Il West contemporaneo come «non luogo» di meditazione

LA RECENSIONE. «Quegli spazi che giacevano muti, ai margini del conosciuto, nel profondo Ovest, ora non esistono più, sono finiti». Alessandro Baricco in «Abel» (Feltrinelli) reinventa il West come «non luogo».

Il suo non è un racconto d’azione, ma una sorta di meditazione simbolica, in cui lo spazio e il tempo diventano dimensioni del pensiero e le traiettorie precise delle pallottole, con la loro «intenzione», sono strumenti per indagare nel destino: «Ho speso quel che mi rimaneva da vivere - dice il protagonista Abel Crow, dopo un dialogo surreale con il fratello Joshua “che dicono pazzo” - cercando il disegno di cui ero piccola parte e segmento». Con la sua scrittura precisa, fluida, Baricco scuote un po’ di polvere dal deserto dell’anima e i suoi personaggi sono come frammenti accostati per comporre un orizzonte più ampio e più profondo.

Propone una versione molto personale del West americano anche Daniele Pasquini in «Selvaggio Ovest» (NN editore). Ambientato nell’800 in Toscana, intreccia le vicende dei butteri, mandriani a cavallo, la caccia ai briganti, la meraviglia del Wild West Show, il grandioso spettacolo di Buffalo Bill che insieme a pistoleri e capi indiani gira il mondo in cerca di guadagni e di fama. Un mosaico di leggende quotidiane, da ascoltare con il cuore, che tiene sottotraccia la ricerca di qualcosa di lontano e di invisibile. «La gioventù di Lampo nella prateria» (Porto Seguro), infine, di Giuseppe Danovaro, ambientato nello scenario del Grande Ovest dell’Ottocento, segue la prospettiva dei nativi americani e dei «mezzosangue», insinuandosi nelle crepe dell’intolleranza, riflettendo sul dialogo e sul valore delle differenze, spazi di riflessione ancora da esplorare.

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