«Sharon ha cercato di scappare e mi ha urlato: sei un codardo»

L’OMICIDIO DI TERNO D’ISOLA. Emergono nuovi dettagli sull’interrogatorio di Moussa Sangare: «Gli uomini li avrei solo rapinati, lei l’ho rincorsa per ucciderla». Trasferito nel carcere di San Vittore.

Sharon dopo la prima coltellata al petto ha cercato di scappare, ma Moussa Sangare è sceso dalla bicicletta, l’ha rincorsa e l’ha colpita alla schiena. Lei, oltre a chiedergli «perché», con le ultime forze che aveva lo ha insultato: «Sei un codardo, sei un bastardo». Non è riuscita a difendersi, sopraffatta da quattro coltellate, ma Sharon ha reagito e ha lottato fin all’ultimo contro quel giovane che la stava uccidendo senza motivo.

Il racconto durante l’interrogatorio

È stato Sangare a raccontarlo al giudice Raffaella Mascarino nell’interrogatorio di convalida, da cui emergono nuovi dettagli. «Ho incrociato la ragazza prima da davanti – ha spiegato – non aveva la borsa, portava gli occhiali, avrei detto che avesse i capelli biondi. Indossava i jeans e aveva le cuffiette nelle orecchie. A quel punto l’ho seguita da dietro, l’ho toccata sulla spalla con la mano sinistra e le ho detto “scusa per quello che sta per accadere”. Lei ha tolto le cuffiette quando si è sentita toccare, ha sentito la frase. Ho preso il coltello. La prima coltellata l’ho data al petto e il coltello è rimbalzato. Lei stava scappando, sono sceso dalla bici, l’ho rincorsa e l’ho colpita alla schiena più volte, tre o quattro. A quel punto la ragazza urlava chiedendo perché, dicendo sei un codardo, sei un bastardo. Poi ho ripreso la bici e velocemente mi sono allontanato». E ancora: «Nel momento in cui mi sono avvicinato a Sharon sapevo che volevo accoltellarla. Se lei mi avesse spintonato probabilmente sarei scappato. Appena l’ho toccata ha iniziato a tremare». Sangare, trasferito nel carcere San Vittore di Milano per la sua incolumità dopo che alcuni detenuti in via Gleno gli avevano lanciato bombolette incendiate, è apparso lucido nel ripercorrere la sua nottata, le persone che ha incontrato prima di Sharon e perché non le ha aggredite: «Si trovavano in zone troppo aperte con telecamere».

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«Nel momento in cui mi sono avvicinato a Sharon sapevo che volevo accoltellarla. Se lei mi avesse spintonato probabilmente sarei scappato. Appena l’ho toccata ha iniziato a tremare»

«Non c’erano telecamere»

Nella fuga invece «sono passato in mezzo ai campi dove non c’erano telecamere. Non so come ho perso il berretto di lana, me ne sono accorto alla pensilina di Chignolo. Sono tornato indietro e l’ho recuperato. Il coltello l’ho buttato nei prati per tornare indietro a cercare il berretto». Segno che aveva tenuto conto della presenza delle telecamere e aveva cercato di non farsi riconoscere indossando un berretto di lana sotto un cappellino con la visiera. I due ragazzini di Chignolo «volevo intimidirli per vedere come reagivano». Arrivato a Terno «ho trovato un ragazzo con un’Audi o una Mercedes, abbastanza grosso, a bordo dell’auto. Ho pensato che avrei potuto rubargli il computer. Sarebbe stato semplice perché era seduto dietro, era distratto. Non so perché non ho fatto niente, probabilmente per il track sul computer per cui avrebbero potuto tracciarlo in un secondo». Sceglie Sharon perché, come rimarca il gip nell’ordinanza che lo ha mandato in carcere per omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e dei futili motivi, era il bersaglio più vulnerabile.

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«Gli uomini li avrei solo rapinati»

Dice che il «feeling» gli arriva anche da alcuni film: «Ha presente il film Jarvis? È come se dovessi fare un qualcosa; ho seguito quell’onda senza sapere dove stavo andando; sapevo che qualcosa sarebbe successo»

«Gli uomini che ho incontrato prima li avrei solo rapinati. Sharon non l’ho rapinata perché lei ha cominciato a urlare e mi è venuta la para. Quando ho messo la mano sulla spalla lei non stava ancora urlando». «Questo feeling mi era già venuto altre volte quando c’erano altre persone che facevano i gradassi». Dice che il «feeling» gli arriva anche da alcuni film: «Ha presente il film Jarvis? È come se dovessi fare un qualcosa; ho seguito quell’onda senza sapere dove stavo andando; sapevo che qualcosa sarebbe successo». «Situazioni come quelle di quella sera le sento quando mi sento in pericolo; quindi, sento di dovermi preparare. Il film si chiama Upgrade». La pellicola ambientata in un futuro prossimo parla della vita di un meccanico a cui viene uccisa la moglie da un gruppo di uomini che dirottano la loro auto a guida automatica.

Durante l’interrogatorio: «Guardo tanti polizieschi. Per me non è tutta fantasia quella dei polizieschi. Guardo anche programmi sulle storie vere. Sono interessato anche ai casi dove l’assassino utilizza coltelli»

Il biglietto con gli appunti

Quando è stato portato in carcere, a Sangare è stato trovato nel portafogli un foglietto con annotazioni strane scritte a penna. Una riguardante un omicidio avvenuto a Concordia Sagittaria, nel Veneziano, nel 2021, dove un uomo di origini nigeriane ha ucciso a coltellate la moglie davanti ai tre figli. Si chiama Moses, e forse per questo lo ha ritenuto importante perché «il mio soprannome ce l’ho da sempre, da quando mi hanno detto che il mio nome significa Mosè. Moises e Moussa significano entrambi Mosè». Lui risponde che «non so perché avessi il biglietto nel portafoglio. Ero interessato a questa notizia. Guardo tanti polizieschi. Per me non è tutta fantasia quella dei polizieschi. Guardo anche programmi sulle storie vere. Sono interessato anche ai casi dove l’assassino utilizza coltelli. I coltelli fanno un po’ paura perché se ti scivolano via ti fai male. Ho tenuto una pistola in mano una volta. Ce l’aveva un mio amico. Non ho provato a sparare». Sulle sue esercitazioni nel lancio dei coltelli precisa che «è difficile tirare con il coltello, perché devi guardare quante volte gira. Appena facevo centro smettevo».

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