Dall’incidente alle medaglie di Parigi: «Nella vita c’è sempre una speranza»

LA STORIA. Mirko Testa si racconta: lo sport come sfida e rinascita, i trionfi a livello internazionale in handbike e i giochi paralimpici.

«C’è sempre una speranza, anche davanti alle difficoltà più grandi»: così Mirko Testa, 27 anni, di Grassobbio, campione paralimpico di handbike, racconta la sua rinascita dopo l’incidente, che l’ha reso paraplegico, avvenuto durante una gara di motocross nel 2018. Lo sport per lui è stato il motore di una trasformazione, come atleta e come persona: «Il desiderio di continuare a praticarlo mi ha dato la spinta per adattarmi a una nuova vita, e per guardare il mondo da una prospettiva diversa».

«La mia nuova vita»

Come ha detto Alex Zanardi, grande campione paralimpico e modello per molti atleti, «la vita è sempre degna di essere vissuta e lo sport dà possibilità incredibili per migliorare il proprio quotidiano e ritrovare motivazioni». Anche per Mirko è stato così, fin dall’inizio della sua storia: «Da bambino ho praticato judo a livello agonistico per 8 anni, poi ho iniziato a correre in moto, cimentandomi nelle gare di motocross. Proprio in una di queste, quando avevo 21 anni, ho avuto un incidente che mi ha provocato una lesione midollare. Da lì è iniziata la mia nuova vita».

Non è stato facile: «Quando mi sono risvegliato e mi hanno detto che non avrei più camminato è stato drammatico. Ho capito di non avere scelta, potevo disperarmi quanto volevo, ma le cose non sarebbero cambiate». Mirko, però, non era solo: «Sono stato fortunato, perché i miei amici, la mia famiglia e lo staff medico mi sono stati molto vicini e mi hanno aiutato a capire che nonostante ciò che mi era successo la mia vita non era finita: avevo ancora molte possibilità, potevo girare pagina e andare avanti. Bastava imparare a fare le cose in modo diverso. Così ce l’ho messa tutta. Dovevo capire cosa e come farle».

Ci sono voluti pazienza, tenacia, tempo e tante energie prima di assimilare quest’idea: «Sono rimasto in riabilitazione per sette mesi. Grazie a fisioterapisti, medici e alla mia famiglia sono riuscito a ritrovare slancio e ricominciare. Ho scoperto il mondo dello sport paralimpico grazie ad Active sport, una società di Brescia. Con un progetto che si chiama sport-therapy è presente, infatti, negli ospedali per far conoscere le diverse discipline paralimpiche. Ne ho provate diverse e mi sono innamorato dell’handbike».

L’handbike con gli amici

All’inizio era solo un passatempo, una passione: «Mi piaceva prendere la bicicletta - racconta Mirko - e uscire con i miei amici, per passare del tempo all’aria aperta, mi faceva sentire vivo». Anche questo l’ha aiutato a riprendere la sua vita dopo essere uscito dall’ospedale: «Sono tornato a lavorare. Prima dell’incidente mi occupavo di installare sistemi di automazione nei cantieri, in seguito, non potendo più camminare, ho svolto mansioni diverse in ufficio e quando potevo continuavo ad allenarmi in handbike».

