
La Buona Domenica / Valle Seriana
Domenica 16 Marzo 2025
«Donare è aprire la porta al futuro». La storia di Valentina e un piccolo, grande gesto di speranza
LA STORIA. Valentina Mortellaro, prima l’iscrizione all’Admo, poi la chiamata quasi a sorpresa. In ospedale con la nonna.
«Se allevierò il dolore di una vita / o guarirò una pena - dice una celebre poesia di Emily Dickinson - non avrò vissuto invano». Valentina Mortellaro, vent’anni, di Fiorano al Serio, nonostante la sua giovane età ha già deciso di dare questa linea alla sua vita: essere utile al prossimo, allargando lo sguardo sui più fragili.
È stato questo slancio del cuore a spingerla a iscriversi all’Admo (Associazione donatori midollo osseo, www.admo.it) e ad accettare di portare a termine la donazione, accogliendo una richiesta che l’ha colta di sorpresa, arrivata pochissimo tempo dopo la tipizzazione, un semplice test della saliva o del sangue che permette di individuare una possibile compatibilità.
Valentina ora vive a Roma in un appartamento condiviso con altre due studentesse e studia Scienze Politiche e Relazioni internazionali: una scelta compiuta con il desiderio di ampliare i suoi orizzonti, viaggiare, scoprire posti e culture diverse, ma soprattutto essere d’aiuto ad altri che si trovano in situazioni difficili, in condizioni di povertà e di svantaggio.
Valentina ora vive a Roma in un appartamento condiviso con altre due studentesse e studia Scienze Politiche e Relazioni internazionali
Una passione di famiglia
«Mi appassionano l’economia e le lingue – racconta Valentina – perciò ho frequentato l’istituto tecnico economico Romero di Albino. Tutta la mia famiglia è composta da donatori Avis, e attraverso di loro ho conosciuto l’Admo. A casa affrontiamo spesso i temi legati alla donazione. Così poco tempo fa, quando ho visto lo stand di Admo fuori dalla chiesa parrocchiale, in occasione di una festa di paese, ho deciso di andarci, insieme con mia sorella maggiore Martina, che studia Medicina. La minore, Giorgia, era ancora troppo giovane».
La chiamata dall’ospedale
In quell’occasione Valentina e Martina si sono iscritte al registro dei donatori di midollo osseo, poi è passato un po’ di tempo e come spesso accade se ne sono dimenticate: «Poi un giorno mi hanno chiamato dall’ospedale - sorride Valentina -. È stata una bella sorpresa, mi hanno comunicato che c’era la possibilità che fossi compatibile con un paziente, convocandomi per alcuni esami. Così ho proseguito gli accertamenti, rispettando tutte le fasi che precedono la donazione di midollo osseo. All’inizio ero ancora dubbiosa, anche perché sapevo che la probabilità di individuare una piena compatibilità tra persone non consanguinee è di uno ogni centomila persone». Possibile che sia proprio io? Si chiedeva con un po’ di stupore.
La conferma
«Quando mi hanno richiamato per confermarmi che avevano riscontrato la compatibilità e informarmi dei passi necessari per proseguire l’iter della donazione, ho capito che era tutto vero. Mi sono emozionata, ero felice di poter aiutare una persona che ne aveva bisogno, mi è sembrato un privilegio». Si è meravigliata dei commenti delle persone con cui si è confidata in quel periodo: «Quando raccontavo che cosa stavo facendo, e manifestavo l’intenzione di donare il midollo osseo, di solito mi dimostravano ammirazione. Accade anche adesso ogni volta che ne parlo. Per me questo è spiazzante, perché non mi sembra di aver fatto niente di speciale, in fondo, tirando le somme, è stata una piccola cosa, che non mi ha causato fatica o dolore. Sono le persone che affrontano la malattia e il trapianto a essere veramente coraggiose».
Valentina ha un temperamento tranquillo, le piace affrontare la vita a viso aperto, senza troppa ansia: «Mi ha rassicurato leggere e compilare tutti i questionari che mi sono stati sottoposti e ascoltare con attenzione le informazioni fornite dai medici. Quando avevo dei dubbi ho chiesto spiegazioni, e alla fine mi è sembrato che mi avessero adeguatamente preparato. Questo periodo è durato un paio di mesi».
La salute dei donatori di midollo osseo viene controllata in modo accurato: «A un certo punto nelle analisi del sangue è risultato che avevo alcuni valori un po’ sballati. Così i medici hanno preferito approfondire ed è emerso che ho una patologia genetica, la sindrome di Gilbert». Si tratta di una patologia a carattere ereditario, dovuta ad un gene difettoso, che impedisce al fegato di eliminare la bilirubina in eccesso dal sangue.
È una condizione ereditaria benigna che interessa circa il 5-10% della popolazione e non ha alcun impatto sull’aspettativa di vita della persona che ne soffre. «Mi sono preoccupata – osserva Valentina – soprattutto perché temevo di non poter più donare il midollo. Alla fine, fortunatamente si è risolto tutto e questo non ha influenzato il cammino che avevo intrapreso».
