Matteo: musica, basket e comunicazione
Tre scivoli agli ostacoli di tutti i giorni

Matteo Gualandris, 24 anni, di Ponte San Pietro, racconta con serenità come affronta la sua vita in carrozzina.

«Believe», credere, è una bella parola che contiene fiducia e slancio. Matteo Gualandris, 24 anni, di Ponte San Pietro, affetto da distrofia muscolare dalla nascita, l’ha trasformata in una regola di vita. È l’hashtag sul suo profilo Facebook e il titolo del primo brano che ha composto al pianoforte. «La musica mi ha salvato la vita» scrive, e chiede a chi l’ascolta di «ricordare un bambino che sogna con lo sguardo rivolto in alto e le dita sui tasti di un pianoforte». Ma nel suo percorso, intessuto di coraggio, c’è molto di più: una laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Bergamo, la passione per la scrittura e per il basket, che lo hanno incoraggiato a collaborare con Basket Universo, e il lavoro come Web content manager nel progetto Step by Step della cooperativa sociale «Why Not» e della cooperativa «San Martino».

La gratitudine verso la mamma

Matteo vive con la madre, il padre è morto una decina d’anni fa: «Ho un fratello maggiore che vive per conto suo ma a pochi passi da casa nostra, perciò in caso di necessità ci dà volentieri una mano. È mia mamma comunque - sottolinea con gratitudine - che si prende cura di me e mi aiuta in tutto». La malattia ha segnato in modo netto la sua vita, come un limite con cui ha sempre dovuto fare i conti, ma senza mai spegnere il suo sorriso: «Ho camminato – racconta – fino a quando avevo otto anni, purtroppo poi ho perso questa facoltà e da allora mi sposto sempre sulla sedia a rotelle. Quando ero piccolo lo consideravo come un gioco, ma crescendo mi sono reso conto di quanti ostacoli questa disabilità semina sul mio cammino e su quello dei miei familiari». Secondo Chris Bradford, cintura nera di karate e autore della serie bestseller YoungSamurai «disabilità non significa inabilità, significa semplicemente adattabilità»: e di questo principio Matteo ha fatto sempre tesoro. «Non potevo camminare e questo non mi ha fermato anche se ha influenzato le mie opportunità, soprattutto per quanto riguarda le scuole da frequentare e la scelta del lavoro».

Dal liceo all’università

Ha frequentato il liceo scientifico Maironi da Ponte: «Era vicino a casa e l’hanno scelto anche alcuni miei amici, a 14 anni entrambi questi fattori avevano un peso notevole. Non mi piaceva molto la matematica, mi sentivo più portato per le materie umanistiche, ma è andata bene così. Sono stati cinque anni sereni, mi sono trovato molto bene anche se si trattava sicuramente di una scuola impegnativa. Mi sono sentito bene accolto sia dagli insegnanti sia dai miei compagni. Per andare e tornare potevo usufruire in quegli anni di un servizio di trasporto gratuito del Comune e questo era un grande aiuto per noi».

Finito il liceo, l’università per Matteo era un’incognita: «Ci tenevo molto a frequentarla, continuare gli studi era una scelta naturale, ma mia madre e io eravamo un po’ preoccupati, non sapevamo bene come avremmo fatto per ovviare alle mie difficoltà motorie. Negli ultimi anni delle scuole superiori, intanto, avevo sviluppato una grande passione per la scrittura e per il giornalismo, per questo ho scelto di iscrivermi a Scienze della Comunicazione».

Lo sport preferito

Matteo sognava di poter seguire anche professionalmente il suo sport preferito, il basket: «L’ho scoperto seguendo le orme di mio fratello, che gioca da tanti anni. Mi sono reso conto di non poterlo praticare con soddisfazione, ho provato un paio di volte ma senza successo frequentando gruppi in cui c’erano altri atleti con difficoltà motorie. Non mi sentivo a mio agio, così ho continuato a coltivare questo hobby da tifoso e da spettatore, mi piaceva molto assistere alle partite e seguire i campionati in tv. Dopo un po’ ho incominciato anche a scrivere articoli sul basket».

Frequentare le lezioni all’università è stata una sfida continua: «C’era ancora la possibilità di usufruire del trasporto – sottolinea Matteo – almeno per l’andata, a pagamento. Al ritorno però, data la variabilità degli orari, non potevo affidarmi a quel servizio. Neanche i mezzi pubblici erano accessibili, perché l’orario della fine delle lezioni spesso coincideva con quello di altre scuole superiori, gli autobus erano molto affollati e io con la carrozzina non riuscivo a salire. Così ho dovuto ricorrere a mia madre, causandole un disagio non indifferente».

Il sogno del giornalista

È capitato che Matteo dovesse rinunciare a qualche lezione proprio perché non c’era nessun «passaggio» disponibile. Anche per i trasferimenti tra una sede universitaria e l’altra per seguire i corsi ha avuto bisogno di aiuto, ma fortunatamente in questo il suo carattere solare lo ha soccorso: «Ho incontrato nuovi amici e compagni che mi assistevano nelle piccole cose come togliere e indossare il giubbotto, e in quelle un po’ più impegnative come trasferirsi da una sede all’altra in Città Alta, da piazza Rosate fino a via Salvecchio e via Pignolo». Sono percorsi accidentati, in cui si incontrano salite e discese, con un fondo irregolare di sampietrini e ciottoli: «Mi sentivo in una condizione di debolezza e fragilità, non potevo spostarmi da solo, era troppo pericoloso a causa della pendenza e delle condizioni delle strade. Città Alta è bellissima, purtroppo però non è accessibile a chi deve spostarsi in carrozzina».