Il richiamo dell’agonismo

Ben presto ha ricominciato a sentire il richiamo dell’attività agonistica: «Ho ricominciato a gareggiare un mese e mezzo dopo l’uscita dall’ospedale. Alla prima competizione sono arrivato tra gli ultimi, ma mi sono divertito moltissimo. Così ho continuato e pian piano ho migliorato i miei risultati e ho acquistato fiducia in me stesso». Dopo due anni e mezzo di «apprendistato» ha sentito di avere delle buone potenzialità, ha pensato che i piazzamenti che otteneva potevano acquisire un significato più importante: «Era un modo per realizzare un sogno, dedicare la vita completamente allo sport. In quel momento avevo già vinto due Giri d’Italia, i risultati erano confortanti. Così ho deciso di lasciare il lavoro e di provarci sul serio. Ne ho parlato molto con la mia fidanzata, Sara, che è stata ex atleta professionista nel nuoto e ora è personal trainer. Lei mi ha sempre incoraggiato a proseguire, a tenere duro nei momenti difficili». Sara è un punto di riferimento fondamentale per Mirko: «Ci conosciamo da tantissimi anni, ma ci siamo avvicinati molto dopo il mio incidente. Lei c’era sempre nel periodo della mia riabilitazione, ma ci siamo presi il giusto spazio, ci siamo fidanzati dopo».

Da allora hanno preso insieme le decisioni importanti, come quella di dedicarsi alla carriera sportiva professionistica: «Lo sport è sempre stato presente nella mia vita, mi piace seguirlo e praticarlo. Sapevo che scegliere questa strada era un rischio, ma ho deciso di provare comunque, con serenità, perché la vita è così: si può sempre cambiare strada e trovare una direzione diversa».

Alle Paralimpiadi di Parigi nel 2024 si è aggiudicato la medaglia di bronzo nella prova in linea della categoria H3 e la medaglia d’argento nella staffetta a squadre insieme a Luca Mazzone e Federico Mestroni

La carriera da atleta

Così è iniziata la sua vera carriera di atleta nel mondo paralimpico: «Ho iniziato a vincere gare importanti, ci sono state le convocazioni alle nazionali, poi titoli internazionali, finché sono entrato nel gruppo sportivo delle Fiamme Oro della Polizia di Stato e poi sono arrivate varie possibilità, in primis quella di partecipare alle Paralimpiadi, e tutto il resto».

Le medaglie a Parigi

Proprio alle Paralimpiadi di Parigi nel 2024 si è aggiudicato la medaglia di bronzo nella prova in linea della categoria H3 e la medaglia d’argento nella staffetta a squadre insieme a Luca Mazzone e Federico Mestroni: «Sono state le competizioni più emozionanti che abbia mai fatto, l’atmosfera e il clima che si respiravano erano incredibili, mi sembrava un sogno poter essere lì. Ho avuto la fortuna di poter condividere quei momenti con la mia famiglia, Sara e tanti amici, ed è stato davvero bellissimo».

L’ambiente paralimpico è molto diverso da quello a cui Mirko si era avvicinato prima dell’incidente: «È un mondo molto dinamico e in crescita. Ci sono la stessa serietà e impegno che si possono trovare in un qualunque ambiente di sport agonistico. Sta crescendo anche l’attenzione e la considerazione del pubblico. Capita anche di misurarsi con atleti “normodotati”, anche se ovviamente il livello non può essere lo stesso. C’è un confronto positivo, con la consapevolezza di condividere gli stessi sacrifici e le gioie di fronte a ogni traguardo raggiunto, di fronte a ogni difficoltà superata».

«Incontro studenti di tutte le classi: dalla primaria, alle medie e le superiori, a volte mi capita anche di andare all’università. Le domande che mi pongono dipendono dall’età: i più piccoli sono i più curiosi, si interessano anche alle regole e ai ritmi di allenamento sportivo, i grandi sono più timidi e riservati e vogliono capire soprattutto come cambia la vita con la disabilità»

Le difficoltà

Anche per Mirko ci sono stati alti e bassi e tanti momenti difficili: «Il più duro, forse, mi è capitato in occasione della prima convocazione in nazionale. Avevo partecipato a diversi ritiri, mi ero preparato con molto impegno. Ero felicissimo di questo debutto e mi sentivo pronto. Alla fine, però, eravamo nel 2020, un periodo particolare, nel pieno della pandemia e sono risultato positivo al Covid. Così mi è toccato rimanere in camera a guardare gli altri che gareggiavano. Sono cose che capitano e purtroppo non ci si può fare niente. Sentivo il peso di ciò che stava accadendo a Bergamo, per la nostra città è stato un periodo drammatico. C’era perciò una forte tensione emotiva in quello che stavamo vivendo».

