Delitto di Mapello. Sull’agenda di Stefania le passeggiate col cugino

L’INDAGINE. La vittima annotava le camminate fatte con il cugino che l’ha poi uccisa. L’arma del delitto è un pestacarne, che non si trova.

Stefania Rota aveva annotato sulla sua agenda le frequenti passeggiate che faceva con Ivano Perico, il cugino in carcere con l’accusa di averla uccisa. La 62enne s’appuntava anche gli episodi più banali, con un’attenzione maniacale. Il giorno della sua morte, l’11 febbraio scorso, ad esempio scriveva - come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - «che si era alzata alle 8,40, aveva fatto colazione al bar, aveva fatto rifornimento di benzina e si era recata al supermercato Conad presso il centro commerciale di Curno».

È possibile che Perico, 61 anni, l’abbia aggredita quando lei era appena rientrata dal supermercato, perché il 21 aprile l’hanno trovata con indosso il vecchio cappotto di loden e le scarpe e perché i carabinieri della sezione operativa di Bergamo hanno scoperto che le buste della spesa erano ancora appoggiate sul tavolo e contenevano i prodotti acquistati. A che ora è stata uccisa? L’ultima telefonata è quella del cugino, dura 5 secondi ed è delle 14,36. Poco prima, alle 13,13, i due erano rimasti al telefono per quasi nove minuti.

Le passeggiate che i due facevano in direzione di Ambivere contrastano con quello che poi è accaduto. Perché davano l’impressione di essere camminate distensive e invece Perico covava rabbia per questioni catastali relative al capannone di via XI febbraio a Mapello, che divide le villette di vittima e assassino. Pare che non gradisse che il tetto del fabbricato, appartenuto al padre fabbro di Stefania e ora affittato come deposito a una ditta edile, spiovesse nella sua proprietà. Gli inquirenti non escludono che sia legato a questa vicenda il rogo che il 3 marzo, nella stessa via, aveva danneggiato il portone dello studio del geometra che, per conto di Stefania Rota, si era occupato di una delle pratiche edilizie riguardanti il capannone. In quell’occasione era stato visto arrivare un uomo sulla sessantina, claudicante, che aveva versato del liquido infiammabile sul portone e aveva appiccato il fuoco. La tanica utilizzata dal piromane è la stessa che i vicini avevano notato nella Ford Fiesta di Stefania che Perico, per far credere che la cugina fosse al mare, aveva spostato in via Foscolo, a 150 metri dalle rispettive abitazioni? Può essere, fa sapere chi indaga. Anche se del contenitore non s’è mai trovata traccia.

Dunque, quelle passeggiate, erano forse organizzate per discutere del contenzioso? Perché se, diversamente, erano momenti di relax, stridono con i rapporti non certo idilliaci che intercorrevano fra i due. Stefania non annota nulla in occasione di quelle camminate, però - ed è l’unico appunto dell’agenda in cui è nominato il cugino - a un certo punto scrive: «Attenta, Ste, a Ivan… ma questo già lo sai».

Oppure, la rabbia di Perico è sempre rimasta arginata a qualche insofferenza, fino a che non è esplosa tutta d’un colpo. Dolo d’impeto, sostengono gli inquirenti. Il cugino avrebbe aggredito Stefania nel corso di una discussione degenerata, colpendola - ha ammesso lui - con la prima cosa che s’è trovato per le mani: un pestacarne. Pure questo sparito, come tanica, chiavi di casa, borsetta e telefonino vecchia generazione della vittima.

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