Disegnare spazi di gioco, un viaggio nella storia e tra le progettiste di oggi

IL LIBRO. Irene Guerrieri, architetto, esperta di design, valorizza l’aspetto ludico come base dell’apprendimento.

«Questo libro vuole essere un viaggio culturale attraverso l’incontro di figure rilevanti nell’ambito della progettazione educativa per bambini e il racconto delle loro idee, delle loro realizzazioni». Così afferma Irene Guerrieri, architetto, esperta di design, mamma di cinque bambini, romana d’origine ma ora di casa a Sarnico, dove vive e lavora occupandosi di giochi, arredi, accessori, libri, produzioni varie.

E, in effetti, questa sua nuova fatica editoriale intitolata «Designing Educational Toys & Spaces» – appena arrivata in libreria con il testo in italiano e inglese e con un ricco apparato iconografico (Franco Angeli, pagine 176, euro 27) – si rivela davvero un viaggio ricco di immagini, dialoghi, spunti di lavoro, «dove il tema della progettazione è unito al tema educativo. E dove il progettista è colui che crea spazi, oggetti, soprattutto di carattere ludico, nella consapevolezza che attraverso il gioco si apprendono concetti importanti», osserva Guerrieri. Che, non a caso, ha già dedicato a questa tematica il volume «Il giocattolo e il suo design» (sempre edito da Franco Angeli), con le nozioni fondamentali per chi vuole acquisire gli strumenti del mestiere, ma utile a leggersi anche da parte di chiunque abbia a che fare con lo stupendo e complesso mondo dei bambini. Un po’ come questo nuovo libro, che ha come potenziali lettori urbanisti, architetti, designer, ma pure insegnanti, educatori e genitori interessati al gioco e al valore simbolico di qualsiasi playground, domestico o pubblico. Il volume presenta esempi e modelli a partire addirittura dall’antichità, arrivando a figure chiave del nostro Novecento come Maria Montessori, Bruno Munari, Enzo Mari.

Allargando poi gli orizzonti a grandi progettiste contemporanee, ben note all’autrice e con le quali ha stabilito relazioni. Come la newyorkese Cas Holman, nota designer di giochi d’infanzia che non ha mai nascosto la sua preoccupazione per il fatto che i nativi digitali non usano più l’immaginazione. O come l’olandese Rosan Bosch, una vera artista che, con le sue composizioni cromatiche spaziali, offre un nuovo concetto di scuola da vivere non dentro aule chiuse, bensì in ambienti di nuova concezione, convinta che i bambini possano diventare adulti più felici attraverso attività ludiche e contesti dove poter sprigionare creatività. Oppure ancora, come la giapponese Rasu Watanabe, che ha offerto un rilevante contribuito al mondo dell’educazione e della formazione grazie al suo lavoro nel design di giocattoli e spazi per bambini, altro progettista che valorizza il gioco come aspetto centrale dell’apprendimento.

Quest’ultimo elemento – sottolinea l’autrice di «Designing Educational Toys & Spaces» – costituisce, oltre che il denominatore comune di tante esperienze professionali, l’unico presupposto anche per il progettista per costruire scenari inediti ed efficaci con i quali stimolare immaginazione, comprensione, condivisione, nonché legami costruttivi con gli altri coetanei. Tutto ciò nel segno di una educazione, più libera e autonoma.

Ed è proprio quanto si scopre in queste pagine, con il suo approccio all’argomento in termini globali, data la diversa provenienza geografica delle figure coinvolte e le sue analisi capaci di offrire una ricognizione sullo stato dell’arte e, specialmente, sul ruolo dei giocattoli, degli spazi ludici, degli oggetti di uso quotidiano… tutto quanto coinvolga il corpo, le mani, la mente, nel «pianeta infanzia». Una storia che ha una valenza culturale, pedagogica, didattica, sociale, antropologica, ma anche economica. Per restare nel solo ambito del made in Italy, non va affatto sottovalutato l’apporto alla produzione della ricchezza del Paese attraverso eccellenze del nostro «toy design», oggi riconosciute a livello internazionale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA