«Lei guardava le stelle, le ho detto: perdonami per ciò che ti sto facendo»

DELITTO DI TERNO. Le parole del 31enne alla vittima prima di colpirla al petto. Il grido di Sharon: «Perché?». «Avevo visto altre persone, ma le ho scartate».

«Perdonami per quello che ti sto facendo, ma devo». Queste le parole che Moussa Sangare ha rivolto a Sharon Verzeni poco prima di colpirla con la prima coltellata, inferta al cuore. È lui stesso che racconta quegli attimi, durante i quali incrocia la barista 33enne di Terno d’Isola e la «sceglie» per attuare quel pensiero che ha in testa, uccidere. E lo fa senza dare una risposta ai «perché, perché, perché» che la giovane gli rivolge disperata.

La confessione in venti pagine

Nelle venti pagine di verbale d’interrogatorio, il 31enne fermato venerdì 30 agosto per l’omicidio della giovane donna, inframmezzando parole del gergo giovanile, parla di «quel feeling» (intendendo l’idea di uccidere qualcuno) che gli è venuto in testa dopo una normale serata con gli amici a Medolago. Parla addirittura di altri «bersagli», persone incontrate lungo la strada da Medolago a Terno e «prese in considerazione» per il delitto e poi «scartate», e della decisione di colpire quella ragazza che «guardava le stelle con le cuffiette nelle orecchie».

Lunedì 2 settembre è previsto l’interrogatorio davanti al gip Raffaella Mascarino. Per la Procura sussiste «il pericolo di reiterazione del reato»

Una scelta casuale. Poteva essere una donna o un uomo. E in effetti, quella sera Sangare aveva già minacciato due ragazzini, per ora ancora ignoti, decidendo poi di desistere. Racconta tutte le fasi dell’aggressione. Anche se, inizialmente, davanti ai carabinieri tenta di vestirsi con i panni del testimone, raccontando l’omicidio come se vi avesse assistito. Ma il bluff dura poco. Ammette. Si dice anche «dispiaciuto».

Il pm Emanuele Marchisio, titolare delle indagini, ha presentato sabato 31 agosto la richiesta di convalida del fermo. Lunedì 2 settembre è previsto l’interrogatorio davanti al gip Raffaella Mascarino. Per la Procura sussiste «il pericolo di reiterazione del reato». Denotano «una certa scaltrezza», per il pm, il fatto che dopo l’omicidio Sangare si sia tagliato i capelli, abbia gettato nell’Adda gli abiti che indossava al momento del delitto e tre coltelli (che non aveva con sé quella sera); e ancora, che abbia seppellito l’unico che si era portato dietro a Terno e di cui si è servito per uccidere, e abbia infine modificato la bici.

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La «caccia» per uccidere

La sera del 29 luglio, Moussa Sangare la passa con gli amici a Medolago. Poi torna nella casa dove vive abusivamente, a Suisio. Qui prende un coltello. Uno solo. Sente quel «feeling», vuole uccidere. Un pensiero che persiste per tutto il tempo – circa un’ora – durante il quale Sangare gira in sella alla sua bicicletta. E, anche per questo, secondo gli inquirenti c’è anche la premeditazione. Il trentunenne arriva a Chignolo, dove trova i due ragazzini, che minaccia. Due giovanissimi che dovrebbero avere circa 15 anni, uno dei quali indossava la maglia del Manchester (la speranza è che si facciano avanti). Incrocia anche altri sconosciuti. A volte saluta persino. Prende in considerazione altri «bersagli», poi va avanti. Per lui, colpire un uomo o una donna è indifferente.

L’incontro con Sharon

A Terno d’Isola vede Sharon. Lei, racconta il 31enne, «guarda le stelle». Nelle orecchie, le cuffiette. Sangare fa il giro della piazza e torna indietro. Ci sono solo loro due. Le si avvicina. «Perdonami per quello che ti sto facendo, ma devo», le dice. Poi, mentre è ancora sulla bicicletta, le posa una mano sulla spalla e la colpisce al petto. Una prima coltellata «diretta al cuore, per uccidere», ammette. La lama colpisce lo sterno. Lui si stupisce per questo. Scende dalla bici e la colpisce ancora, alle spalle. Tre volte. Per lo stesso numero di volte Sharon gli chiede «perché». Poi Sangare risale sulla bicicletta e fugge via. La 33enne barcolla, chiama il 112. Chiede aiuto. Viene soccorsa. Ma purtroppo non ce la fa.

Ha tentato di gettare la colpa su un «mister X», dipingendosi come testimone dei fatti

Dalla notte dell’omicidio, passa un mese prima che il 31enne venga fermato dai carabinieri a Medolago per essere sentito come testimone: in quel momento sulle spalle ha uno zainetto pieno di birre. Poi, in breve, la sua posizione si è trasformata da testimone a indagato. E quindi è stato chiamato l’avvocato per assisterlo durante l’interrogatorio. Sangare aveva inizialmente persino negato di trovarsi a Terno d’Isola quella notte. Ma ha dovuto ammetterlo quando si è visto nei filmati delle telecamere. Aveva anche tentato di gettare la colpa su un «mister X», dipingendosi come testimone dei fatti. Poi ha ammesso, permettendo anche agli investigatori di ritrovare l’arma, che ha seppellito due giorni dopo l’omicidio.

Il rientro a Suisio

Quella sera, dopo essere tornato a casa – dove entra da una finestra – ha passato infatti del tempo a riflettere, per poi occultare gli abiti che indossava e altri tre coltelli che aveva nell’abitazione. Oltre a seppellire l’arma del delitto. Si è poi tagliato i capelli, ha modificato il manubrio della bicicletta e spostato il catarifrangente. La bicicletta, posata sul muro esterno della casa, è stata poi coperta con un telo di plastica. In casa, c’è una sagoma con disegnata una faccia. Non si sa se prima o dopo l’omicidio, Sangare affonda il coltello nel cartone «per gioco» per vedere se si conficcava o se era troppo duro. Un gioco. Purtroppo, quello stesso gesto l’ha fatto anche su Sharon.

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