A tavola, con il sorriso e oltre le fragilità. La sfida vinta del «Tirolese Di-verso»

SAN PELLEGRINO. La svolta sociale dello storico locale: un ristorante e torrefazione che dà lavoro a 13 ragazzi.

C’è Andrea che riordina scatole e barattoli e ti accoglie con un grande sorriso. E poi Giulia con lo sguardo attento, seduta al computer, Scermina pronta ad aprire il blocco degli ordini, Chiara impegnata a preparare l’aperitivo al bancone del bar. Dai tavoli posizionati all’esterno, sulla terrazza, si vede scorrere il Brembo e si ammira uno scorcio suggestivo di San Pellegrino. Così fin dal primo sguardo ci si sente accolti e incuriositi dal ristorante-torrefazione «Un Tirolese Di-verso», gestito dalla Cooperativa Sociale «I love Val Brembana » che impiega ragazzi con diverse fragilità, insieme al personale della cooperativa, con l’aiuto di un gruppo di volontari molto appassionati.

Le differenze sono il fiore all’occhiello

Le differenze qui non sono uno scoglio, ma un fiore all’occhiello e per dichiararlo subito nel logo dell’insegna ci sono i colori di Arlecchino, maschera tipica della Valle, che in questo locale diventano simbolo dell’incontro di tante abilità diverse. Tradurlo in realtà, al di là di qualsiasi barriera e pregiudizio, fra un piatto di casoncelli e le speciali formaggelle al caffè, è un impegno quotidiano.

Forse non è un caso che questa impresa «controcorrente» sia nata intorno alla tavola, dalle chiacchiere tra amici a cui stanno a cuore il presente e il futuro della Valle Brembana: «Avevamo l’idea di fare qualcosa per il nostro territorio - spiega Alessandro Adragna, presidente della cooperativa e volontario -. Confrontandoci è emerso che in generale il livello

«Abbiamo associato il nostro desiderio di valorizzare persone con fragilità alla promozione dei prodotti tipici della nostra Valle».

di disoccupazione è molto basso, ma diventa altissimo per le persone con disabilità». Il primo passo è stato quindi creare un’associazione e trovare un luogo dove avviare un’attività di vendita: «Abbiamo associato il nostro desiderio di valorizzare persone con fragilità - racconta Alessandro - alla promozione dei prodotti tipici della nostra Valle. Ci siamo quindi impegnati a individuare un posto strategico e facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, in modo da incoraggiare l’autonomia dei ragazzi. Così abbiamo trovato un locale a San Pellegrino».

Grazie alla collaborazione con Daniela Gamba, referente per l’orientamento disabili dell’Azienda Bergamasca Formazione (Abf) di San Giovanni Bianco, che offre corsi di formazione professionale personalizzati a seconda del grado di disabilità e progetti specifici, sono stati realizzati i primi inserimenti lavorativi.

La prima apertura della bottega nel 2002

«La prima apertura della nostra bottega - ricorda Alessandro - è avvenuta nel novembre del 2022. Abbiamo coinvolto fin dall’inizio coltivatori e produttori del territorio, e i ragazzi si sono impegnati soprattutto nel confezionamento: pesavano i prodotti, etichettavano le confezioni, le sigillavano e decoravano, nel piccolo laboratorio. Abbiamo inventato insieme il nostro logo, un quadretto con i colori di Arlecchino, che rappresentano le diversità dei ragazzi. All’interno ci sono i loro disegni».

Fin dall’inizio il primo obiettivo era l’inclusione, con l’idea di puntare sui talenti di ognuno

Fin dall’inizio il primo obiettivo era l’inclusione, con l’idea di puntare sui talenti di ognuno: «C’erano sempre i ragazzi al centro, e tutti noi, con i volontari, ci siamo messi al lavoro. Dopo un po’, però, ci siamo scontrati con il problema della sostenibilità. Eravamo consapevoli che per dare un futuro a queste attività dovevamo trovare una strada che ”reggesse” anche dal punto di vista economico. Perciò abbiamo iniziato a mettere sul tavolo nuove idee».

La decisione dopo l’incontro con i vecchi proprietari

La svolta è nata durante una cena, grazie all’incontro con i titolari del «vecchio» ristorante Tirolese: «Al momento di portarci il conto, dopo aver sentito su quale tema stessimo argomentando, ci hanno chiesto in modo inaspettato se potesse interessarci rilevare la loro attività, perché stavano pensando di ritirarsi. Al momento siamo rimasti perplessi, non pensavamo che fosse un’idea percorribile, poi pian piano, pensandoci, allargando il dibattito ad amici competenti, e coinvolgendo anche i titolari nella costituzione della cooperativa, alla fine ci siamo riusciti».

«La cooperativa «I Love Val Brembana»

La cooperativa «I Love Val Brembana» si è infine costituita a marzo del 2023, e da aprile è iniziata l’avventura del ristorante. «Abbiamo mantenuto il nome originario - osserva Alessandro -, dato che si trattava di un locale storico ben avviato, ma abbiamo aggiunto la parola “di-verso” per mostrare l’intento del nostro progetto. La cuoca è rimasta, dando continuità al menu, e nel tempo abbiamo introdotto varianti e innovazioni, con particolare attenzione ai prodotti del territorio. Adesso gli inserimenti lavorativi sono 13, con un impegno orario diverso, a seconda delle possibilità di ognuno». Ognuno è sollecitato a esprimere i propri talenti.

