Pagine di nostalgia di un tempo perduto ma senza disfatta

LA RECENSIONE. «Le inquietudini della luna», nuova opera di Giuseppe Goisis: dieci storie di vite segnate da fragilità e solitudine, illuminate però da luci di bellezza.

Dieci storie di esistenze che si passano la mano da un racconto all’altro, definendo la trama di «Le inquietudini della luna» («Musicaos Editore», 163 pagine, 20 euro): è la nuova prova letteraria di Giuseppe Goisis, autore bergamasco eclettico e di scrittura talentuosa. Nella sua biografia, oltre alla scrittura, l’attività teatrale, con la direzione artistica per 15 anni di Compagnia Brincadera. Ha pubblicato raccolte di racconti, romanzi, libri-reportage, articoli e saggi in antologie e riviste. L’opera in uscita oggi è un intreccio di vite segnate dalla fragilità, da fratture di relazioni e dalla solitudine, cercata o subita, da cadute e da lutti. Un affresco anche sociologico della nostra epoca atomizzata, dei suoi «scafismi» e delle sue corruzioni, nonché uno sguardo pietoso sulla finitudine dell’essere umano. «La maggiore parte della gente non muore che all’ultimo momento; altri cominciano e si prendono vent’anni d’anticipo e qualche volta anche di più. Sono gli infelici della terra» dice Louis-Ferdinand Céline nella citazione riportata all’inizio di uno dei racconti. Su tutto illumina la luna, che suggerisce con dolcezza a un protagonista delle storie: «Hai rinunciato a sperare. Ecco come si fa a essere così».

«I racconti - dice Goisis - sono segnati da un’inquietudine sostanziale, però mai c’è disfattismo o cupezza. Ci sono al contrario spiragli e occasioni di bellezza, come ho sempre cercato di far trapelare e accadere nel mio scrivere e nel mio fare teatro»

Il messaggio di fondo del libro però, se di messaggio si può parlare, non è affatto nichilista. Nelle esistenze ci sono pertugi di luce e possibilità di riscatto, per quanto difficili da cogliere, talvolta. «I racconti - dice Goisis - sono segnati da un’inquietudine sostanziale, però mai c’è disfattismo o cupezza. Ci sono al contrario spiragli e occasioni di bellezza, come ho sempre cercato di far trapelare e accadere nel mio scrivere e nel mio fare teatro. Con Compagnia Brincadera, per 5 anni, organizzammo un festival (In Necessità Virtù), nel quale lo slogan di fondo era: “La vita va fatta a pezzi, tutta insieme non significa nulla”, e che indica proprio la capacità di cogliere il gusto e il senso di vivere nel singolo frammento d’esistenza in cui capita di farlo». Nell’attività di scrittura di Goisis ci sono anche libri-reportage da luoghi feriti e di anime emarginate (Amatrice, il Malawi, i senza tetto): «L’intento non è giudicare o commentare, quanto evocare, raccontare, trasmettere emozioni autentiche che ne suscitino a chi legge». L’autore bergamasco ha avuto grandi maestri-amici: Renzo Vescovi, regista che rifondò il Teatro Tascabile di Bergamo, Ferdinando Taviani, storico del teatro ed esploratore di nuovi linguaggi, Marco Baliani, attore, drammaturgo, regista teatrale e scrittore, Laura Curino, attrice, regista e drammaturga: «Ho un debito di riconoscenza enorme verso di loro. Da loro viene il rigore, la cura, il rispetto, la sacralità della parola e della scena, che non si può sporcare».

«I due elementi, la luna e l’inquietudine, compaiono in ogni racconto. La luna è un astro bonario, di solito, quieto, romantico, ma nei racconti spesso partecipa della stessa inquietudine che permea i protagonisti»

Il titolo del libro di Goisis è arrivato in corso d’opera: «I due elementi, la luna e l’inquietudine, compaiono in ogni racconto. La luna è un astro bonario, di solito, quieto, romantico, ma nei racconti spesso partecipa della stessa inquietudine che permea i protagonisti». L’inquietudine a sua volta è sentimento spesso connotato in modo negativo. «In inglese si dice “restlessness”, cioè la condizione (ness) dell’essere senza (less) riposo (rest). Può avere valenze e derive negative ma questa mancanza di riposo è pure una leva al fare, all’essere curiosi, al non assopirsi, alla non acquiescenza. È certo anche una forma di logorio: è morire di ciò che si ama, il destino migliore che auguro a chiunque. Vivere e morire di ciò che si ama è una fortuna rara». Il libro di Goisis, in libreria da oggi, farà parte della nuova collana di Musicaos chiamata Balbec, città divenuta famosa perché nominata da Proust nella «Recherche» (in realtà si tratta della città di Cabourg, in Normandia): «C’è dunque anche una nota nostalgica - conclude Goisis - a permeare le pagine: vent’anni fa pubblicai il mio primo libro, e alcuni dei racconti da quegli anni provengono. C’è l’inquietudine nostalgica di un tempo ormai perduto».

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