Gli incontri nelle scuole

Mirko da tempo si impegna anche in incontri di sensibilizzazione e divulgazione con i ragazzi delle scuole: «Mi capita spesso di andare a raccontare la mia storia, il mio rapporto con lo sport, la mia vita in carrozzina. Incontro studenti di tutte le classi: dalla primaria, alle medie e le superiori, a volte mi capita anche di andare all’università. Le domande che mi pongono dipendono dall’età: i più piccoli sono i più curiosi, si interessano anche alle regole e ai ritmi di allenamento sportivo, i grandi sono più timidi e riservati e vogliono capire soprattutto come cambia la vita con la disabilità».

Nel tempo Mirko ha cambiato prospettiva: «Dopo l’incidente mi sembrava di avere davanti una montagna da scalare. Mi sembrava tutto un problema, casa mia non era accessibile, i miei hanno dovuto risistemarla. Non sapevo neanch’io come comportarmi, mi sentivo in colpa per ciò che mi era successo. I miei hanno sempre cercato di alleggerirmi da ogni peso, mi sono stati vicino incoraggiandomi e sostenendomi. Ci ho messo un po’ a capire che potevo farcela comunque».

«Andare in bici ha aperto un nuovo orizzonte: «Questo sport mi trasmette una profonda sensazione di libertà, mi permette di andare dove voglio, di sentire il vento fra i capelli, di respirare. A volte prendo la bici anche quando non mi alleno, solo per fare una passeggiata. Amo sentirmi sempre in movimento»

La vita da atleta

Ha instaurato una routine scandita dai suoi allenamenti: «Soprattutto nel periodo delle gare sono impegnato dal mattino alla sera. Mi alzo presto, dopo colazione preparo la mia bici, a volte mio padre mi segue in moto per aiutarmi su alcuni aspetti specifici. Poi ci sono le sessioni di esercizi in palestra, un po’ di stretching, e a fine giornata torno a casa e mi riposo. Ci sono periodi più intensi e altri meno. Ora sto spingendo tanto, perché inizia la stagione delle gare. Mi alleno spesso in compagnia di altri ciclisti. Raramente sono in giro da solo. Mi capita che gli altri atleti all’inizio pensino che io vada piano, considerano il mio mezzo un po’ strano. Poi però quando mi vedono in movimento cambiano opinione e capiscono che anche l’handbike è una disciplina seria, in cui si pedala forte, e così nasce un bel legame di solidarietà e stima reciproca. Anche loro diventano un po’ tifosi e si appassionano al mio percorso».

«Mi appassiona affrontare nuove sfide»

Andare in bici ha aperto un nuovo orizzonte: «Questo sport mi trasmette una profonda sensazione di libertà, mi permette di andare dove voglio, di sentire il vento fra i capelli, di respirare. A volte prendo la bici anche quando non mi alleno, solo per fare una passeggiata. Amo sentirmi sempre in movimento, perciò dedico molto del mio tempo libero ad altri sport, come lo sci e il nuoto. Al mare faccio anche sci d’acqua, mi appassiona affrontare nuove sfide. Anche alla mia fidanzata piacciono le stesse cose, su questo ci troviamo d’accordo».

Si è lasciato il passato alle spalle: «Non ho rimpianti, in fondo qualunque cosa facessi prima posso farla anche adesso, anche se in maniera diversa. La mia vita è piena, motivante e abbastanza divertente. Sono in giro per il mondo per quattro o cinque mesi all’anno, e mi è sempre piaciuto viaggiare. Dopo l’anno olimpico, che è stato molto stressante, ora cerco di ritagliarmi più tempo per me. Il mio sogno più grande? Raggiungere nuovi traguardi, ma anche costruirmi una famiglia con Sara».

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