Wunderland, il miraggio della felicità in miniatura

LA RECENSIONE. Una storia alla Truman Show dove, un po’ come nell’isolotto di Seaheaven, notte e giorno sono artificiali, e la luce non si capisce se viene dal sole o dalla corrente elettrica, spenta dalle 21 alle 8.

Una formidabile messa in scena dell’insignificanza del singolo rispetto al potere, al sistema, all’organizzazione generale; e dell’illusorietà, insufficienza interna dei meccanismi del desiderio, dei miti di piacere, felicità, soddisfazione insediatisi, sub specie di stereotipi, nel nostro immaginario diffuso. Francesco Recami, creatore del ciclo della «Casa di ringhiera«, e poi della serie delle «Commedie nere», in quest’ultimo «Wunderland» (Sellerio, pp. 211, euro 16), immagina un paese alla Philip Dick, o, per certi versi, alla Truman Show, dove, un po’ come nell’isolotto di Seaheaven, notte e giorno sono artificiali, e la luce non si capisce se viene dal sole o dalla corrente elettrica, spenta dalle 21 alle 8. A Billenshaft, dove si svolge la prima parte del romanzo, tutto è regolato per evitare disagi, imprevisti e scomodità, e perché sia «più semplice vivere».

La storia

Tutto è pensato per riservare agli abitanti, sempre gli stessi -nessuno va via e nessuno arriva-, una vita, dopo una terribile stagione di guerra, «normale, sicura e tranquilla». Non ci sono le stagioni, non piove mai, non ci sono gli insetti (ma neanche gli uccellini). La temperatura è sempre costante e gradevole, non c’è bisogno di riscaldamento. Tutto è deciso in un altrove indeterminato, da soggetti indeterminati. Bruno Stock, 36 anni, fa il rappresentante di prodotti di cartoleria; sua moglie è maestra elementare. Dopo essersi conosciuti, si sono sposati in tempi brevissimi, anche per «vantaggi fiscali». Hanno un figlio, Oscar. Quando, una volta, Bruno gli chiede cosa ha imparato a scuola, lui risponde «boh, niente», e la moglie: «Non sono domande da farsi». Primato all’esercizio dell’intelligenza critica e dell’attività intellettuale.

Quando, una volta, Bruno gli chiede cosa ha imparato a scuola, lui risponde «boh, niente», e la moglie: «Non sono domande da farsi». Primato all’esercizio dell’intelligenza critica e dell’attività intellettuale

Questo tran tran anodino, sedato, anestetizzato, viene sconvolto quando, nella vita di Bruno, irrompe la passione. Una sera Bruno incontra Trudy, che eserciterà, su di lui, un potere seduttivo difficilmente coercibile. I due approdano a Wunderland, città dell’intrattenimento, dove tutti si danno da fare per «guadagnare il più possibile, sgomitando». Lo stesso nome del plastico in miniatura più grande del mondo, scala H0, che è una delle più note attrattive turistiche di Amburgo. Un intreccio fitto di riferimenti, tra Miniatur Wunderland o l’«Inferno» in diorama degli artisti inglesi Jake e Dinos Chapman, che, riesce, però, potentemente allusivo, ben oltre i confini dei rimandi specifici.

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