Cronaca / Isola e Valle San Martino
Lunedì 31 Ottobre 2016
Crollo del ponte, 37 anni fa a Brembate
Auto nel fiume: 5 morti – Pagine di storia
«Il ponte, con un gran boato, ha ceduto di colpo nella parte centrale trascinando nel Brembo una «Golf» con a bordo tre ragazze di San Gervasio di Capriate e due giovani comaschi di Viganò Brianza. Un agghiacciante volo di 25 metri. Alcuni automobilisti si sono fermati in extremis ai bordi del ponte crollato. Vani i primi soccorsi e l’accorrere degli abitanti della zona».
Il crollo del ponte ad Annone Brianza, venerdì 28 ottobre, ha risvegliato un doloroso ricordo nella mente di molti bergamaschi che quasi 40 anni fa hanno seguito una tragedia molto simile. 28 gennaio 1979, ore 00.45: crolla il ponte «nuovo» che attraversa il fiume Brembo a Brembate. Uno boato nella notte risveglia gli abitanti della zona. Un’auto, sorpresa nel momento del crollo, finisce nel fiume. Cinque le vittime: Carmen Mazzola e Silvana Rota, entrambe di 21 anni. Lorena Lecchi, 23enne. Tutte e tre di Capriate San Gervasio. Alberto Riva, 33 anni, rappresentante di commercio, ed Ezio Besana, 26 anni, meccanico odontotecnico, entrambi di Viganò Brianza in provincia di Como. Molti automobilisti sono riusciti a fermarsi in tempo. Alcune auto sono rimaste in bilico, a pochi metri dal volo nel fiume che sarebbe stato fatale. Sul posto sono accorse tantissime persone, anche dai paesi vicini, per cercare di capire cosa era successo. Una volta appresa la tragedia, sono iniziate le ricerche dei corpi dei giovani. L’inviato de L’Eco di Bergamo Franco Cattaneo raccolse molte testimonianze poche ore dopo la tragedia: «C’è chi ritiene di avere sentito uno «scoppio, chi un «vento fortissimo, chi un «boato, ma molti abitanti hanno affermato di essere stati svegliati o sorpresi in strada da «una specie di terremoto». È il caso di un autista di 40 anni, Giuseppe Pasqualini, il quale stava salendo in auto per raggiungere il bar, in via Bergamo, a poche decine di metri dal ponte: «Prima - ha affermato - ho avvertito questo terremoto e dopo cinquanta secondi il rumore di una lamiera che rotolava. Ho visto scintille sui fili del ponte che ballavano, ho sentito una persona che gridava «il mio amico Claudio» e dall’altra parte del ponte ho scorto un’altra persona che si sbracciava». Anche Giovanni Fugini parla di un «boato come quello del terremoto»: «Fra l’altro - aggiunge - ero passato dal ponte venti minuti prima, perché ero andato a chiamare il medico per mio fratello che non sta bene. Ho visto un’auto bianca in bilico su un fianco in mezzo alle macerie, poi l’ho osservata mentre si capovolgeva, fino a quando è stata spinta dalla corrente per una trentina di metri».
Proprio come avvenuto ad Annone Brianza, la procura ha subito aperto un’inchiesta per accertare le responsabilità. «Adesso che il ponte è crollato, cedendo di schianto, tutti si chiedono perché è potuto accadere, perché non è stato possibile prevenire il disastro – si legge su L’Eco di Bergamo del 30 gennaio 1979 in un articolo di Giorgio Francinetti -. Il sostituto procuratore della Repubblica dott. Mafferri che dirige l’inchiesta giudiziaria, ha «sequestrato” tutto quanto necessario agli accertamenti: documenti, incartamenti di carattere tecnico, risultati di perizie, corrispondenza tra Amministrazione comunale di Brembate e Amministrazione provinciale, richieste di sollecitazione a valutare l’intensità del traffico in rapporto alla struttura (non sono mai stati affissi cartelli che indicassero fino a quale portata massima potessero transitare i veicoli pesanti)».
Il ponte di Brembate era stato costruito per reggere il passaggio di carri, ma con il passare degli anni hanno iniziato a transitare sempre più mezzi pesanti. Il boom economico ha portato moltissimo traffico sul ponte. «Alla magistratura dunque il compito di determinare eventuali responsabilità. Ai tecnici invece la seconda inchiesta che dovrebbe consentire attraverso le perizie di stabilire, o quanto meno ipotizzare seriamente le cause dell’improvviso cedimento. I mezzi cingolati, il gelo, l’inquinamento, la particolare struttura, i materiali adoperati nella realizzazione del ponte, il volume di traffico ordinario e pesante: quali di questi fenomeni hanno concorso a disastro e in quale misura? Il «Ponte nuovo», ma di fatto centenario - affermano gli ingegneri civili - era stato realizzato secondo i principi della statica che non erano conosciuti soltanto nel 1800 (il ponte romanico di Brembate, a 300 metri da quello crollato, ha più di mille anni e resiste ancora). Di fronte ad una tragedia - come quella accaduta nella notte tra sabato e domenica a Brembate - subentrano inevitabilmente costernazione e rabbia. E allora, anche le considerazioni più ovvie offuscano spesso gli aspetti autentici delle circostanze. C’è chi ha gridato allo scandalo perché il «Ponte nuovo» non aveva tondini di ferro e strutture di cemento armato: fa specie che si invochino - dicono gli esperti - perché si tratta di conquiste della moderna ingegneria e della scienza delle costruzioni. Uno degli aspetti che invece appaiono maggiormente degni di attenzione, riguarda l’inadeguatezza della struttura del ponte, di fronte al volume di traffico che la struttura ha dovuto sopportare negli ultimi decenni: una struttura concepita per carri agricoli e carrozze, e comunque per un traffico leggero, non certo paragonabile a quello attuale. Sicuramente altri fattori avranno concorso al progressivo logoramento che è sfuggito ad ogni indagine tecnica, l’ultima delle quali è stata eseguita proprio una settimana prima di Natale».
Il ponte oggi
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