Sergio Ruocco a Messa al cimitero con i Verzeni. «Facevano male quegli sguardi su di me»

BOTTANUCO. Il fidanzato di Sharon: lunghi giorni di assedio. Ora finalmente cancellate le insinuazioni dette su di noi. Papà Bruno: la sua morte provochi in tutti maggiore sensibilità sulla della sicurezza. Il parroco: in paese torni la pace.

È una piccola magnolia senza fiori a dare riparo a mille domande. Ma per le risposte bisogna guardare più in alto. Nel giorno in cui la Procura consegna la risposta – un nome, cognome e una confessione – al terribile rompicapo della morte di Sharon Verzeni, la sua famiglia cerca le sue risposte e consegna il suo grazie, nonostante tutto, nell’intimo raccoglimento di una Messa.

Sono le 17 meno dieci minuti del 30 agosto quando dalla casa dei Verzeni, in via Adda a Bottanuco, escono prima la sorella di Sharon, Melody, con alcune cugine, poi papà Bruno, mamma Maria Teresa, il fratello Christopher e il fidanzato Sergio Ruocco. Salgono insieme sulla Punto rossa di famiglia, al seguito dell’auto di Melody. L’appuntamento, per loro, non è dall’avvocato tantomeno al Comando provinciale del carabinieri che li ha visti tante volte convocati, in questo mese esatto di supplizio e domande. Nel giorno dell’insostenibile vertigine che consegna una soluzione ma che riempie di angoscia al pensiero che quel colpevole abbia colpito proprio la loro figlia, fidanzata e sorella come sua vittima scelta a caso, l’appuntamento è con la celebrazione del venerdì al cimitero del paese, fra i defunti per cui pregare c’è anche la loro Sharon.

Raccolti a fianco della cappella centrale, sul lato destro dove s’erge la piccola magnolia, papà Bruno è piantato sui due piedi e ha lo sguardo fisso all’altare; Sergio più inquieto e smarrito, intento anche a controllare, di tanto in tanto, il telefonino che non vuole star zitto. Tutti intorno a loro, alcuni parenti che poco dopo li accompagneranno anche per un momento di preghiera al loculo dove dal 3 agosto scorso riposa Sharon.

«Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo», recita l’acclamazione al Vangelo letto da padre Gianni Sottana, il religioso del Pime, vice rettore della Casa natale di Papa Giovanni a Sotto il Monte, chiamato a celebrare dal parroco in vacanza.

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E veglia e preghiera sono state la cifra dei Verzeni in questo lunghissimo mese di ricerche, indagini e – anche – assedio, sintetizzate ieri nel primo pomeriggio nel messaggio letto da papà Bruno alle telecamere. Se ognuno – avrebbe di lì a poche ore recitato il Vangelo declamato al cimitero – deve farsi pronto, vegliare «perché non sapete né il giorno né l’ora», tutti devono però anche farsi sentinelle della sicurezza comune, ha detto Bruno Verzeni leggendo un breve comunicato, insieme alla moglie e ai due figli fuori dalla loro casa. «Vogliamo che l’assurda e violenta morte di Sharon – ha detto – non sia vana e provochi in tutti maggiore sensibilità al tema della sicurezza del nostro vivere». Dopo il grazie «a coloro che hanno testimoniato e hanno permesso di arrivare ai risultati di oggi», ma anche «alla Procura della Repubblica di Bergamo per la competenza e la tenacia che ha dimostrato» e «ai nostri avvocati per i preziosi consigli e per la loro vicinanza». Il padre di Sharon ha proseguito: «Ci affidiamo a Dio per aiutare noi e Sergio a convivere con il nostro dolore e con il pensiero di quello che nostra figlia ha subìto».

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Un mese di pressione

Ciò che Sergio Ruocco riesce a dire a chi gli si avvicina, ancora dentro il cimitero facendogli notare la forza d’animo con cui ha retto a un mese di pressione e – inutile nasconderlo – dubbi anche su di lui, perché non si poteva tralasciare nulla, dà il senso di un peso grave da sopportare: «È stata dura, quegli sguardi della gente su di me facevano male...», sussurra fermandosi sul vialetto. E aggiunge: «È stato un vero assedio mediatico, iniziato anche stamattina già alle sei con i giornalisti fuori casa, poi di nuovo a Seriate quando sono arrivato al lavoro, e ancora poco fa», ovvero prima di raggiungere il camposanto. Aver trovato chi ha confessato di aver strappato alla vita la sua Sharon «mi ha dato un po’ di sollievo – aggiunge poi leggendo a sua volta una nota, in serata –, perché cancella tutte le insinuazioni dette su di noi». E spiega: «Nessuno mi ridarà Sharon, ma manterrò sempre vivo il suo ricordo e so che mi aiuterà a proseguire la mia vita».

Un auspicio fatto proprio anche dal parroco di Bottanuco, don Corrado Capitanio: «Ora spero che diano pace alla famiglia, un po' di tregua. Non si torna indietro – aggiunge –, il dolore della perdita di Sharon non si ripiana, ma almeno ora si potrà dare, sia alla famiglia sia all’intera comunità, la possibilità di riprendere la quotidianità». Il dolore non si cancella, ma nemmeno quegli abbracci sinceri delle signore arrivate alla Messa delle cinque. Comunità.

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