«La scuola solleciti domande vere»

L’INCONTRO. Lo scrittore Alessandro D’Avenia in un affollatissimo teatro di Genova: «Trovo folle parlare di debiti e crediti per fotografare la vita degli studenti». In classe un percorso per accendere la luce dentro ogni ragazzo.

Premessa maggiore: Alessandro D’Avenia è uno degli autori italiani più venduti negli ultimi anni. Premessa minore:Alessandro D’Avenia è cattolico e lo si respira nei suoi libri. Sillogismo: Alessandro D’Avenia è snobbato dal mondo della cultura fatto di salotti, di politicamente corretto, di nichilismo come fosse un valore. Ma soprattutto Alessandro D’Avenia è uno degli scrittori, uno dei pochissimi, che ha conquistato il cuore (e mai parola fu più azzeccata) dei giovani e richiama centinaia e centinaia di ragazzi ogni volta che si muove. E la chiusura dell’anno scolastico al teatro Nazionale di Genova è stata emozionante.

Affabulatore che lavora sulle emozioni, D’Avenia ha nella Liguria la sua terza casa, dopo Palermo, dove è nato, e Milano dove insegna. E ride amaro proprio su questo: «Ogni volta che vengo a Genova vado al mare, sono terrone e palermitano nel cuore. Vi invidio il bagno in mare dopo la campanella». Il pubblico è composto di ragazzi delle scuole superiori, dai licei all’alberghiero, dai tecnici a anche una classe delle medie e lui, professore fra i professori, scherza sui prof che fissano compiti e interrogazioni fino all’ultimo giorno di scuola e li giustificano spiegando «che danno l’opportunità di recuperare».

Si scherza sui ragazzi che in coro rispondono che stanno bene («certo che state bene, siete venuti e perdete un giorno di scuola, chi sta meglio di voi?») e anziché concentrarsi sull’ultimo, bellissimo, libro dedicato all’Odissea («I libri si scrivono per non parlarne»), D’Avenia si concentra sul mondo della scuola. E, come sempre, sfodera una serie di pensieri e parole che sono l’esaltazione dell’individualità di ogni ragazzo, della sua unicità: «Trovo folle parlare di debiti e crediti per fotografare la vita a scuola». Invece. Invece D’Avenia parla di valori. Del percorso per «passare dalla luce riflessa alla luce vera, al “venire alla luce”».

E poi sollecita ai ragazzi «domande impertinenti vere, che è quello che deve essere e insegnare la scuola». Così parte una cavalcata attraverso storie di scuole: «Leggere le giustifiche è come assistere a un film: motivi familiari e motivi personali sono un classicissimo, ci sono lutti continui di nonni che presuppongono resurrezioni continue e visite mediche come se piovesse». E il sorriso lascia spazio alla Bellezza, alla giustificazione di perché ognuno di noi è qui e ora: «Siete la parole che in miliardi di anni nessuno ha mai detto sul mondo e tutto questo serve a spiegare il senso per cui siamo qui».

Il sorriso di don Puglisi

«Resisti, cuore. L’Odissea e l’arte di essere mortali» (Mondadori, 2023, pagine 420, euro 19) è così l’ennesima occasione per parlare della bellezza della luce, dell’amore, del racconto di don Pino Puglisi, protagonista di un suo libro, «Ciò che inferno non è» (Mondadori, 2016). Quel prete che insegnava religione al liceo a Palermo e contemporaneamente offriva un’aspettativa di vita diversa ai ragazzi di Brancaccio e che un giorno fu affrontato da un killer mandato dalla mafia per ucciderlo, perché non poteva essere che ci fosse qualcuno che raccontava ai ragazzi che un’altra vita era possibile, che non era obbligatorio sottostare alle leggi della mafia. «Si porta i picciriddi con issu».

«Ragazzi, il laboratorio per capire la luce che avete dentro è questa età, perché sembra di sentire malattia e sofferenza, con l’impotenza di fronte alla noia»

Alessandro diventa per un attimo ancora studente e si commuove raccontando del suo prof di religione, di come sorrise al suo assassino che, di fronte a quel sorriso e a quella santità stampata sul volto di don Puglisi, non resse. E poi quasi impazzì, e poi si pentì, perché non aveva visto nulla di più impressionante e di più devastante di quel sorriso. Lui, armato di una pistola, che veniva «disarmato» da uno sguardo e da un sorriso che non aveva mai visto. Gli insegnamenti di don Puglisi sono rimasti, hanno lasciato il segno: «Ragazzi, il laboratorio per capire la luce che avete dentro è questa età, perché sembra di sentire malattia e sofferenza, con l’impotenza di fronte alla noia».

E proprio l’innamoramento è anche la liberazione dalla schiavitù del pollice e del telefonino, «un modo di riempire il vuoto con qualcosa che sembra pieno e quando sei innamorato non serve più»

La guarigione dei ragazzi ha un nome: «Amore, quando si riscaldano la testa, il petto e tutto il corpo». Ed è lo stesso amore che aveva D’Avenia da ragazzo, ma che ora ha cambiato modalità: «Con i messaggi non c’è più la fatica dell’innamoramento, camminavo a piedi e volevo non passasse l’autobus, finché un giorno dichiarai il mio amore a una ragazza e l’effetto fu “Alessandro, ma quanto ci hai messo?”».

E proprio l’innamoramento è anche la liberazione dalla schiavitù del pollice e del telefonino, «un modo di riempire il vuoto con qualcosa che sembra pieno e quando sei innamorato non serve più». Semplicemente, perché, «anche quando sei a un chilometro di distanza, l’altro ti fa vedere le stelle e capisci che c’è dell’altro». La dialettica di D’Avenia insieme ai ragazzi travolge tutto e tutti e arriva all’amore anche per la propria professione. «Mio papà faceva il dentista e quindi probabilmente pensava che anche io avrei fatto il dentista e se lo aspettavano un po’ tutti, straniti dalla mia scelta di fare l’insegnante: “Perché ha scelto di fare il morto di fame?”. E invece sono vivo di fame».

Alessandro è l’insegnante che tutti noi vorremmo avere: «Se la luce è spenta abbiamo solo bisogno di amare e di essere amati perché ci sia luce». Parole che sono anche, per la prima volta, il racconto del suo attuale amore, una giornalista che era andata da lui per fargli un’intervista. L’intervista non è mai uscita, ma «lei ogni cosa te la restituisce amata».

L’amore per l’insegnamento

Vale per l’amore, vale per l’insegnamento. Nicole Ghirardi è una prof imperiese che ha ventotto anni, «ti seguo da quando ero alle medie e insegno da quattro». Insomma, lei ha creduto in D’Avenia. Ma il risveglio è stato brusco, «C’è tanta burocrazia, contro le persone», e quella di Nicole – che ha occhi e sguardo bellissimi, puliti – sembra una dichiarazione di resa, di un reduce di guerra che torna con stampelle e i cerotti.
«Oggi siamo carichi di crocette e di moduli da compilare e non ci occupiamo della vita, perché i ragazzi sono pesanti da gestire se pensiamo solo ai moduli e alle crocette» ammette Alessandro. Ma D’Avenia guarda Nicole, che è cresciuta credendogli, che ama parlare di «Luce assoluta e eudaimonia» e dice: «Non mettere in crisi la tua vocazione». Sono passate quasi tre ore e nessuno vorrebbe alzarsi. «La luce è dentro di voi». Sì alla fine ci si alza, diversi, più ricchi.

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