I viaggi dei migranti: storie per dare voce agli invisibili

Javier Zamora a 9 anni viveva in una piccola città del Salvador e sognava di raggiungere i suoi genitori negli Stati Uniti a bordo di un grande aereo. Oggi è poeta, scrittore, accademico, e nel romanzo «Se piovessero stelle su questo deserto» (Utet) racconta la storia avventurosa del suo viaggio: salito un autobus, affidato a un gruppo di estranei, impiega due mesi per arrivare a destinazione.

Scopre nel frattempo quanti inferni - fughe, arresti, camminate nel deserto - possono incontrare le persone migranti nel loro «viaggio della speranza» verso il Nord. Zamora dà voce così all’odissea di milioni di «invisibili».

Sono storie vere anche quelle raccolte nell’antologia «Come alberi in cammino», a cura di Natalia Cangi e Alessandro Triulzi (Terre di Mezzo), quinto volume del fondo «DiMMi di storie migranti», nato per elaborare un sapere pubblico condiviso sulle migrazioni. Ci sono i percorsi di donne, uomini, ragazzi e adulti, diverse origini e percorsi di vita. Sono pagine di diario, non ritoccate, che rispecchiano in modo genuino attitudini e stati d’animo dei loro autori. È facile immedesimarsi: un modo per guardare l’immigrazione da un punto di vista più profondo e autentico. «Il signor conchiglia» (Salani) di Gianluca Caporaso si ispira alla vicenda di Alan Kurdi, un bambino siriano di 3 anni trovato morto su una spiaggia turca, vittima del naufragio di un barcone. Caporaso reinventa la storia in modo poetico. Il piccolo Alan si trasforma nel «signor Conchiglia», e non rimane inerte sulla riva del mare, ma continua per tutta la vita a esplorare il mondo e a regalare sogni a chiunque lo incontra, insegnando a persone lontane e diverse a prendersi per mano.

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