La natura dei luoghi negli sguardi di Arminio

LA RECENSIONE. Testi brevi, quasi telegrafici. Appunti in forma poetica, pensieri solo apparentemente distratti. È un’elegante e raffinata composizione d’immagini l’ultimo libro del poeta e paesologo Franco Arminio.

Arminio con «Caraluce Atlante dei paesi invisibili» (Rizzoli) torna quasi alle origini del suo discorso politico e popolare insieme, fatto di un’indagine a tratti ossessiva attorno al carattere e alla natura dei luoghi. Il paesaggio esiste solo davanti agli occhi di chi lo sa esplorare e indagare ritrovando dimenticate affinità, magari rimosse da una quotidianità stressata e nevrotica. Ma anche una rivelazione capace di portare luce su aspetti inediti in una forma imprevista di rispecchiamento e rifrazione continua.

«Caraluce» è il racconto di uno stupore e della sua obbligata ricerca quale forma di vita necessaria e rinfrancante

Tutto quello che si può immaginare si può far esistere e così allo stesso modo agisce la scrittura maieutica di Franco Arminio, che dialoga in «Caraluce» con l’arte dell’illustratore e fumettista Manuele Fior, vero e proprio coautore di un testo che ha la forza di una mistica emotiva coinvolgente ed estremamente seducente.

Arminio riporta i lettori sul pianeta Terra, tra le sue città e le sue campagne, tra i viottoli e i sentieri di un discorso umanissimo e vitale dentro al quale ognuno può trovare lo spazio giusto e ottenere la forma adatta

«Caraluce» è il racconto di uno stupore e della sua obbligata ricerca quale forma di vita necessaria e rinfrancante. Il passo è quello del sentiero percorso a piedi in uno sforzo che contempli lo spazio e il tempo non come ostacolo, ma forma rivelatrice necessaria a scoprire il luogo e sé stessi fuori e oltre ogni logica di performance, obiettivo o risultato. È l’incedere che conta e insieme la capacità di stare e permanere sul posto senza sfuggirlo o tradirlo con facili semplificazioni rassicuranti quanto ingannevoli. Un atlante che non segna punti, non mappa luoghi, ma determina una forma inedita del confine come luogo non di un limite, ma centro di un’identità da scoprire dentro di sé attraverso la mutevolezza continua del luogo e delle sue apparenze. Bisogna abituarsi alla luce per non restare accecati, bisogna avere il passo giusto per non perdere fiato. Arminio affila le sue parole e le scioglie in un viaggio dentro al quale il lettore è il primo protagonista. Ricerca di un abitare diffuso che non diviene compulsivo e modaiolo, ma nella finitezza dell’esistenza, infinito e aderente al mondo, come forma di possibilità e non di limite. Lontano dalle logiche di un’aggressività e di una competizione così diffuse nel nuovo secolo, Arminio riporta i lettori sul pianeta Terra, tra le sue città e le sue campagne, tra i viottoli e i sentieri di un discorso umanissimo e vitale dentro al quale ognuno può trovare lo spazio giusto e ottenere la forma adatta.

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