Sangare in casa aveva una sagoma per esercitarsi con i coltelli

SUISIO . Il cartonato sequestrato insieme alla bicicletta usata la sera del delitto. Dopo la rottura con la famiglia, viveva in una stanza occupata abusivamente.

Nella casa occupata da Moussa Sangare, l’uomo fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni, i carabinieri hanno trovato una sagoma di cartone a forma di essere umano. Da quanto ricostruito dagli inquirenti, il trentunenne l’avrebbe utilizzata come una sorta di bersaglio per allenarsi con il coltello. Per questo motivo, essendo un elemento collegato all’indagine, il cartonato è stato posto sotto sequestro. La sagoma mostra i segni di alcune coltellate. Anche per questo all’uomo è contestata la premeditazione nell’omicidio.

Chi è Moussa Sangare

È nato a Milano da genitori del Mali. Disoccupato, abitava a Suisio al civico 19 di via San Giuliano. Una vecchia palazzina sfitta, di fatto abitava abusivamente. Qui aveva vissuto insieme alla madre, ex cuoca in un asilo, e alla sorella, almeno fino a un anno fa (il padre è morto alcuni anni fa). Poi i rapporti si erano incrinati, i vicini di casa dicono di averlo sentito spesso litigare con i familiari. Finché lui aveva anche tentato di dare fuoco all’abitazione e aveva minacciato la sorella con un coltello.

Per questo motivo era stato denunciato un anno fa proprio dai familiari e si era allontanato: non abitava più con loro ma in una stanza sotto l’appartamento della madre e della sorella, un locale di fatto pignorato e all’asta. All’esterno della stanza, posta sotto sequestro dai carabinieri, ci sono sedie, una delle bici utilizzate dal 31enne, e altro materiale depositato in modo disordinato. Vi si accede da un cancello dopo aver percorso un piccolo tunnel, nella zona centrale di Suisio.

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«I rapporti – dice un vicino di casa – non erano buoni. Non li vedevo, ma li sentivo litigare, anche per motivi futili, li sentivo gridare, facevano paura. Chiedevano aiuto, venivano i carabinieri e i vigili. Lui era solitario, non l’ho mai visto con altri ragazzi». «Io ho una figlia piccola – dice ancora la vicina che abita proprio nella casa di fronte – e da quando c’è stato l’omicidio avevo paura. Quando una mia amica mi ha detto che il presunto assassino abitava nella mia via sono rimasta sconvolta. Sono qui in casa da sola, ma mai avrei immaginato di trovarmi a pochi metri da lui. Ho capito chi è, anche se non ci conosciamo molto tra vicini. Qui ci sono famiglie senegalesi, albanesi e italiane».

Ancora la vicina di casa di fronte: «Questa notte (l’altra notte per chi legge, ndr) i carabinieri sono arrivati alle quattro– racconta –, li sentivo parlare». Qualche giorno prima, invece, ancora i carabinieri stati nella via a chiedere di un’auto sospetta: «Sono mesi che è ferma a poche decine di metri da qui, non so di chi possa essere». Moussa, ormai diversi anni fa, aveva lavorato nella pizzeria d’asporto «Le piramidi», in piazza Papa Giovanni a Suisio. Ma era stato anche negli Stati Uniti e in Inghilterra, dove aveva trovato occupazione come cameriere e lavapiatti. Qualcuno dice che dopo quei viaggi era tornato, ma fosse cambiato. «Aveva problemi di droga», dice la sorella al citofono rispondendo ai cronisti. «Sfrecciava spesso con il suo monopattino – dice una signora che abita all’inizio di via San Giuliano – poi altre volte passava in bici. Sapevamo che amava cantare ed era un rapper».

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Quella bici che venerdì si trovava coperta da una plastica all’esterno della stanza messa sotto sequestro dai carabinieri. Da qui, Moussa, probabilmente, partiva raggiungendo la strada verso l’Adda, a poche decine di metri. Proseguendo si raggiunge in pochi minuti anche via delle Cave, dove il presunto omicida aveva nascosto il coltello e gettato i vestiti nell’Adda. Da queste strade poi, in pochi minuti si raggiunge Medolago e via Castegnate, a Terno, teatro dell’omicidio.

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