L’avventura a Roma
Il percorso che l’ha portata alla donazione per Valentina è stato avventuroso: «L’ho iniziato senza saperne quasi nulla. L’ho portato avanti lontana da casa, all’ospedale San Camillo di Roma, perché intanto mi ero trasferita lì per frequentare i corsi universitari. Strada facendo ho scoperto un altro aspetto interessante: per i donatori i controlli medici annuali continuano per dieci anni. Così alla fine diventa un modo per prendersi cura di sé, non solo di aiutare altre persone, anche se per me quest’ultimo aspetto resta il più importante».
La preparazione
All’avvicinarsi del giorno stabilito per la donazione ha provato tante emozioni: «Mi hanno spiegato che la donazione sarebbe avvenuta con un prelievo dal sangue periferico, come accade oggi nella maggior parte dei casi. Si tratta di un metodo non invasivo, simile a quello usato per il prelievo del plasma». Con la procedura definita per aferesi è previsto l’utilizzo di separatori cellulari: il sangue, prelevato da un braccio, entra in una centrifuga attraverso un circuito sterile dove la componente utile al trapianto (le cellule staminali emopoietiche) viene isolata e raccolta, mentre il resto del sangue viene reinfuso.
Questa modalità prevede la somministrazione, mediante iniezioni sottocutanee, di un farmaco nei 4-5 giorni prima della donazione. Si tratta di un «fattore di crescita», normalmente prodotto dal nostro organismo, che rende più rapida la crescita delle cellule staminali nel midollo osseo e ne facilita il passaggio nel sangue periferico, ossia quello in circolo in tutto l’organismo. «Mi preoccupava l’idea di dover fare da sola alcune iniezioni – chiarisce Valentina – sono stata contenta che mia sorella fosse di passaggio a Roma e potesse aiutarmi. Alla fine ci sono riuscita, e sono stata molto contenta di aver superato anche questo ostacolo».
La donazione
Solo in quei giorni ha notato qualche effetto collaterale: «Solo un po’ di fastidio, un senso di indolenzimento, come se avessi un po’ d’influenza». La sua famiglia le è stata vicina per tutto il percorso: «Erano contenti ed emozionati come me. Nel giorno della donazione mi ha accompagnato mia nonna Renata, che era venuta a trovarmi per qualche giorno a Roma. È rimasta con me per tutto il tempo, mi ha aiutato a mantenere calma e serenità. Mi sono sentita sicura e accolta in modo premuroso all’ospedale, medici e infermieri entravano spesso nella mia stanza per accertarsi che tutto andasse bene. Certo, è un processo che dura qualche ora, bisogna fare un po’ di sacrificio e stare fermi. Ho cercato di dormire, di restare sempre rilassata e non ci sono stati problemi».
La gioia finale
Le è rimasta la gioia di aver aiutato qualcuno che ne aveva bisogno: «Sono felice di aver offerto a una persona un’opportunità di guarigione. Ogni tanto mi piace fantasticare su chi possa essere, anche se ovviamente non lo saprò mai. Non ho lasciato messaggi al momento della donazione del midollo perché non sono brava in queste cose. Spero tanto che la persona ricevente stia bene e possa proseguire la sua vita nel modo migliore possibile. Il midollo osseo si può donare una volta sola, ma per proseguire questo percorso di aiuto agli altri appena possibile mi iscriverò all’Avis, diventando anche donatrice di sangue».
L’invito agli amici
Ha mantenuto aggiornati sul percorso della sua donazione anche amici e conoscenti, suscitando fra loro curiosità e interesse: «Ne ho parlato con i miei amici, anche per far capire loro quanto fosse facile aderire, e qualcuno ha già manifestato il desiderio di iscriversi al registro dei donatori, seguendo il mio esempio. Spero che lo facciano in tanti, solo così potranno crescere le possibilità per i malati che hanno bisogno di trovare donatori compatibili». Dopo aver conosciuto Carmen Pugliese, referente dell’Admo provinciale di Bergamo e vicepresidente di Admo Lombardia, ha accettato di raccontare la sua storia in parrocchia: «Ne ho parlato in chiesa, alla fine della Messa. È stato molto bello avere questa opportunità. All’inizio ero diffidente e un po’ timorosa, ma ho capito che era molto importante offrire una testimonianza per coinvolgere e sensibilizzare più persone possibili sul questo tema. Alla fine in tanti mi hanno fermato per chiedermi maggiori informazioni o semplicemente per congratularsi e manifestare apprezzamento».
La scoperta del Brasile
Questa donazione è coerente con l’inclinazione di Valentina a tenere aperto lo sguardo sul mondo, sul futuro, sulle possibilità che offre: «Ho trascorso un anno di studio all’estero con Intercultura nel 2022-23 ed è stato molto importante per me. Sono stata in Brasile, in un piccolo paese, nel pieno di una zona agricola. Ho conosciuto persone splendide, solari, con l’amore dentro. Ho viaggiato molto, sia con la famiglia che mi ospitava sia con gli altri ragazzi del gruppo di Intercultura: ho visitato Rio de Janeiro, in Amazzonia, le cascate di Iguaçu al confine tra la provincia argentina di Misiones e lo Stato brasiliano del Paranà. Ho fatto il pieno di emozioni, e anche da questa esperienza è nato il mio desiderio di studiare Scienze Politiche. Spero di riuscire a trovare un lavoro che mi permetta di essere utile alle persone».
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