«Ero pieno di rabbia, è diventata energia: Eliot è l’amico che mi presta i suoi occhi»

Claudio Mapelli ha perso la vista a 20 anni per un incidente: decisivo l’aiuto di famiglia e fidanzata per risollevarsi.

Eliot, il cane guida - un giovane Labrador biondo -, cammina accanto a Claudio Mapelli, non vedente, presidente dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uici) di Bergamo, mantenendo il suo passo con naturalezza. Procedono insieme, allo stesso ritmo, superando incroci e scalini, salendo e scendendo dai marciapiedi lentamente ma senza incertezze. Si vede subito che fra loro c’è un legame profondo di fiducia e di lealtà.

«Eliot rappresenta i miei occhi - sorride Claudio - mi permette di muovermi autonomamente». Ogni giorno percorrono lunghi tratti a piedi: «Abito a Calusco d’Adda - spiega - e la stazione dista oltre due chilometri da casa mia, per raggiungerla devo attraversare da nord a sud tutto il paese, comprese una strada provinciale, una piazza, diversi semafori. Poi salgo sul treno per scendere alla stazione di Bergamo. Da lì raggiungo a piedi la sede dell’associazione in via Diaz, davanti al parco Locatelli. Ho lavorato per tanti anni in centro e sono sempre andato in ufficio in questo modo».

Avere accanto il cane guida gli permette una maggiore autonomia: «La sua presenza è essenziale, mi permette di muovermi agevolmente da solo. Se dovessi seguire gli stessi itinerari affidandomi soltanto al bastone, impiegherei il doppio del tempo, invece il cane mi aiuta molto nell’individuare e superare gli ostacoli».

Claudio ha vissuto i suoi primi vent’anni con spensieratezza, da «normodotato»: «Sono nato a Medolago, ho 69 anni e ho avuto una vista perfetta fino a vent’anni. Ho seguito un percorso di formazione professionale come disegnatore meccanico e lavorato in un’azienda metalmeccanica. Mi piaceva molto giocare a calcio, uscivo con gli amici e mi divertivo. Tra le mie grandi passioni c’era anche la caccia, che praticavo con alcuni amici».

È stato proprio un colpo accidentale esploso in volto che a vent’anni lo ha privato della vista. Ricorda con precisione quel giorno, nonostante sia passato molto tempo, perché in un attimo la sua vita ha cambiato direzione: «Era il 10 settembre del 1972 – racconta –. Ci trovavamo a trecento metri da casa mia, inseguendo dei fagiani, eravamo su un terreno incolto e abbiamo circondato una siepe. Nella confusione sono finito nella traiettoria di un fucile, così sono stato ferito gravemente. Quel giorno sono precipitato nel buio, in modo imprevisto e per sempre».

L’hanno ricoverato d’urgenza agli Ospedali Riuniti di Bergamo, dove è poi rimasto per tre mesi. Una svolta inattesa, aspra e traditrice, che l’ha proiettato lontano dai suoi progetti, dai suoi sogni e dalla vita che si era costruito: «Ho dovuto rimboccarmi le maniche e tornare sui banchi di scuola. Ho imparato il Braille e mi sono dato da fare per imparare un altro mestiere, perché non potevo più proseguire con quello di prima. Ho seguito un corso per diventare centralinista telefonico a Brescia».

Accettare le conseguenze dell’incidente, secondo Claudio, «è stato come superare un lutto, e ci sono riuscito grazie alla mia famiglia e alla mia fidanzata Mariangela, che non mi ha mai lasciato da solo. Ci sono voluti due anni, durante i quali ho tentato di tutto per recuperare la vista, perché non riuscivo a rassegnarmi e speravo in un miracolo. Mi sono rivolto ad altri ospedali italiani e poi alle principali strutture di tutta Europa. Alla fine mi sono reso conto che purtroppo non c’era alcuna possibilità di recupero. È stato un periodo durissimo».

Energia positiva

All’inizio ha sofferto molto ma ha trovato un maestro e un alleato importante in Francesco Colleoni, anche lui non vedente, che abitava nel suo stesso paese e lavorava nella pubblica amministrazione: «È stato lui ad aiutarmi a stabilire un contatto con l’Unione italiana ciechi di Bergamo, a individuare un corso professionale adatto a me, a offrirmi le indicazioni di base per poter proseguire la mia vita affrontando in modo positivo la mia nuova condizione. Ho ricevuto un grandissimo aiuto dall’associazione. Una volta superato il periodo più doloroso sono riuscito a trasformare la rabbia in energia positiva, con la voglia, la determinazione di riprendere. Ho vissuto a livello personale un’esperienza vicina a quella che abbiamo sperimentato in modo collettivo con il Covid, costretti a stare fermi per un po’, ma poi pieni di entusiasmo e di ribellione, pronti a darci da fare per recuperare il tempo perso».

Come un bruco rompe il bozzolo per diventare farfalla, così Claudio alla fine ha trovato la strada giusta per la sua metamorfosi personale: «Mi sono adattato e a 25 anni mi sono sposato con Mariangela. Ci conosciamo da sempre: ci siamo incontrati a 15 anni durante un torneo di calcio, una passione condivisa. Lei giocava nella squadra del Lecco, io in quella del mio paese. Da un incontro casuale è nato un legame che dura da tutta la vita e ha affrontato tante tempeste, uscendone rafforzato».