Andrea, per esempio, è molto metodico e preciso, arriva al ristorante alle 8 del mattino, si prende cura dell’ambiente: «Quando ha iniziato - ricorda Alessandro - faticava a mettersi in relazione con le persone, ora invece lo fa con naturalezza. Ci piace pensare a un progetto che cresce nel tempo, ora stiamo pensando di abbassare il bancone del bar in modo da permettere di accedervi anche a chi si sposta sulla carrozzina, per preparare il caffè o servire la birra». Un’attenzione rara: è l’ambiente di lavoro che si adatta per diventare accessibile a tutti.

Se Giulia ha qualche difficoltà di movimento, la sua simpatia vince su tutto: non dimentica nulla, è molto precisa nel trasmettere le «comande» alla cucina e le piace dedicarsi alla grafica: «Ho iniziato in bottega nel 2022 - racconta -, poi da aprile 2023 qui al ristorante. Mi piace servire in sala, al bar e prendere gli ordini. Mi diverte consigliare i piatti che si trovano sul menu, col tempo ho imparato a conoscere le caratteristiche dei vini della nostra cantina e a indicare possibili abbinamenti. All’inizio dovevo leggere i dolci dalla carta, adesso li ho imparati a memoria. Alla fine del turno sono un po’ stanca ma molto felice. Il momento più bello è quello dei pasti, perché c’è tanta gente, soprattutto nel fine settimana. I menu e i volantini del ristorante li ho fatti io».

La giornata di lavoro

La giornata inizia presto: alle 7 in cucina si cominciano a preparare le brioche, alle 8 arrivano i ragazzi, alle 8,30 c’è l’apertura per le colazioni.

«È stata una scommessa - sottolinea Alessandro - vedere le reazioni dei commensali perché i clienti magari non si aspettano questi camerieri speciali. Per questo sui menu, curati da Giulia, abbiamo scritto la nostra storia, per aiutare le persone ad avvicinarsi e a comprendere. Ogni tanto cade qualche bicchiere, c’è chi porta via i piatti prima del tempo. Capitano situazioni un po’ fuori dall’ordinario, ma più spesso questi ragazzi danno un grande esempio di passione e slancio nel lavoro».

Ci sono occasioni di crescita e cambiamento anche per chi lavora al loro fianco: «Questa esperienza mi ha cambiato - ammette Alessandro - pensavo di essere pronto, invece non lo ero. Cammin facendo ho scoperto tante cose».

I giovani coinvolti hanno l’occasione di mettersi alla prova e di ottenere risultati importanti: «Svolgendo un vero lavoro - osserva Alessandro - fanno passi in avanti, rafforzano autostima, fiducia e consapevolezza di sé».

«Un Tirolese Di-verso» non è solo ristorante ma bottega e torrefazione in cui si trovano tanti prodotti del territorio «a chilometro zero». «Il vino per esempio - chiarisce Alessandro - arriva da Oikos, cooperativa sociale di Villa d’Almè, che fa inserimenti lavorativi di persone con fragilità. Tutti i prodotti che si trovano in bottega hanno un nome e una storia. Abbiamo introdotto anche alcune innovazioni, come le formaggelle aromatizzate con il caffè tostato e preparato da noi».

La torrefazione

Per imparare i segreti della torrefazione stanno seguendo un percorso di formazione con Erminia Nodari della Slow Food Coffee Coalition e co-fondatrice di Critical Coffee. I ragazzi del «Tirolese» preparano anche biscotti di diversi tipi e gusti, casoncelli e alcuni tipi di pasta fresca, come le «Foiade». Hanno partecipato anche al locale Mercato della Terra cimentandosi nello street food, con inediti sapori bergamaschi, dai casoncelli fritti alla polenta taragna da passeggio.

Nella routine quotidiana del ristorante c’è chi sta al bar, chi in cucina, qualcuno allestisce la sala e serve ai tavoli, alla fine bisogna pulire e riordinare. «Intorno al progetto - commenta Alessandro - si è formata una rete con tanti enti e soggetti del territorio, comprese la parrocchia e l’amministrazione comunale».

Scermina ha 22 anni e quando ha iniziato a lavorare al «Tirolese» è stata affascinata dall’atmosfera: «Siamo molto affiatati, come una famiglia. Sto imparando le tecniche di torrefazione, perché mi piace scoprire cose nuove. Ho frequentato la scuola alberghiera e ho lavorato in altre cooperative, ma questo è il posto che preferisco. È bello mangiare insieme alla fine del servizio, un momento in cui possiamo ridere e scherzare». C’è chi ha scoperto lati di sé che non immaginava come Chiara, 24 anni: «Mi sentivo insicura, temevo di non essere all’altezza; invece, col tempo ho acquistato più velocità e agilità. Ci diamo una mano a vicenda, il nostro è un lavoro di squadra».

Il ristorante può contare anche sull’aiuto di una decina di volontari, arrivati per passaparola oppure per caso, come Giulia: «Sono entrata una mattina con il mio ragazzo per fare colazione. Siamo rimasti così colpiti da questo progetto che in seguito lui è stato assunto come dipendente e io ho iniziato a collaborare come volontaria. Ci hanno convinto gli obiettivi di inclusione sociale e l’attenzione alle esigenze dei ragazzi, valorizzati per le capacità che hanno, senza porre l’accento su ciò che non riescono a fare e sulle caratteristiche per cui la società li considera diversi. Venire al lavoro fa sentire questi ragazzi realizzati, da parte nostra cerchiamo di far capire loro che hanno talenti e qualità da esprimere. Chi incontra questa realtà poi torna e si ferma, come è successo a noi. Nascono legami forti, profondi e positivi».

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