Cronaca / Isola e Valle San Martino
Sabato 31 Agosto 2024
Incubo Sharon, vittima per caso. Un mese di indagini: i punti ciechi delle telecamere, i testimoni chiave
TERNO D’ISOLA. In carcere il 31enne che ha confessato di aver ucciso Sharon Verzeni. Sabato al gip la richiesta di convalida del fermo di Sangare: poco prima del delitto, con la stessa arma, aveva minacciato anche due ragazzini a Chignolo.
«Avrebbe potuto succedere a uno qualsiasi di noi che passava di lì». Le parole del procuratore facente funzioni Maria Cristina Rota sono l’incubo che diventa realtà. Chi ha accoltellato Sharon l’ha fatto senza un motivo. Moussa Sangare, 31 anni, nato a Milano da genitori del Mali, casa a Suisio, lo ha fatto perché «l’ho vista e l’ho uccisa». Così, semplicemente. Ha confessato alle 4,30 di venerdì 30 agosto, alle 9 è stato portato in carcere. Un inquirente lo aveva ipotizzato, il giorno dopo l’omicidio: «Potrebbe aver incontrato la persona sbagliata nel momento sbagliato». Sembrava una cosa ben lontana dalla realtà, ma nell’Isola la gente aveva cominciato ad aver paura a uscire di casa.
Il percorso
A un mese di distanza, quell’ipotesi si è rivelata drammaticamente esatta. E le modalità sono ancora più agghiaccianti: quella sera a Chignolo, secondo il suo stesso racconto, ha incrociato tre ragazzini di 15-16 anni, ne ha minacciati due con il coltello ma poi ha proseguito per Terno d’Isola. Alle 0,37 la prima telecamera che lo inquadra è in una traversa nella parte bassa di via Castegnate. Va in direzione di piazza VII Martiri. Incrocia Sharon, «sente l’impulso di accoltellare».
Fa il giro ad anello della piazza e torna indietro. Lo riprende la telecamera di Banca Intesa, ma è una macchia scura. Imbocca contromano via Castegnate, segue Sharon, le arriva alle spalle e la accoltella la prima volta allo sterno senza scendere dalla bicicletta, il braccio che le passa davanti al viso e non le dà nemmeno il tempo di accorgersi di quello che sta succedendo. Il coltello rimbalza sull’osso, lui scende e le sferra i tre colpi mortali alla schiena, poi risale sulla bici e scappa a tutta velocità verso la parte bassa di via Castegnate, da dove era arrivato.
Mentre Sharon barcollava e telefonava al 112, lui scappava verso Chignolo. Viene ripreso da alcune telecamere di quel paese. Si scoprirà poi, dalle sue parole, che seppellisce il coltello sulla riva dell’Adda a Medolago e nel fiume, in un sacchetto appesantito dai sassi, getterà i vestiti e le scarpe che indossava insieme ad altri tre coltelli. È stato lui, interrogato da indagato, a far ritrovare arma e sacchetto. Difeso dall’avvocato Giacomo Maj, gli viene contestata la premeditazione: «Uno che esce di casa con quattro coltelli è perché vuole uccidere», spiega il procuratore.
Verso la perizia psichiatrica
Ha detto di aver gettato nel fiume anche un secondo sacchetto con altri coltelli, ma sabato le ricerche sono state infruttuose. In casa c’era un ceppo da sei, quattro mancavano. Le indagini per arrivare a Sangare, disoccupato con il sogno di diventare un rapper famoso, una denuncia nel luglio 2023 per aver dato fuoco alla cucina di casa e una il 9 maggio scorso per maltrattamenti alla sorella, minacciata con un coltello sono state lunghe e complesse, come hanno spiegato in conferenza stampa il procuratore e il colonnello Riccardo Ponzone, comandante del Reparto operativo dei carabinieri. Tanto che mercoledì alle 22,30, quando lo hanno fermato in via IV Novembre a Medolago, erano convinti che fosse il ciclista testimone oculare e lo hanno sentito come persona informata sui fatti. Lui ha opposto resistenza (è stato denunciato) e inizialmente ha negato ogni addebito. Poi, continuando a parlare, cadendo nelle prime contraddizioni, i carabinieri hanno capito che poteva essere qualcosa di più di un testimone. Il verbale è stato chiuso e riaperto diverse volte, fino a quando Sangare ha confessato. Alle 4,30 è stato chiamato l’avvocato e alle 6 è iniziato l’interrogatorio del pm Emanuele Marchisio. «Non aveva un’idea precisa di cosa fare – dichiara il difensore –, era confuso, non aveva motivo di uccidere Sharon perché non la conosceva, non si erano mai visti. Quando ha realizzato cosa aveva fatto, si è detto dispiaciuto. Domani (oggi, ndr) andrò in carcere, la perizia psichiatrica è una strada che potrebbe essere opportuno percorrere e che penso trovi d’accordo anche la Procura». L’interrogatorio di convalida sarà probabilmente lunedì 5 settembre.
I testimoni preziosi
«Né durante le dichiarazioni spontanee né durante l’interrogatorio Moussa Sangare ha mai dimostrato di essere sotto l’effetto di sostanze alcoliche o di droghe», ha precisato Rota. Ma che ne facesse uso lo dichiara la famiglia, la mamma Kadiatou Diallo e la sorella Awa, che lo hanno messo nero su bianco nell’ultima denuncia, ed era anche il motivo per cui frequentava così assiduamente Terno d’Isola. Per arrivare a lui sono stati preziosi due uomini di origine marocchina, che un paio di settimane fa sono andati in caserma a denunciare di aver visto la notte del delitto due uomini su un’auto che sono sembrati sospetti. «Abbiamo controllato le telecamere e abbiamo visto che i due nordafricani hanno incrociato l’auto, ma anche un ciclista. Riconvocati, hanno confermato di averlo visto ma di non sapere chi fosse».
La ricostruzione
Però, da lì gli investigatori hanno cominciato a controllare le telecamere di tutti i paesi vicini fino ad arrivare a un’immagine più nitida del ciclista e al percorso che poteva aver fatto. Ma ancora avevano un volto e non un nome. Poi, grazie alle indagini sul territorio, sono riusciti ad arrivare a Sangare, individuato mercoledì sera e portato in caserma. Entrato come testimone, uscito ieri come reo confesso. Il procuratore ha lanciato un appello ai due ragazzini che sarebbero stati minacciati da Sangare il 29 luglio: «Li invitiamo a presentarsi in caserma a denunciare. Dopo un omicidio di questo genere riteniamo sia un dovere se erano in quell’arco temporale e nello spazio dello stesso paese». Avrebbe potuto succedere a loro, o a chiunque avesse incrociato sulla sua strada. Invece è successo a Sharon, senza un perché. Persona sbagliata nel momento sbagliato.
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