Imparare a riconoscere e a combattere le ingiustizie: è questa, in fondo, la funzione più importante della memoria. Lo ricorda con forza «Il compito» di Liza Wiemer (Il Castoro): la storia di una classe alla quale viene assegnato l’incarico di mettere in scena la Conferenza di Wansee, in cui i vertici del regime nazista delinearono la «Soluzione finale» della questione ebraica, i lager. L’obiettivo è «sviluppare il pensiero critico», ma gli studenti sentono qualcosa di «stonato» nella richiesta, e si ribellano. La protesta dà il via a un dibattito che coinvolge le famiglie, l’intera cittadina e i lettori. Invita a riflettere sulle conseguenze della Shoah «La spiaggia della speranza» (Corbaccio) di Rosie Whitehouse.
Un saggio che raccoglie le storie di mille ebrei sopravvissuti, seguendoli nel viaggio della speranza, condotto come «clandestini», dall’Italia alla terra d’Israele. Un invito a diverse letture del passato e del presente. «L’aria che mi manca» (Feltrinelli) è la storia di Luiz Schwarcz, fondatore della casa editrice Companhia das Letras in Brasile. Parte dall’esperienza dei campi di sterminio, mostrando quanto sia difficile superare le ferite, il dolore e la depressione, nonostante un percorso di successo.
Anche Nicola Brunialti parte dal presente per ripercorrere la Shoah in «Un nome che non è il mio» (Sperling & Kupfer): Marcus, 14 anni, rivolge insulti razzisti a una compagna di religione ebraica. La madre, disperata, chiede aiuto al nonno, Rudolf Steiner, che porta Marcus con sé in Polonia e gli racconta una storia segreta: è uno dei bambini ebrei salvati da Irena Sendler, la «Schindler» di Varsavia. Un invito a conoscere meglio un passato che continua a riguardarci da vicino.
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