nel marketing in una multinazionale ha assunto la direzione dell’azienda di famiglia, che produceva intonaci premiscelati per l’edilizia: «Fin da allora, però, sognavo di avviare un’attività per conto mio nel mondo della moda, che era la mia passione. Negli anni dell’università per arrotondare lavoravo come modella e mi occupavo della vendita di capi d’abbigliamento. Mi è rimasta la voglia di rendere belle le donne».
«Ero bellissima e sono diventata bruttissima, ero una taglia 42 e sono diventata una 46, avevo amici che all’improvviso cambiavano marciapiede quando mi incrociavano. È una situazione molto comune, come ho scoperto in seguito. Nessuno vuole venire a contatto con persone che hanno problemi»
Duca di Valtorta Cashmere il brand
Poi è riuscita a realizzare questo sogno: «A un certo punto mi è capitata l’occasione giusta e ho creato un mio brand, Duca di Valtorta Cashmere, un nome scelto in onore delle mie origini brembane. Mi sono buttata in un settore di cui non sapevo nulla, e la prima collezione è stata un successo, ricevendo la spinta per continuare. Ho vestito attrici, personaggi famosi del mondo dell’industria e della finanza. Sono arrivata ad aprire dieci negozi monomarca in località prestigiose. Ho iniziato a girare il mondo: acquistavo il filato in Cina, lo reimportavo e poi distribuivo i capi nei miei negozi. Mi occupavo di tutto: sono stati anni di grandissimo lavoro e ritmi forsennati».
Dopo dieci anni di questa vita «a 100 all’ora», come ricorda Savina, in cui si è sposata e poi separata, e alimentava «un’immagine di perfezione, esteriorità e controllo», come un fulmine a ciel sereno è arrivata la diagnosi di tumore al seno
La scoperta della malattia
Dopo dieci anni di questa vita «a 100 all’ora», come ricorda Savina, in cui si è sposata e poi separata, e alimentava «un’immagine di perfezione, esteriorità e controllo», come un fulmine a ciel sereno è arrivata la diagnosi di tumore al seno: «Seguivo tutti i programmi di prevenzione - spiega - e sono stata io stessa ad accorgermi del nodulo, tra un controllo e l’altro. Purtroppo, era un cancro “cattivo”, con un indice di proliferazione molto elevato. Nel giro di quindici giorni sono stata sottoposta a mastectomia monolaterale. Negli anni seguenti, poi, ho subito altri otto interventi, perché ho sempre avuto problemi con le protesi».
Un percorso che ha affrontato con attenzione e consapevolezza, senza mai abbattersi: «Non tutti comprendono che quando i medici assegnano a una persona uno 048, che è il codice di esenzione per le malattie neoplastiche, col tempo, da paziente oncologico, diventa cronico. Per convivere con la malattia in modo consapevole e attivo è importante sapere tutto, avere un approccio, che in inglese viene definito “engaged”, ingaggiato. Questo può cambiare la prognosi, perché permette di avere una qualità di vita migliore».
Una vita rivoluzionata
Il cancro ha portato una vera e propria rivoluzione nella vita di Savina: «È stato un evento imprevisto, in quel periodo stavo benissimo e mai l’avrei immaginato. Ma quando il tumore si è presentato ho cercato di reagire. Ho capito che per evitare una recidiva dovevo cambiare. Sono stata molto fortunata, fino a quel momento avevo avuto un percorso sfavillante. Alla fine, però, mi sono resa conto che questa diagnosi mi ha dato un’opportunità incredibile che altrimenti non avrei avuto, quella di trasformare la mia vita».
«Prima ero un’arrogante, finché nella mia vita è arrivato il caterpillar»
Prima di tutto Savina ha dovuto fare i conti con la sua attività professionale: «Avevo tante energie, in quegli anni avevo visto crescere la mia creatura, un’azienda con 30 dipendenti di cui sentivo la responsabilità. C’erano una trentina di persone che dipendevano da me, in prevalenza donne, che con formazione e passione dall’inizio erano cresciute in competenze e professionalità. Nel giro di quattro anni sono riuscita a cedere l’azienda al mio ex marito, permettendo di continuare l’attività».
«Ho provato un forte desiderio di studiare cosa stesse accadendo al mio corpo, di approfondire, unendo l’interesse scientifico alle mie capacità manageriali. Mi sono presa cura della mia vita, recuperando quello che avevo trascurato, a partire dalla relazione con la mia famiglia, con i miei genitori e mia sorella»
«Ho cambiato sguardo»
Per lei è iniziato un percorso del tutto diverso: «Mi sono chiesta perché fosse capitato proprio a me. Poi ho cambiato sguardo. Perché non a me? Mi sono detta. Non avevo nessuna familiarità, non bevevo, non fumavo, seguivo un’alimentazione sana, e non mi sono accontentata di ciò che mi dicevano gli specialisti. Ho provato un forte desiderio di studiare cosa stesse accadendo al mio corpo, di approfondire, unendo l’interesse scientifico alle mie capacità manageriali. Mi sono presa cura della mia vita, recuperando quello che avevo trascurato, a partire dalla relazione con la mia famiglia, con i miei genitori e mia sorella. Ho continuato a viaggiare, ma per il piacere della scoperta, non per lavoro. In questo percorso ho incontrato persone fantastiche, ho costruito un rapporto positivo e costruttivo con i miei medici».
