Sono stati rimpatriati i bambini ucraini di Pontida

IL SALUTO. Gli 11 minori ospitati da due anni e mezzo nella foresteria dell’Abbazia sono partiti nella mattinata di giovedì 19 settembre: destinati a Karapchiv, al confine con la Romania. La volontaria che li ha sempre seguiti: «Spiace, ci sono entrati nel cuore».

Milleseicentoquarantadue chilometri, 18 ore e 28 minuti di viaggio. Per Google è questa la distanza che separa, da oggi, gli 11 bambini ucraini partiti ieri mattina alla volta del loro Paese dopo due anni e mezzo di permanenza a Pontida. Ma il cuore di chi li ha conosciuti è già lì con loro che nella mattinata di venerdì 20 settembre saranno magari ancora in viaggio oppure no, avranno di nuovo allargato i loro sorrisi enormi, scoprendo la loro nuova casa: l’orfanotrofio di Karapchiv, villaggio nel distretto di Chernivtsi, al confine con la Romania.

Diversamente da bambini e ragazzi ospitati a Bedulita e Rota Imagna, non hanno presentato la domanda di protezione internazionale

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Per gli 11 minori ucraini di Pontida che – diversamente da quelli di Bedulita e da una trentina di quelli ospitati a Rotanon hanno presentato la domanda di protezione internazionale, è dunque finita ieri la lunga parentesi di accoglienza italiana che, il 20 marzo 2022, aveva fatto approdare questi bambini insieme a tanti altri dapprima in Valle Imagna, per una cena di assestamento a Rota. Quella stessa sera i quasi 100 minori vennero divisi in tre gruppi: il più numeroso, di 94 rimase a Rota, poi altri 8 vennero spostati alle ex scuole di Bedulita e 13 nella foresteria dell’Abbazia di Pontida. «Due sorelline sono state nel frattempo adottate da una famiglia Ucraina, siamo rimasti in contatto con loro» spiega Antonella Pellegrinelli che in questi due anni e mezzo riconosce di essere diventata «un po’ la nonna di tutti loro». Insieme a Giada Locatelli si è occupata della parte organizzativa, forte dell’aiuto di una quarantina di volontari tra cuoche e aiutanti per le pulizie della foresteria dell’Abbazia, un luogo sicuro e anche gioioso: «Spesso quando i bimbi giocavano in cortile, li raggiungevano i monaci a tirare due calci al pallone» aggiunge Pellegrinelli.

Il saluto dei monaci

«Anche stamattina mi dicevano: “Tu sei italiana e stai in Italia, noi siamo ucraini e torniamo in Ucraina»

Giovedì 19 settembre alle 11 c’erano anche i monaci, a salutare gli 11 bambini «che hanno sempre espresso un desiderio forte di tornare a casa – aggiunge la volontaria –. A noi spiace tantissimo lasciarli andare, li abbiamo visti crescere e ci sono entrati nel cuore. Sono scesi tanti lacrimoni, ma di fronte alla loro volontà di tornare in patria c’è poco da fare... Anche stamattina mi dicevano: “Tu sei italiana e stai in Italia, noi siamo ucraini e torniamo in Ucraina». Quanto alla città dove il governo ucraino li ha destinati, Karapchiv, «ci hanno rassicurati che è zona sicura, al confine con la Romania». Prima di salire su due pulmini insieme alla direttrice generale dell’orfanotrofio di Berdyansk da cui erano arrivati nel 2022, i bambini sono stati salutati anche dal console generale d’Ucraina a Milano, Andrii Kartysh, e dal console Stanislav Plakhotnyi che li hanno raggiunti in valle, oltre al sindaco di Pontida Davide Cantù, che in una nota commenta: «L’amministrazione comunale esprime grande umanità e vicinanza nei confronti dei bambini ucraini che sono stati ospitati sul nostro territorio».

«Un grazie ai volontari»

Cantù ricorda che «come Amministrazione abbiamo sempre dato e sostenuto la nostra piena disponibilità a continuare l’accoglienza di questi minori stranieri non accompagnati, consapevoli dell’importanza di offrire loro un ambiente sicuro e protetto. Tuttavia, ci rimettiamo alla decisione del Tribunale, riconoscendo la sua autorità nella tutela del superiore interesse dei bambini. Manterremo contatti con il Consolato ucraino per conoscere il futuro dei nostri piccoli ospiti». Infine un «grazie a tutti i volontari che, in questi due anni e mezzo, si sono presi cura dei bambini con grande impegno e un affetto sincero». Di Pontida, a loro restano tanti ricordi e i peluche che li avevano accolti all’arrivo, in quel freddo marzo di due anni fa.

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