Nuovo ponte sull’Adda, ma il tempo è già scaduto

CALUSCO. Nella giornata di giovedì 27 giugno il punto sull’iter con Rfi: tre gli scenari di progetto. Nessuno sarà pronto per il «fine vita» programmato del San Michele, nel 2030

L’unica certezza – che pare per ora davvero l’unica –, è che un ponte alternativo al «San Michele» che collega Calusco e Paderno non sarà pronto entro il 2030, ovvero entro la data in cui il vecchio viadotto avrebbe dovuto «andare in pensione» perché non più adatto a sostenere treni e veicoli a motore. Previsioni che traballano e non poco, alla luce di quanto è emerso dalla seduta di ieri della V Commissione regionale Territorio, infrastrutture e mobilità in cui Rete ferroviaria italiana (Rfi) è stata chiamata a far chiarezza sull’iter del ponte «bis» ai 18 Comuni bergamaschi, lecchesi e della provincia di Monza-Brianza, oltre alle rispettive Province.

Il San Michele per problemi strutturali era stato chiuso a settembre 2018, poi sottoposto a lavori di sistemazione, ed era stato riaperto definitivamente a settembre 2020. Con «limite vita» fissato al 2030, dopodiché Rfi aveva stabilito che dovrà diventare solo un ponte ciclopedonale. Dopo quattro anni, come illustrato ieri in V Commissione da Rosa Pannetta, direttore investimenti Nord-Ovest di Rfi, l’iter è arrivato a tre ipotesi progettuali per il ponte alternativo, ognuna con tempi di realizzazione diversi e costi che oscillano tra i 356 e i 673 milioni. Tempi di attesa per veder terminato il nuovo viadotto? Da un minimo di cinque a un massimo di sei anni. «A questa tempistica – ha detto Pannetta – vanno poi sommati sei mesi per la redazione del progetto, la fase del dibattito pubblico prevista dalla norma per le opere superiori a 250 milioni di euro e un particolare impatto ambientale, altri due anni e mezzo per l’iter autorizzativo e infine la gara per l’assegnazione dei lavori».

Nove anni di attesa

A conti fatti, almeno altri nove anni per vedere completata una soluzione alternativa al «San Michele». E tra nove anni saremo nel 2033, tre anni dopo il fatidico 2030.

Gli amministratori pubblici presenti ieri hanno fatto chiaramente capire di aspettarsi che Rfi conceda una proroga per il traffico viario e ferroviario sul ponte attuale. Pannetta però non ha fornito garanzie: «È un tema che dovrà essere affrontato in base anche ai monitoraggi a cui il San Michele è sottoposto. Al momento non si può dire sì o no. In caso di no l’unica soluzione alternativa sarà mettere a disposizione dei pullman sostitutivi per i treni». Prima di preoccuparsi di questo problema, ce n’è però un altro: i nove anni di tempo per la realizzazione del ponte alternativo partiranno nel momento in cui si sceglierà dove e quale progetto realizzare.

Ieri Rfi ha prospettato tre ipotesi progettuali possibili, condizionate da una novità emersa recentemente, che cambiano quel che era stato ipotizzato nei precedenti tavoli risalenti al 2020, ovvero che il nuovo viadotto sarebbe dovuto essere a sud del San Michele. Fatte le analisi geologiche sul fronte a valle dell’infrastruttura, fino a 145 metri di profondità, è emerso che è in corso un fenomeno franoso «di spiccata criticità» su un’area di circa un chilometro quadrato tra le due sponde dell’Adda: «E questo – ha spiegato Pannetta – limita di molto lo spazio dove andare a costruire». Spazio che si riduce a una fascia di 30/40 metri a sud del San Michele.

Una delle tre ipotesi progettuali prevede la costruzione in questa fascia di un unico ponte stradale e ferroviario del costo di 356 milioni di euro e cinque anni di lavoro: è lo scenario 1. Lo scenario 3 è un ponte ferroviario e uno stradale separati, del costo di 381 milioni di euro e sempre in cinque anni di lavoro. In entrambi i casi le stazioni di Calusco e Paderno verrebbero mantenute dove sono ora.

C’è anche uno scenario 2 – costo 673 milioni – che prevede il posizionamento del ponte ferroviario/stradale a sud di Medolago, con quindi lo smantellamento di una parte della linea ferroviaria esistente e anche la delocalizzazione delle stazioni ferroviarie.

Calcolati costi e benefici, Rfi punta sullo scenario 1. Che ha un altro problema non di piccola entità: le Sovrintendenze coinvolte nella valutazione del progetto, per tutelare il San Michele candidato nel 2017 a diventare bene Unesco, hanno espressamente chiesto a Rfi che la costruzione di ogni nuovo ponte sia realizzato ad almeno 150 metri da quello attuale. Questa prescrizione, però, a fronte appunto della presenza del fronte di frana, non è di fatto più rispettabile.

Al momento è in corso un confronto fra le parti: «Ma – ha concluso Pannetta – un punto di convergenza non c’è ancora. Visto che nuovo ponte non si può costruire a più di 40 metri dal San Michele, si sta ragionando su come realizzarlo per renderlo meno impattante possibile». E anche da questo punto di vista ieri Rfi ha presentato tre alternative che prevedono in ciascun caso la realizzazione della struttura portante in cemento e quella sovrastante in acciaio. Però con forme architettoniche diverse. Risolto quest’altro problema, ci sarà anche quello dei finanziamenti giudicato però ieri da tutti i presenti in V Commissione «quello minore».

Al momento sono stati stanziati 90 milioni di euro di cui uno già utilizzato per le fase propedeutiche. Scelto il ponte da realizzare bisognerà trovare altri fondi fra un minimo di 266 milioni e un massimo di 583.

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