Interviste allo specchio / Bergamo Città
Domenica 26 Novembre 2023
Villa: «L’Ateneo, sapere civile localizzato»
L’INTERVISTA. Giovanni Carlo Federico Villa, presidente dell’Ateneo di Scienze, lettere e arti di Bergamo, spiega storia e progetti per il futuro: studiare acque e clima.
Giovanni Carlo Federico Villa è il presidente dell’Ateneo di Scienze, lettere e arti di Bergamo. Un’istituzione importante, influente sulla cultura della città ma non sempre ben compresa.
Perché sono nati gli Atenei in Italia?
«Quello di Bergamo ha 380 anni di storia, è nato dalla letteraria Accademia degli Eccitati (anche se tra i membri non mancarono medici, scienziati, botanici, matematici), fondata nel 1642 dall’agostiniano Donato Calvi, dal chierico regolare Bonifacio Agliardi, dal nobile Clemente Rivola, il cui motto “iacentes excitat”, tratto dall’Inno al mattino di Sant’Ambrogio, continua a ispirare il lavoro dell’Ateneo di oggi».
Da la sveglia a chi si adagia...
«Agli Eccitati si aggiunse l’Accademia degli Arvali, nata dopo la metà del ’700 per favorire la scienza dell’agricoltura, e poi occuparsi anche di industria e commercio. Con la caduta di Venezia, per decreto napoleonico il 25 dicembre 1810 le due vengono unite: Napoleone sopprime le Accademie e crea gli Atenei, nel Nord Italia a Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Padova, Vicenza, Venezia... I principali centri che hanno un’attività culturale, economica, letteraria e pittorica. Prima come accademie avevano il ruolo di raccogliere gli uomini che si occupavano di studi locali, ora diventano il motore dello sviluppo economico e sociale e culturale di una provincia.
Si occupano sia di arti umanistiche che di scienza e di tecnica. Sono un po’ la spina dorsale del tessuto cittadino fino a tutta la prima parte del ’900. Attraverso la storia degli Atenei si può leggere come su una cartina di tornasole la storia di una città. L’obiettivo è coltivare erudizione insieme a scienza e pragmatismo; riscontri con il passato e con la cultura dei popoli antichi; archeologia e moda antiquaria; discorsi su pittura e scultura. Ma vengono affrontati anche problemi legati al traino dell’economia e dell’espansione del benessere sociale. Si studiano le patologie umane e i loro rimedi. Si scommette sull’istruzione (tema fondamentale per il rinnovamento della società). I soci dell’Ateneo di Bergamo hanno in diversa misura partecipato alle lotte risorgimentali e hanno trasformato la sede storica in Città Alta in un pantheon dove coltivare valori e ideali, sino a quando l’avvento del fascismo non li ha privati di quella sede».
Che differenza c’è fra un Ateneo e una Università?
«L’università nasce a Bologna nel 1088 quale luogo di educazione e ricerca. L’Ateneo non ha il compito di dare contenuti e metodi allo studio: è un’istituzione costituita da intellettuali delle più diverse discipline che collaborano per progetti e percorsi culturali rivolti a ogni cittadino e alle altre istituzioni. Esperti che costantemente si aggiornano divulgando i risultati delle loro ricerche, che trovano negli incontri pubblici settimanali e nelle pubblicazioni dell’Ateneo il mezzo di diffusione più ampio, anche sul web».
È tipico un radicamento locale? Come lo interpretate oggi?
«I soci dell’Ateneo non sono solo bergamaschi, vengono scelti in Italia e all’estero per eccellenza e specifica conoscenza del nostro territorio, in un’ottica di costante attenzione ai grandi temi della contemporaneità».
Che rapporto avete con Brescia?
«Da molti decenni è un eccellente rapporto di collaborazione, così come con tutti gli altri Atenei, stretti da un Comitato interaccademico che si confronta e crea progetti condivisi. Questa settimana, ad esempio, si è tenuto a Venezia un convegno dell’area lombardo-veneta».
Ci sono iniziative congiunte per la Capitale della cultura?
«Con l’Ateneo di Brescia e quello di Salò si è sviluppato il progetto “Questioni di carattere”, riflettendo su come città e territori condividano paesaggi uniti da antichi tracciati viari su cui bergamaschi e bresciani si sono incontrati, dai tempi più lontani sino a oggi, spesso fondendosi, pur mantenendo la propria identità, attraverso le famiglie, le imprese, l’artigianato, l’arte, la musica, la religiosità, in una parola attraverso la cultura».
Lei che progetti ha per Bergamo?
«Quest’anno accademico affronteremo il sistema delle acque, un formidabile microcosmo da noi. E, conseguentemente, faremo una precisa analisi della crisi climatica in atto sul nostro territorio. Anche con l’obbiettivo di strutturare una grande mappa tridimensionale e digitale del sistema d’acque orobico. Si visualizzeranno non solo il sistema delle cisterne monumentali di Città Alta e i loro canali sotterranei ma anche tutte le uscite verso gli oltre 200 fontanili orobici».
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