L’amore, il delitto, il processo: poesia di un caso di cronaca

IL CASO. Un caso di cronaca di vent’anni fa. Il 27 gennaio 2004, Luciana Cristallo uccide il marito, Domenico Bruno, con 12 coltellate. Totalmente difformi, come sempre, le letture di accusa e difesa: per il pm, delitto premeditato e richiesta d’ergastolo.

Per la difesa, legittima difesa: la donna subiva, da anni, l’ossessiva gelosia del marito, che, nell’occasione, avrebbe tentato di strangolarla. A vent’anni dai fatti, a dieci dalla sentenza d’appello (aprile 2014), il libro di Maria Grazia Calandrone, «Magnifico e tremendo stava l’amore» (Einaudi, pp. 328, euro 20), prova a «rielaborare», a entrare nelle complessità di quella controversa vicenda, esempio paradigmatico della labilità dei confini fra vittima e colpevole.

Non casuale la scelta dell’epigrafe, da Cormac McCarthy, evocante uno «scalpello di perforazione che girava a un chilometro e mezzo di profondità nell’inconcepibile oscurità della terra». Come incomprensibile il mondo, fuori dalle «piccole esplosioni di coscienza dove appaiono, a lampi, le cose reali». Misterioso e profondissimo, già all’alba dell’intera vicenda, l’amore che lega i due durante una vacanza a Copanello Lido, primi di agosto 1982. L’Italia ha appena vinto il Mundial di Spagna. In quel contesto di paesaggi innamoranti e rigurgiti pallonari di amore patrio, gli sguardi di Domenico e Luciana si incrociano per la prima volta. Lei ha solo 17 anni. Il giorno dopo, lui la rivede mentre prende un cappuccino al bar in piazzetta, «dritta fra altri corpi che non raggiungono più la coscienza del ragazzo».

La Calandrone nasce come poetessa, ha pubblicato 11 raccolte di liriche, ed anche la sua scrittura in prosa, ribelle ad un procedere pianamente narrativo, alla logica del mero racconto dei fatti, risente, fortemente, di questa inclinazione. Il suo scalpello di perforazione scava sotto la superficie, cercando anche, diversamente dai facili pronunciamenti di molti, i perché di Domenico. Lui ha seguito lei a Roma, uscendo dal guscio dove in qualche modo primeggiava, aveva una posizione riconosciuta, una rete rassicurante di affetti e rapporti lavorativi. Lei, che a Roma ha famiglia, amiche, lavoro, gli sfugge sempre di più. Il libro lambisce le altissime profondità della tragedia, con le sue note, anche, di arcana ineluttabilità. E misteriosamente consuona con la tragedia toccata alla stessa autrice, la cui madre, dopo anni di violenza subita dal marito, l’ha abbandonata per sempre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA