«Guarda come una donna»: 17 storie contro i pregiudizi

IL LIBRO. La prefazione e un capitolo del volume scritti dalla bergamasca Grandin: anomalie e sopraffazioni sempre dietro l’angolo, apriamo gli occhi

«Esiste una possibilità di guardare il mondo con i nostri occhi di donne? Uno sguardo che rispecchi un sentire, un nostro modo di essere, libero dagli stereotipi e dai limiti imposti da una cultura al maschile talmente radicata nelle strutture sociali e cognitive da impedire una reale percezione di noi stesse?». Rispondendo affermativamente a tali domande, Emerita Cretella e Michela Nacca hanno raccolto nel volume «Guarda come una donna. Storia nelle storie» (Armando Editore, pagine 250, euro 16) diciassette testimonianze di altrettante donne, «impegnate in diversissimi ambiti professionali ma accomunate da un unico sentire e un obiettivo chiaro: attivare azioni che aiutino la politica, la cultura, gli organismi internazionali, la comunità accademica, l’arte, le istituzioni e la società tutta a raggiungere quella parità di genere che fino ad oggi ci è ancora negata».

«Guardiamo il mondo liberi dagli stereotipi e dai limiti imposti da una cultura al maschile»

Emerita Cretella, antropologa, laureata all’Università di Firenze, ha indagato approfonditamente le tematiche di genere e gli stereotipi culturali; Michela Nacca, nata a Roma nel 1968, è avvocata della Rota Romana e della Segnatura Apostolica; è inoltre cofondatrice e presidente di Maison Antigone, un’associazione di promozione sociale che si occupa di violenza e discriminazione contro le donne e i minori. Un capitolo che porta lo stesso titolo del libro («Guarda come una donna») e la prefazione del volume («L’importanza di avere mille occhi») sono firmati dalla bergamasca Alma Maria Grandin, giornalista della Rai, attualmente caposervizio della Redazione Società del Tg1.

In un periodo storico in cui si va diffondendo il diversity washing, cioè la cattiva coscienza di chi si limita a declamare la necessità di un cambiamento, si ha l’impressione – scrive Alma Maria Grandin - che qualsiasi «sforzo per combattere stereotipi e pregiudizi tramite strategie di attenzione e di apertura alle “minoranze”, donne comprese, non produca i risultati messi in preventivo. Incongruenze, anomalie e sopraffazioni sono sempre dietro l’angolo. E allora utilizziamo “i mille occhi”, un’espressione che noi donne conosciamo bene, ce la ricordano le nostre mamme e le nonne quando i bambini piccoli e indifesi hanno bisogno di essere guardati a vista costantemente. […] Stiamo in guardia come il gigante Argo, con i suoi cento occhi che fa la guardia ad Io: lei considerata la luna e lui il cielo stellato».

Le testimonianze raccontano l’impegno per attivare azioni per la parità di genere

Nel suo contributo autobiografico, Alma Maria Grandin ricostruisce le vicende ed esperienze che da Albino – è nata nella frazione di Fiobbio – l’hanno portata a vivere e lavorare a Roma: «Non ho nessun dubbio nell’affermare che mia nonna e mia madre ancora oggi sono le donne della mia vita. Sono loro che mi hanno formato, a loro devo i miei principi, l’operosità instancabile, la tenacia e la perseveranza. È anche grazie a loro che oggi sono la donna, la mamma, la moglie e la giornalista che ho sempre voluto essere».

Alma Maria Grandin fa sua una frase di Doris Lessing, Nobel per la Letteratura nel 2007 («Qualsiasi cosa tu sia destinata a fare, falla ora. Le condizioni giuste non si presenteranno mai»): queste parole «ci insegnano che bisogna agire, il prima possibile, nel far sentire la propria voce, nel trovare la propria strada, nel cercare di vivere soddisfatte nel lavoro così come nella vita di ogni giorno».

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