«Mi sono presa cura della mia vita recuperando quello che avevo trascurato»
Spinta dal desiderio di ridurre i numerosi effetti collaterali delle cure, lo stress e l’insonnia, Savina si è interessata al metodo del dottor Simonton, oncologo americano, che ha unito le neuroscienze alla psicologia motivazionale. I risultati ottenuti le danno la spinta per mettersi ancora in gioco, iniziando un nuovo percorso: «Ho studiato per tre anni in una scuola americana per diventare counselor certificata. Poi ho proseguito gli studi all’Università Cattolica di Roma, conseguendo il master post-universitario in Patient Advocacy Management».
Il volontariato
Durante gli studi ha iniziato a svolgere attività di volontariato: «Mi sono unita all’Aob, Associazione oncologica bergamasca, che ringrazierò sempre perché mi ha indicato la strada del master, una cosa nuova in Italia, nato per portare avanti gli interessi dei pazienti. Mi sono specializzata in particolare nell’aiutare il paziente ad attivare al meglio le proprie risorse personali e quelle del sistema sanitario, un processo che in inglese si può sintetizzare nelle parole “patient health engagement”. Nell’attività di volontariato all’ospedale Papa Giovanni XXIII ho scoperto quanto sia importante l’ascolto dei pazienti, stare loro vicino».
Quando la pandemia ha fermato l’attività dei volontari in ospedale, Savina ha creato una community sui social network: «Ho iniziato senza troppe aspettative - spiega -, mi sembrava di non avere l’età giusta per queste piattaforme. In realtà mi sono accorta che questo non conta e sono rimasta sorpresa da quanti contatti, amicizie, scambi ne sono nati. È nata una rete, che per molti è diventata un punto di riferimento, da cui trarre spunti, idee e motivazione. Ci sono pazienti oncologici, che mi scrivono per informazioni e consigli, e se non ho subito le risposte mi attivo per potergliele fornire, creando contatti tra persone, gruppi, associazioni e medici».
Ha adottato uno stile di vita attivo, fatto di nordic walking e passeggiate, coinvolgendo in un «morning training» in Città Alta tante donne che hanno storie oncologiche oppure desiderano semplicemente muoversi e creare relazioni di qualità: «Lo trasmetto su Instagram, è un modo per comunicare energia, positività ed entusiasmo. Cerco di restituire valore alle parole, seguendo i principi della comunicazione non violenta secondo i principi dello psicologo americano Marshall Rosenberg: non mi piace il linguaggio bellico, che spesso si utilizza per parlare di malattia oncologica, perché non siamo guerrieri e non c’è nessuna battaglia da vincere. In compenso ritengo che le parole giuste possano già diventare una cura, innescando dinamiche positive. Sostituire per esempio “devo” con “posso” e “voglio” restituisce potere e desiderio».
Zona Blu
Di recente Savina ha fondato con Michela Patrini «Zona Blu», un gruppo di donne imprenditrici e libere professioniste «che condividono i valori della compassione, impegno sociale e sostegno reciproco e che vogliono diffondere con energia e gioia il valore delle esperienze per ingaggiare le persone nel loro percorso di salute e longevità attiva». Con loro promuove iniziative di divulgazione, sensibilizzazione e raccolta fondi a favore di associazioni che aiutano pazienti oncologici come Aob.
Al via iniziative di divulgazione, sensibilizzazione e raccolta fondi a favore di associazioni che aiutano pazienti oncologici come Aob
La malattia è una condizione da capire, affrontare e trasformare. Può essere un veleno che si trasmette a tutti gli ambiti della vita, ma è possibile anche trasformare questa esperienza negativa dandole senso, come è capitato a me. Il cancro mi ha costretto a fermarmi e a scoprire il mondo della relazione d’aiuto, spingendomi a cambiare completamente prospettiva e iniziare una nuova vita»
Sia nel volontariato sia nel suo ruolo professionale Savina mette a frutto le esperienze compiute: «Cerco di aiutare le persone a focalizzarsi su se stesse, a indirizzare il proprio percorso di cura, facendo leva sulle risorse e i talenti che hanno. Sono felice di accompagnarle per un pezzetto di strada, seminare e vederle fiorire attraverso le loro capacità e ciò che riescono ad esprimere. Mi sono accorta che quando ci si ammala è importante cercare sostegno e aiuto, orientarsi tra il black out e i moltissimi stimoli che si ricevono. Ripercorrendo il passato mi accorgo a volte di aver fatto molti errori, e cerco di mettere anche questa esperienza a servizio di altri. La malattia è una condizione da capire, affrontare e trasformare. Può essere un veleno che si trasmette a tutti gli ambiti della vita, ma è possibile anche trasformare questa esperienza negativa dandole senso, come è capitato a me. Il cancro mi ha costretto a fermarmi e a scoprire il mondo della relazione d’aiuto, spingendomi a cambiare completamente prospettiva e iniziare una nuova vita».
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