Omicidio Sharon. Sangarè: «Sono innocente». Disposta la perizia psichiatrica

IL PROCESSO. Prima udienza alla Corte d’Assise. Moussa Sangarè, imputato per l’omicidio della barista 33enne, ha chiesto la parola per dichiarare la sua innocenza. I suoi difensori hanno chiesto la perizia psichiatrica, accolta dai giudici.

Moussa Sangarè, non è capace di intendere volere e di stare a processo. Secondo la difesa dell’imputato emergerebbe dai dati sanitari e dal racconto della sorella che aveva detto all’assistente sociale che Moussa parlava con i defunti quando era in casa con lei e la madre.

Il pm Emanuele Marchisio si è opposto alla richiesta, spiegando che l’imputato è stato visitato in carcere anche da psichiatri, ma che si tratta di una prassi nei casi di delitti così gravi. L’imputato, dopo il delitto, si è tagliato i capelli e ha modificato la bicicletta per depistare le indagini, dimostrando che era capace di intendere e volere.

Secondo Marchisio si tratterebbe di apatia moral e più che incapacità di intendere e volere, Sangarè, infatti, ha sempre mostrato indifferenza per le conseguenze delle sue azioni. Anche l’avvocato di parte civile dei famigliari di Sharon, Luigi Scudieri, si è opposto alla perizia psichiatrica, considerato che anche nei precedenti procedimenti per violenze sulla madre e la sorella questa istanza non era mai stata sollevata.

Sangarè: «Sono innocente»

Durante la prima udienza Moussa Sangarè ha chiesto di poter fare una dichiarazione e ha detto: «Io sono innocente». I giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno accolto la richiesta di perizia psichiatrica.

«Sangarè non è in grado di comportarsi come una persona che non ha gravi problemi», ha detto l’avvocato Giacomo Maj all’esterno del tribunale. «Ci sono elementi che abbiamo portato a conoscenza della Corte d’Assise sulla base dei quali sono state ammesse le perizie», ha concluso.

«Confidiamo nella Corte e speriamo di ottenere almeno giustizia», ha commentato invece Bruno Verzeni, papà di Sharon.

Il papà di Sharon: «Confidiamo nella giustizia».

L’omicidio di Sharon Verzeni

È questo il resoconto della prima udienza alla Corte d’Assise del Tribunale di Bergamo,nel procedimento penale a carico di Moussa Sangare, imputato per l’omicidio di Sharon Verzeni. La barista 33enne era stata accoltellata nella notte tra il 29 e il 30 luglio scorso, mentre camminava da sola in via Castegnate a Terno d’Isola, il paese in cui abitava (in via Merelli) con il compagno Sergio Ruocco. Dopo un mese di serrate indagini da parte dei carabinieri di Bergamo, coordinati dal sostituto procuratore Emanuele Marchisio, gli inquirenti avevano fermato – grazie alle testimonianze acquisite e all’esame delle telecamere – Moussa Sangare, nato a Milano da genitori del Mali e di casa a Suisio, che ha poi confessato di aver commesso il delitto. Nei suoi confronti la Procura di Bergamo ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato, senza passare quindi dall’udienza preliminare.

L’imputato Moussa Sangare

L’imputato Moussa Sangare, difeso dall’avvocato d’ufficio Giacomo Maj e con precedenti per maltrattamenti nei confronti della madre e della sorella, si trova nel carcere di San Vittore (Milano) ed è accusato di omicidio pluriaggravato. Oltre ai futili motivi e alla premeditazione, gli è stata contestata l’aggravante della minorata difesa per l’orario notturno, il luogo che era deserto e le condizioni della vittima che stava ascoltando musica con le cuffiette, risultando quindi più vulnerabile a un’aggressione a sorpresa alle spalle come quella che ha subito.

La comunità di Terno d’Isola

Quanto accaduto ha scosso l’intera comunità, che s’è stretta al dolore della famiglia di Sharon, originaria di Bottanuco: i genitori Bruno e Maria Teresa e i fratelli Cristopher e Melody. Proprio i Verzeni, con Ruocco, si sono costituiti parte civile nel processo, difesi dall’avvocato Luigi Scudieri. Sangare è stato fermato alla fine dello scorso agosto, un mese dopo l’omicidio, grazie anche al contributo di due giovani di origine marocchina che l’hanno riconosciuto in caserma, dove era stato convocato come possibile testimone: era lui, come emerge dalle immagini delle telecamere, la persona in bicicletta che avevano incrociato nella notte tra il 29 e il 30 luglio vicino al cimitero di Chignolo d’Isola, a pochi minuti di distanza dal delitto. Sangare ha confessato di aver sentito un «mood strano», quella notte, di essere uscito di casa con l’intento di colpire qualcuno e di aver scelto la sua vittima «a caso». Scartati dei possibili «bersagli» incrociati per strada, ha poi puntato Sharon, che camminava da sola guardando le stelle. Dopo averla colpita, è scappato in sella alla sua bicicletta, seppellendo il coltello in riva all’Adda.

Il Comune non si è costituito parte civile

In vista di martedì e «dopo numerosi confronti con un legale», il Comune di Terno d’Isola ha deciso di «non partecipare attivamente al processo come parte lesa, pur sussistendo un pregiudizio istituzionale per l’istituzione comunale», esprimendo «piena fiducia nell’operato della magistratura», rinnovando «la propria vicinanza alla comunità e ai familiari della vittima» ed auspicando che «il processo possa fare piena luce sui fatti accaduti e garantire giustizia».

Sulla scelta entra nel merito il sindaco di Terno, Gianluca Sala: «L’omicidio della nostra concittadina Sharon Verzeni ha esercitato un grande impatto sulla vita nel nostro Comune e non solo – commenta Sala –. La comunità ha nutrito per lunghe settimane un senso di inquietudine e insicurezza, amplificato dal grande risalto che il caso ha avuto nel discorso pubblico e nelle cronache nazionali. Indubbiamente, il tragico episodio ha recato un danno all’immagine del territorio, generando un allarme sul tema della sicurezza». Tuttavia, precisa il sindaco, «i fenomeni di microcriminalità e di disturbo della quiete pubblica non vanno messi sullo stesso piano del doloroso omicidio di Sharon Verzeni, che non presenta relazione con i problemi pregressi che abbiamo riscontrato sul territorio, per cui ci battiamo da anni attuando un programma di sicurezza urbana concreto, partecipativo e trasversale». L’amministrazione comunale, prosegue il sindaco, crede che «il riscatto di Terno d’Isola non passi dalle aule del tribunale. Bensì, riteniamo che il rilancio della credibilità del paese debba passare dalla partecipazione civile alla vita pubblica e continuando a investire sul miglioramento della qualità della vita, attraverso opere pubbliche e progetti sociali».

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