Claudio e Mariangela hanno avuto due figli, Federica e Luca: «Entrambi oggi hanno una propria famiglia e abitiamo tutti vicini. Ho anche una nipotina, Arianna, di 7 anni, di cui sono molto orgoglioso. Spero che ne arrivino anche altri, perché mi piace molto fare il nonno».

Ottenuto l’attestato di «operatore telefonico e centralinista» Claudio ha trovato un impiego nella pubblica amministrazione, all’Agenzia delle entrate, dove è rimasto fino alla pensione nel 2016. Nel frattempo ha proseguito anche nell’impegno associativo: «Sono impegnato nell’Unione italiana ciechi dal 1974, nel 1978 sono entrato nel consiglio direttivo a livello provinciale. Sono stato vicepresidente per tre mandati, ora sono al secondo come presidente». Proprio in virtù di questa attività rivolta al prossimo, affiancando altre persone con problemi affini ai suoi, nel 2016 ha ottenuto anche la nomina di Cavaliere della Repubblica per meriti di lavoro e associativi.

«Ho sempre creduto nell’associazione, che considero come una seconda famiglia, e fin dall’inizio mi sono impegnato molto in essa. Mi sono appassionato in particolare alle questioni legate al lavoro: non è facile trovare strade di vera inclusione, nel tempo ci siamo impegnati a farlo in modi diversi, creando fra l’altro la cooperativa “La sfida”, finalizzata in modo specifico all’inserimento lavorativo di persone non vedenti, che ora ha 15 dipendenti». Poche settimane fa nella sede dell’associazione è stata inaugurata anche una nuova sala polivalente, attrezzata per accogliere incontri di formazione e attività d’intrattenimento, arricchita anche da un ambulatorio medico specialistico, che farà da coordinamento per tutti i controlli, le visite, il sostegno necessario alle persone non vedenti.

Claudio ha accolto il suo primo cane guida nel 1973, un anno dopo l’incidente: «Era un pastore tedesco - racconta - e veniva dalla scuola nazionale di Scandicci, vicino a Firenze. Si è rivelato fin dall’inizio un aiuto preziosissimo. Ogni cane guida può svolgere il suo compito per dieci-undici anni, ma rimane come membro a pieno titolo della famiglia per tutta la vita. Ora nella sua casa oltre a Eliot c’è anche Ghea, che ha 13 anni e mezzo e non ha più la responsabilità di accompagnarlo. Bisogna prendersi buona cura di questi cani, spazzolarli, nutrirli, non sono sicuramente inerti come il bastone, che una volta a casa si ripone nella cassapanca. Quando sono a casa lascio Eliot libero di muoversi all’interno o in giardino, in modo che possa godersi anche momenti di gioco e di riposo come un qualsiasi animale da compagnia».

Attualmente Claudio Mapelli è rappresentante lombardo per i cani guida: «La richiesta attualmente in Italia è di 350 cani all’anno, ma ce ne vogliono almeno due prima che un cucciolo sia addestrato e pronto, e le scuole esistenti non sono in grado di ultimare questo percorso per più di un centinaio di esemplari ogni anno, e questo allunga molto le liste d’attesa». Tanto che lo stesso Claudio è stato costretto a rivolgersi all’estero, in Svizzera, per poter avere con sé un cane con un tempo d’attesa ragionevole, che alla fine è stato comunque di otto mesi. «Ogni anno - sottolinea - a Bergamo promuoviamo una manifestazione, la “Corridog” proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dei cani guida per i ciechi e per stimolare il potenziamento delle scuole di addestramento».

Rapporto di fiducia

Questi cani straordinari sono protagonisti anche del calendario 2022 dell’associazione Uici, corredato da suggestivi scatti fotografici. «Nella provincia di Bergamo sono 24, ed è uno dei capoluoghi in cui il loro numero è più alto. Gli istruttori li accompagnano a destinazione in modo da aiutarli ad ambientarsi nei primi giorni, ma ciò che conta, poi, è creare un rapporto di fiducia tra il cane e il conduttore, perché nasca un buon feeling». Eliot accompagna Claudio ovunque, è un «angelo custode» che abbatte le barriere e gli consente una vita serena, fatta di impegni, spostamenti, incontri, divertimento. Ha una struttura massiccia, ma come tutti i Labrador è un cane mansueto, dall’indole giocosa, che non incute timore: «È più grande rispetto ai mie precedenti cani guida - sottolinea Claudio - e sui pullman spesso le persone mi chiedono permesso per passare, ma non fa paura, è un gigante buono color miele. Anche questo è importante, perché se il cane incutesse timore accentuerebbe le differenze che già sono innescate dalla disabilità visiva. Sui mezzi pubblici Eliot richiama sempre l’attenzione e le coccole dei passeggeri. Tanti si fermano, mi fanno domande, lo accarezzano. Così anche lui, inconsapevolmente, facilita le mie relazioni con il mondo e diventa strumento di inclusione, un ambito in cui sono stati fatti molti passi avanti, ma in cui c’è ancora tanto da fare».

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