Il piacere di leggere / Bergamo Città
Lunedì 27 Gennaio 2025
Il sacrificio e la salvezza nel destino di due bambini
LA RECENSIONE. La storia a cui si ispira è quella di Remo e di Aida e di un sacrificio inevitabile e doloroso, ma il cui valore simbolico verrà dispiegato in tutta la sua forza pagina dopo pagina.
Inviato per varie testate, scrittore e giornalista, Paolo Rodari rappresenta un nuovo modo d’intendere il ruolo di vaticanista, riuscendo a coniugare una profondità di analisi critica e storica a una visione filosofica capace di tradursi in un giornalismo al tempo stesso colto e capace di esporre notizie in modo chiaro, ma mai scontato o banalizzante. Autore di diversi saggi a carattere storico e religioso e di un libro intervista con il teologo Alberto Maggi, «La verità ci rende liberi» (Garzanti, 2020), Rodari torna ora in libreria con «Il mantello di Rut» (Feltrinelli) in cui ricostruisce un fatto realmente accaduto e parte della cronaca del Novecento romano. La storia a cui si ispira è quella di Remo e di Aida e di un sacrificio inevitabile e doloroso, ma il cui valore simbolico verrà dispiegato in tutta la sua forza pagina dopo pagina.
La storia
Remo è il parroco del rione Monti, oggi meta turistica, ma negli anni Quaranta quartiere popolare di Roma tra la stazione Termini e l’Esquilino. Nel 1926, ancora bambino, il piccolo Remo viene lasciato dalla madre davanti al Seminario Pontificio. Il primo sacrificio è quello di una madre, vedova e indigente con quattro figli a carico e quindi con l’impossibilità di poter sfamare ognuno di loro. Remo diviene così parroco della chiesa della Madonna dei Monti e nel 1943 si troverà a vivere, 17 anni dopo, un secondo sacrificio, sempre di una madre. Si tratta di Rachele, che lascia nelle mani di Remo, sua figlia, la piccola Aida. Da poche ore è avvenuto il terribile rastrellamento al Portico di Ottavia, al ghetto ebraico. I nazisti, con la collaborazione dei fascisti della neonata Repubblica Sociale di Salò, il 16 ottobre del 1943 hanno arrestato per poi deportare circa 1.300 cittadini romani di religione ebraica tra cui oltre 200 bambini. Solo in 16 ritorneranno dai campi di sterminio. Rachele chiede così a Remo di prendersi cura di Aida fino a quando non potrà fare ritorno. «Il mantello di Rut» è scritto in forma di lettera, un testo che parla ai rischi dell’oggi raccontando un dramma che non andrebbe mai rimosso dalle coscienze che animano chiunque oggi creda in una convivenza inclusiva, civile e democratica.
L’eroismo di un prete, il dolore dello sterminio
Rodari scrive un testo struggente, che ricorda l’eroismo di un prete che salvò decine di bambini, ma anche l’assurda e tragica violenza che si abbatté sulle vite di milioni di persone innocenti. Una violenza che lascia attoniti, ma che dovrebbe lasciare anche vigili perché purtroppo sempre possibile.
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