Morti nello schianto a Paladina: «Il Covid bloccò il progetto del semaforo a chiamata»

C’era l’ok della Provincia per l’attraversamento pedonale nel punto in cui sono morti i due giovani. «Ma poi, con pandemia e locale chiuso, impossibile sostenere i costi. Ora riproviamo».

Un attraversamento pedonale con semaforo a chiamata a una quindicina di metri dal punto dove l’altra notte sono stati investiti i due ragazzi. È un progetto che, su iniziativa del titolare del disco-bar «Evolution» e del Comune di Paladina, è in cantiere da almeno tre anni e che si è arenato a causa del Covid. Era già stato approvato dalla Provincia, poi recentemente la competenza per la Statale 470 dir. «E adesso dovremo rifare l’iter», dice Andrea Togni, proprietario del locale.

La situazione di pericolo in quel tratto, dunque, non è una novità, se lo stesso Togni si era sentito in dovere di correre ai ripari con un progetto e nel frattempo ingaggiando un addetto con il compito di far attraversare la strada ai clienti che hanno l’auto parcheggiata dall’altra parte della strada; e se pure il Comune s’era mobilitato, anche a seguito di lamentele dei cittadini. «L’attraversamento pedonale a noi serve per garantire sicurezza a chi attraversa la Statale a nord del paese – osserva il sindaco di Paladina, Gianmaria Brignoli –. Anche se prima dell’altra notte non si erano verificati episodi tragici, è un problema segnalato già prima dell’insediamento della mia amministrazione. La Statale non è illuminata ed è rischiosa da attraversare, non solo in quel punto».

«Tre anni fa ho ingaggiato un geometra e un avvocato per avviare la pratica dell’attraversamento pedonale – racconta Togni –. Si trattava di installare un semaforo a chiamata, con relativa illuminazione e strisce pedonali, a una quindicina di metri dall’ingresso del locale: 25mila euro, il 75% a carico nostro, il 25% del Comune. Il progetto aveva già ricevuto l’ok in Provincia. Mancavano solo i dettagli, ma poi è subentrato il Covid e noi siamo rimasti chiusi per più di un anno. Senza incassi non potevamo sostenere questa spesa. Però avevo promesso: non appena riapriamo torneremo a occuparci del progetto. Infatti a ottobre abbiamo ripreso in mano la pratica. Ma abbiamo scoperto che la competenza è passata all’Anas. Così a gennaio rifaremo l’iter». «In autunno ne ho parlato informalmente con due ingegneri dell’Anas – confida il sindaco – e mi hanno detto che il progetto è fattibile».

Altra questione: la mancanza di illuminazione, che ha quasi certamente contribuito alla tragedia. «Dalla rotonda all’altezza della pasticceria Bonati fino a qui non c’è un lampione. Gli unici fari sono quelli che ho fatto installare io – puntualizza Togni –; due sono sull’insegna e uno sulla parete dell’edificio; illuminano anche un tratto di strada. L’investimento è avvenuto a 30 metri dall’ingresso del locale, in direzione Dalmine, il fascio di luce di uno dei fari arriva fin lì, ma a quella distanza non è così potente. L’altra notte non c’era nebbia, la visibilità era buona. Lo so perché sono rimasto fuori, ho chiamato io le forze dell’ordine, dopo che alcuni genitori in attesa dei figli avevano richiesto l’intervento delle ambulanze. Sono uscito e ho visto i due ragazzi a terra. Quando è arrivata la polizia stradale sono rientrato e ho fatto spegnere la musica in segno di rispetto per quanto accaduto. Ho annunciato ai clienti che purtroppo la serata finiva lì. Gestisco il locale da 19 anni, ma prima dell’altra notte non c’è mai stato un incidente. Da qui alla fine dell’anno avevamo in programma di aprire solo la sera di Natale. A questo punto, però, non so se lo faremo».

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