Matteo però non si è fatto scoraggiare dagli ostacoli, ha studiato con impegno e costanza: «Alla fine con mia grande soddisfazione ce l’ho fatta, mi sono laureato in tempo con una bella tesi sul basket e sulle sponsorizzazioni sportive, ho avuto perfino l’occasione di intervistare l’amministratore delegato del gruppo Armani, presidente di una squadra di basket, l’Olimpia Milano».

Terminati gli studi, Matteo ha incominciato a cercare lavoro: «Mi sarebbe piaciuto diventare giornalista, ma ho abbandonato l’idea, perché la strada da percorrere per diventare professionista mi è sembrata troppo lunga e dura per me. Ho continuato a collaborare con qualche testata sportiva per hobby». Ha inviato molti curriculum, ha contattato numerose agenzie interinali, poi attraverso l’Enaip ha conosciuto il progetto Step by step della cooperativa sociale Why Not e della cooperativa San Martino, che offriva la possibilità di un’esperienza lavorativa molto stimolante e con una prospettiva «inclusiva». «L’attività di creazione di contenuti per il web mi piace molto. Mi ha offerto l’occasione di lavorare accanto a ottimi professionisti e di imparare molto da loro. Continuano ad esserci, a volte, alcune difficoltà, soprattutto dal punto di vista logistico, perché la sede è ad Alzano Lombardo e la distanza da casa mia non è breve, ma ci siamo organizzati per gli spostamenti».

Matteo si occupa dei contenuti per il web per i clienti: cooperative, privati, aziende. «Compongo testi e video, ho creato siti internet, landing page, mi sto cimentando in alcune campagne pubblicitarie, mi dedico insomma a tutti gli aspetti del web marketing. Sto incominciando a studiare programmi di grafica e ad ampliare i miei orizzonti, mi piace montare video. Sono un musicista perciò scelgo con molta accuratezza e attenzione le colonne sonore. Suono il pianoforte, che è uno strumento di famiglia». Se a volte la forza nelle braccia viene meno, se la fatica aumenta, l’arma segreta di Matteo resta la capacità di adattarsi: «Cerco di adeguare ogni spartito alle mie forze, semplifico un po’ la partitura. Ho composto alcuni brani di musica contemporanea, questa attività mi aiuta molto, è una specie di terapia per me. Migliora il mio umore, mi accompagna e mi sostiene nei momenti più tristi, mi dà forza quando devo affrontare una difficoltà. Anche per questo mi piace molto lavorare con l’accompagnamento musicale».

La creatività

Matteo ha un temperamento creativo e non smette di fare progetti: «Mi piacerebbe aprire un blog personale per parlare delle difficoltà che incontrano le persone in sedia a rotelle, soprattutto negli spostamenti. Lavorare in squadra è molto coinvolgente, anche per questo mi trovo così bene alla cooperativa Why not».

Al centro di ogni progetto di Why not, infatti, c’è la volontà di valorizzare le qualità delle persone coinvolte: «Matteo – sottolinea Anna Minola, project manager di Step by Step – ha una spiccata sensibilità artistica e una grande abilità creativa, ed esprime sicuramente un valore aggiunto, in modo molto originale, nella scelta dell’accompagnamento musicale dei contenuti. Noi creiamo l’immagine, diamo forma alla personalità dei nostri clienti, quindi è importante allenare i muscoli dell’empatia e della sensibilità. Cominciamo da un sogno, da un’idea, e dobbiamo trasformarli in un messaggio preciso ed efficace, un compito molto affascinante, in cui il ruolo di Matteo è fondamentale. Ci occupiamo di servizi di comunicazione a 360 gradi anche su più livelli e spaziamo da cooperative come la nostra, aziende, enti del terzo settore. Certamente ci impegniamo per l’inclusione lavorativa, mettendo sempre al centro le persone, accogliendo le loro fragilità ma senza che questo vada a scapito della qualità. Siamo un team di professionisti e cerchiamo di stare al passo con le richieste del mercato, se ci scelgono è per queste caratteristiche. Ogni servizio che proponiamo è sempre su misura. I ragazzi che lavorano con noi sono la nostra forza, perché prima di tutto puntiamo sul lavoro di squadra. Il nostro sogno, poi, è che in futuro tutti, Matteo compreso, possano trovare una collocazione professionale adeguata alle loro capacità e talenti anche all’esterno della cooperativa».

Tanti modi di comunicare

Matteo grazie a questo progetto può pensare al futuro con serenità: «Sto imparando tanti nuovi modi di comunicare, sto affinando gli strumenti per lavorare nell’ambito della comunicazione in tanti ambiti diversi. Sto scoprendo un mondo nuovo con mille sfaccettature, tutte interessanti, e questo mi permette di non smettere mai di sognare».

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