«Donare può dare nuovo senso alla vita. Spero che i miei figli seguano l’esempio»

LA STORIA. Giacomo Gualdi di Vertova, ha dato il suo il mio midollo osseo: «Gesto che costa poco, ma può fare la differenza».

«Questa è ciò che considero vera generosità – scrive Simone de Beauvoir –. Dai tutta te stessa e tuttavia ti senti come se non ti fosse costato nulla».

Con questa naturalezza, come se non fosse niente di speciale, Giacomo Gualdi, 43 anni, di Vertova, racconta di aver compiuto un gesto bellissimo: la donazione di midollo osseo. «Se fosse per me lo rifarei – spiega con un sorriso –. Le regole, però, lo permettono una volta sola, a meno che non ne abbia bisogno di nuovo lo stesso ricevente oppure un familiare».

Chi è Giacomo Gualdi

Sono trascorsi otto anni dalla donazione di midollo di Giacomo, la seconda avvenuta nel suo paese: «La chiamata dell’ospedale, che mi annunciava una possibile compatibilità, è stata inaspettata e mi ha fatto molto piacere», Giacomo lavora nella ditta di famiglia Gualdi Trasporti Srl con il padre Giancarlo, la madre Mirella, il fratello Claudio e nove dipendenti, ma accanto alla sua attività principale non ha mai trascurato di partecipare a tante iniziative di volontariato.

«Per molto tempo – racconta – ho dato una mano agli Amici di Vertova: organizzavamo iniziative a sostegno dell’associazione Paolo Belli di Bergamo». Qualche anno fa, però, Giambattista Suardi, un dipendente della ditta, è morto a causa di una malattia dalla progressione molto rapida, che non gli ha lasciato scampo. Da allora anche Giacomo ha dato una mano ad alcuni amici e colleghi di «Giamba» che si sono mobilitati per raccogliere fondi per l’associazione ConGiulia, intitolata a Giulia Gabrieli, morta prematuramente a causa di una grave malattia, attiva all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo accanto ai bambini malati.

La raccolta fondi

«Siamo partiti con entusiasmo – continua Giacomo – con l’idea di tenere in vita la memoria del nostro amico. Poi pian piano ci siamo appassionati ai progetti di “ConGiulia” e de “Il sorriso di Gaia”, associazioni affini che lavorano insieme. Devolviamo interamente a loro il ricavato delle nostre iniziative e restiamo poi sempre in contatto. Quest’anno siamo riusciti a raccogliere ventimila euro, soprattutto grazie alla generosa partecipazione di tanti sponsor, senza di loro non ci saremmo riusciti. Quando andiamo all’ospedale per la consegna dei fondi ci viene sempre spiegato in modo dettagliato a che cosa siano destinati, ed è difficile non sentirsi umanamente coinvolti, conoscendo le storie dei piccoli pazienti e le loro sofferenze».

Così col tempo è nata una vera e propria associazione dedicata alla raccolta fondi, «Gli amici di Giamba» (su Instagram @amicidigiamba): «Ogni anno promuoviamo una manifestazione a Fiorano al Serio con un’esposizione di camion-truck e di auto Ferrari. Ci sono sempre spazi dedicati alla buona cucina e all’intrattenimento, con musica e iniziative per le famiglie».

Così, dal dolore per la perdita di una persona cara, sono nate tante possibilità positive per aiutare altri malati a stare meglio e a vivere pienamente, a seconda delle proprie possibilità.

In tre giorni ogni anno tra la fine di maggio e l’inizio di giugno gli «Amici di Giamba» offrono momenti di convivialità e tante occasioni di intrattenimento per grandi e piccoli, con musica dal vivo, gonfiabili, laboratori di truccabimbi, attività sportive e di sensibilizzazione su temi come la sicurezza e la prevenzione degli incendi, grazie alla presenza dei vigili del fuoco.

Nelle ultime edizioni sono stati coinvolti un’ottantina di volontari: «Non è facile – chiarisce Giacomo – conciliare un’attività di questo tipo con gli impegni professionali e familiari, lo facciamo perché sappiamo quali ricadute possa avere sulla vita dei bambini malati, offrendo serenità e sollievo. Molti prendono le ferie in quel periodo proprio per poter dare una mano. Doniamo tanto tempo e lavoro, ma lo facciamo volentieri, sapendo che ne vale davvero la pena».

Una bella occasione per creare un movimento di persone e di relazioni significative.

La cultura del dono

Giacomo è sposato con Barbara e ha due figli di 15 e 12 anni, Denis e Nicol. «Quando è nata la minore – dice –, nel 2012, abbiamo avuto modo di sperimentare sulla nostra pelle l’importanza della donazione. Mia moglie, infatti, ha dovuto subire un intervento d’urgenza a causa di alcune complicazioni legate al parto, e si è salvata grazie a una consistente trasfusione». Tutto si è risolto bene per fortuna: «Si è rimessa completamente, ma sicuramente quello che è accaduto ha lasciato un segno. Dopo quell’episodio ho deciso di iscrivermi all’Avis, per poter in qualche modo restituire ciò che mi era stato dato in dono». Così Giacomo ha iniziato con le sue donazioni di sangue: «Quando mi sono presentato in ospedale per le analisi per l’Avis – spiega – mi hanno chiesto se desiderassi eseguire anche il test per l’iscrizione all’Admo e al registro dei donatori di midollo osseo. Ho accettato, ma non credevo mi avrebbero mai chiamato, perché la compatibilità di uno per ogni centomila persone è davvero un’eventualità molto rara, che invece si è verificata. Una grande fortuna».

