Mangia per sbaglio il più tossico dei funghi
Donna di 88 anni lo sconfigge e si salva

Valbrembo, la donna e la badante ingeriscono per sbaglio l’amanita falloide. Vita in pericolo per 13 giorni, poi la guarigione al Policlinico di Ponte San Pietro.

La «scorza dura» di una 88enne sovverte anche la statistica. Una storia che ha rischiato di trasformarsi in tragedia, ma che invece ha vissuto un lieto fine rimasto appeso a un filo per 13 lunghissimi giorni. La donna abita a Valbrembo ed è assistita da una badante che avrebbe voluto, raccogliendo dei funghi in zona Valbrembo, prepararle un bel piatto. Un piatto che però sarebbe potuto risultare fatale per entrambe perché il fungo, finito poi in padella, era nientemeno che l’amanita phalloides meglio nota come amanita falloide o tignosa verdognola, ossia il più pericoloso esistente in natura a causa della sua tossicità estremamente elevata e del suo polimorfismo che lo rende somigliante a molte specie. Per dare un’idea: su scala mondiale solo il 5% delle persone è sopravvissuta dopo averlo ingerito. Tra queste, per fortuna, sono da poco rientrate anche le due donne, incredibilmente sopravvissute.

Questo il racconto dei medici del Policlinico di Ponte San Pietro ai familiari: «Sono state tre le componenti che hanno evitato il decesso praticamente certo: fortuna, la Provvidenza e professionalità dell’équipe medica». E a capo di quest’ultima, nella veste di responsabile dell’Unità Operativa di Medicina c’è il dottor Guido Colloredo, che inizialmente era stato molto cauto circa la situazione: «Se riusciremo a salvarle, non sappiamo che conseguenze subiranno». Una prospettiva raggelante fugata dopo quattro giorni anche attraverso la somministrazione di carboni attivi: così il sangue ha cominciato a purificarsi dando fiato all’incredibile che si stava gradualmente trasformando in «credibile» anche al cospetto di un personale sanitario, doverosamente, sempre molto prudente nel trattare la vicenda e nel trasferire le informazioni ai parenti: «Qualcosa di sensazionale – racconta uno dei cinque figli dell’anziana signora –, come riconosciuto anche dal dottor Colloredo che, per la prima volta in 40 anni d’attività, si è trovato al cospetto di una situazione simile. Non avremo mai parole e ringraziamenti adeguati per lui e per la sua equipe, che hanno riportato la mamma e la sua assistente nella condizione analoga a prima del fatto».

Perché a far strabuzzare ulteriormente gli occhi, detto del 95% di mortalità, è anche questo: la situazione attuale è come se avesse riportato entrambe a cancellare dai propri organismi qualunque traccia dell’avvelenamento.

Se per l’assistente il processo si è completato, alla signora servirà ancora un periodo di riabilitazione. Che, comparato a quanto ha sopportato, sembra nulla per una donna che davvero ha dimostrato una tempra d’altri tempi, un inno alla vita anche quando i numeri e le situazioni sembrano remare dalla parte opposta. Come rinascere ad 88 anni dopo un avvelenamento? Chiedetelo a lei.

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