Le imperfezioni? Piccole esplosioni di umanità

LA RECENSIONE. «L’imperfezione ha da sempre consentito continue mutazioni di quel meraviglioso quanto mai imperfetto meccanismo che è il cervello dell’uomo» scrive Rita Levi Montalcini nella sua autobiografia «Elogio dell’imperfezione» (Baldini + Castoldi), di recente presa come spunto per una delle tracce del tema dell’Esame di Stato.

Un racconto che attraversa due guerre mondiali e rimarca la fatica di affermarsi come donna nel mondo della scienza. Alla base c’è l’idea che l’imperfezione sia da considerare come una virtù, necessaria per crescere, riconoscere i propri errori, correggerli, trovare strade e soluzioni innovative, nella scienza come nella vita.

Sviluppa lo stesso concetto «Wabi Sabi» (Giunti) di Tomás Navarro. Il titolo è composto da due parole giapponesi che significano «semplicità» e «bellezza che deriva dallo scorrere del tempo», e insieme indicano una sensibilità e una filosofia di vita. Contengono la convinzione che ogni cosa sia incompiuta e sia essenziale imparare ad accettare la vita così come si presenta, nella sua imperfezione e impermanenza. Navarro, sfruttando la sua esperienza di psicologo clinico, elabora un metodo per rafforzare le motivazioni, perdonare i nostri errori e concentrare le energie su ciò che si può cambiare, in modo realistico e rilassato, apprezzando la bellezza delle piccole cose. Thomas Curran, infine, psicologo e docente universitario, nel suo «Elogio dell’imperfezione» (Einaudi) invita a sfuggire dalle «fantasie perfezionistiche» che intessono la cultura occidentale, trappole che ci rendono insicuri. Le imperfezioni, dice Curran, vanno considerate invece come «piccole e meravigliose esplosioni di umanità».

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