La prima telefonata ricevuta da Giacomo segnalava semplicemente un’opportunità, non una certezza. Perciò, prima di arrivare a una effettiva donazione si è reso necessario un lungo iter: «Mi hanno sottoposto a numerose analisi di screening. In quel momento stavano eseguendo gli esami anche su altre persone, che potenzialmente avrebbero potuto essere compatibili». Pian piano il gruppo si è assottigliato e alla fine è rimasto soltanto lui: «Ci sono stati momenti in cui ho avvertito un po’ di preoccupazione, ma ho trovato in ospedale un’équipe di medici e infermieri molto disponibili, che hanno saputo offrirmi risposte certe e approfondite, mostrandomi che per il donatore c’è sempre una grande attenzione alla sicurezza».

La donazione del midollo per «aferesi»

Giacomo ha quindi seguito i diversi passi necessari per verificare la compatibilità con il ricevente, ed è rimasto colpito dal fatto che ad ogni visita gli venisse chiesto di confermare la propria disponibilità alla donazione: «La motivazione più forte per me era la possibilità di salvare la vita a una persona malata, offrendole la possibilità di guarire. Tutto il resto scivolava in secondo piano. Sono una persona responsabile, non mi sarei mai tirato indietro, anche se trovavo significativo e corretto sapere che volendo avrei potuto farlo. Questo mi ha aiutato a superare le preoccupazioni e a mettere da parte le mie paure».

Concluso questo lungo procedimento in modo positivo, Giacomo ha chiesto informazioni sulla modalità della donazione: «Mi hanno detto che poteva avvenire sia per aferesi (quindi con prelievo dal sangue periferico) sia con prelievo dalle ossa del bacino. Ho dato l’autorizzazione per entrambe le modalità, anche se ovviamente speravo che mi capitasse la meno invasiva». La scelta dipende sempre dagli specialisti del reparto, e nel caso di Giacomo è stata indicata la modalità dell’aferesi, un procedimento molto simile alla donazione di plasma, usato in otto donazioni su dieci. In questo caso, è prevista la somministrazione, nei cinque giorni precedenti, di un farmaco che promuove la crescita delle cellule staminali nel midollo osseo e il loro passaggio al sangue periferico.

Per questa tipologia di prelievo vengono usati separatori cellulari: il sangue prelevato da un braccio attraverso un circuito sterile entra in una centrifuga dove la componente cellulare utile al trapianto viene isolata e raccolta in una sacca, mentre il resto viene reinfuso nel braccio opposto. «Non è una procedura invasiva – chiarisce Giacomo – ci vuole solo un po’ di

«Non mi hanno mai detto nulla sul ricevente, se fosse uomo o donna, che età avesse, se il trapianto avesse avuto successo».

pazienza, perché dura per qualche ora. Mi ha accompagnato mia moglie, e poi le è subentrata mia madre». Non ha avuto notizie della persona che ha ricevuto il trapianto: «Non mi hanno mai detto nulla sul ricevente, se fosse uomo o donna, che età avesse, se il trapianto avesse avuto successo. Peccato, mi sarebbe piaciuto saperlo anche se mi rendo conto dell’importanza di mantenere l’anonimato sia per il donatore sia per il ricevente. All’inizio ero curioso, ma poi ho capito che andava bene così, che non era così importante sapere se il trapianto era andato a buon fine. Sono comunque contento di aver potuto fare questo dono. Anche per questo ho preferito non inviare messaggi o lettere. Sapere di aver aiutato un’altra persona mi ha reso comunque molto felice».

Non ha riportato particolari conseguenze: «I rischi per il donatore sono davvero minimi. Sono tornato a casa quella sera con un po’ di spossatezza, ho rallentato l’attività sportiva nei giorni successivi, ma sono comunque andato a lavorare normalmente. Nel giro di due settimane sono tornato come nuovo».

Ha seguito con scrupolo l’iter dei controlli successivi: «Visite e analisi hanno sempre avuto esiti positivi, senza particolari problemi».

Che cosa è successo dopo la donazione

Giacomo ha portato avanti un’attività di sensibilizzazione sulla donazione del midollo osseo con l’Admo (per approfondire admo.it): «Sono stato in una scuola a portare la mia testimonianza e molti ragazzi mi hanno chiesto informazioni sull’iscrizione, questo mi ha fatto molto piacere. Quando l’Admo mi chiama, aderisco volentieri alle iniziative. Appena possibile ho anche ripreso le donazioni di sangue con l’Avis. Spero che anche i miei figli seguano l’esempio, perché penso che sia importante vivere con attenzione e cura verso gli altri».

La donazione è un gesto che arricchisce umanamente anche chi lo compie

La donazione ha avuto una risonanza positiva nell’ambiente familiare, tra amici e conoscenti: «Molti hanno voluto conoscere i dettagli e mi hanno chiesto come potersi iscrivere al registro dei donatori. Spero che lo facciano in tanti, è un gesto che non costa nulla e può, invece, davvero fare la differenza per una persona malata». Un gesto che arricchisce umanamente anche chi lo compie: «Ne conservo un bellissimo ricordo, è un’esperienza che dà senso alla vita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA