«Il respiro della miniera», storie di gente semplice

LA RECENSIONE. A Schilpario giovedì 22 agosto la presentazione del libro di Giorgio Schena: «Parlo degli umili nelle nostre valli tra fine ’800 e il ’900».

Ci sono personaggi veri e altri di finzione, che si muovono su uno scenario storico e sociale descritto con accuratezza di particolari, nel romanzo storico di recente pubblicazione «Il respiro della miniera», opera di Giorgio Schena, dirigente scolastico in pensione, pubblicato dal Centro studi Valle Imagna.

«Il respiro della miniera» rappresenta la riproposizione del romanzo «Andrì e altri cinque racconti», con cui Schena aveva già ottenuto grande successo lo scorso anno

La presentazione a Schilpario

L’opera, che viene presentata giovedì sera 22 agosto alle 20.30 nella biblioteca comunale di Schilpario, racconta una storia di persone umili, che si muovono dentro le vicende che hanno segnato la storia dalla fine dell’Ottocento agli anni Sessanta del Novecento, dalla guerra all’emigrazione ai cambiamenti della società e del territorio.

«Il respiro della miniera» rappresenta la riproposizione del romanzo «Andrì e altri cinque racconti», con cui Schena aveva già ottenuto grande successo lo scorso anno, e il suo completamento con una seconda parte, intitolata «Campello». «La prima opera era ambientata nel periodo dal 1897 al 1934: il protagonista, Andrì, viveva le esperienze dell’emigrazione in America, della Grande guerra e del cambiamento del proprio paese - spiega Schena -. Con il nuovo libro arrivo sino al 1967, includendo anche le vicende della Seconda guerra mondiale, del dopoguerra, dell’avvento di novità come i telefoni, le automobili, le strade carrabili». L’ambientazione è in Val del Riso, dapprima ad Oneta, poi a Campello, un villaggio minerario costruito peculiarmente non per gli operai ma per i dirigenti e i tecnici delle miniere.

«Accanto alla storia principale di Andrì ci sono tanti personaggi, alcuni storici, altri inventati spostando alcuni ricordi - prosegue Schena -. L’intento è rappresentare, attraverso tanti episodi, un mondo fatto di relazioni, lavoro, paure e gioie: la cultura della povera gente».

Un romanzo manzoniano, nell’obiettivo di raccontare la storia degli umili, della gente semplice che non finisce nei libri di storia, ma al contempo verghiano, nello stile che lascia che la realtà parli, senza sovrapporvi giudizi. «Il romanzo, con il suo stile agile, descrive con cura i fenomeni che hanno segnato la vita delle persone delle nostre valli tra la fine dell’Ottocento e il Novecento - spiega Antonio Carminati, direttore del Centro studi Valle Imagna -. Ci sono scene di paese che si svolgono in luoghi di aggregazione come l’osteria e la chiesa, insieme a una serie minuziosa di dati che fanno luce sulla vita di una piccola valle, ben rappresentativa anche di altre vicende simili».

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